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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

Settima arte (38): "Matrix" di Larry e Andy Wachowski (1999)

Aggiornamento: 29 feb

Video, immagini e brevi informazioni su film e documentari che hanno segnato la storia del cinema (o solo il mio immaginario)

"Matrix" di Larry e Andy Wachowski ("The Matrix" - USA/Australia - 1999) Sceneggiatura: Larry e Andy Wachowski. Con: Keanu Reeves, Laurence Fishburne, Carrie-Anne Moss, Hugo Weaving, Gloria Foster, Julian Arahanga, Joe Pantoliano, Marcus Chong, Belinda McClory, Anthony Ray Parker, Matt Doran, Paul Goddard, Rowan Witt. "Si immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dall'infanzia, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro..." (da "Il mito della caverna" di Platone - IV secolo a.C.) "La tecnologia è un servitore utile ma un padrone pericoloso." (Christian Lous Lange)

"Meglio regnare all'inferno che servire in Paradiso." (da "Paradiso perduto" di John Milton - 1667) "L’uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi." (Erich Fromm) "Il vero problema non è se le macchine sappiano pensare ma se gli uomini lo facciano." (Burrhus Frederic Skinner) "Il robot riconosce la realtà meglio dell’uomo, sa più di noi sul futuro, perché lo calcola, non fa speculazioni e non sogna ma viene guidato dai propri risultati e non può sbagliarsi." (Max Frisch) "Il giovane Thomas Anderson è un programmatore di una grande azienda informatica ma è anche un esperto hacker, attività illegale che copre con un'identità segreta, quella di Neo. Anderson vive una vita ai margini, solitaria e infelice. Sente che qualcosa non va intorno a lui, ma pur se tende ad addossare le cause del suo malessere alla società materialistica e capitalista in cui vive, una domanda continua a girargli in testa: "Che cos'è Matrix?". Da tempo raccoglie informazioni su uno strano personaggio che si fa chiamare Morpheus, dipinto dai mezzi di comunicazione come un pericoloso terrorista, finché una notte è lo stesso Morpheus a mettersi in contatto con lui attraverso il suo computer. Anderson decide di seguire le indicazioni che riceve, arrivando da lì a poco a scoprire una terribile realtà, che coinvolge lui come tutti gli esseri umani sul pianeta. Verrà a conoscenza di una guerra di cui nessuno ha coscienza, combattuta secoli prima dagli uomini contro delle macchine intelligenti, e di cosa è davvero Matrix..." Oggi i robot sono sempre più presenti nella vita quotidiana e in varie forme, tra aspirapolveri, giocattoli, assistenti per anziani e disabili, strumenti medici di varia natura, e interagiscono con le persone a livello fisico, cognitivo ed emotivo. Il loro impiego è diffuso nell'industria e in ambienti ostili, come lo spazio e gli abissi, in operazioni di guerra o salvataggio. Letteratura e cinema ne hanno sempre parlato, ma il primo testo noto sulla costruzione di automi risale a I sec. d.C., in un'opera di Erone di Alessandria. Alla definizione di questa materia contribuì nel tempo la crescita delle conoscenze di meccanica, idraulica e pneumatica; in piena epoca dei lumi (1715-1789), ebbero grande successo congegni meccanici d'orologeria molto complessi che rappresentavano animali o uomini. Per la prima volta si ebbe l'impressione di assistere alla dominazione da parte dell'Uomo sui segreti della vita; la possibile creazione artificiale di una essere vivente. Tra gli automi che riscossero maggior entusiasmo non si possono non citare le "anatomies mouvantes" (anatomie mobili) del geniale e avventuroso inventore francese Jacques Vaucanson, come il "Flautista" presentato nel 1738, e degni di nota furono anche i tre automi di Henri Jacquet-Droz, poco successivi, come lo "Scrivano", che poteva scrivere brevi frasi, o il "Disegnatore", che faceva il ritratto di chi lo guardava. Ma la più "meravigliosa invenzione dell'Uomo" (cosí la definí Edgar Allan Poe, che per primo ne capì il funzionamento), fu però il "Turco giocatore di scacchi" dell'ingegnere Wolfgang Von Kempelen, costruito per l’imperatrice Maria Teresa d'Austria, appassionata di giochi magici. Si trattava di un pupazzo vestito con abiti orientali, seduto su un cassone di legno sul quale era montata una scacchiera, e che era in grado di poter giocare con chiunque e vincere. Tutti gli scacchisti scelti da Maria Teresa in effetti persero davanti a spettatori sbigottiti. Ne seguì una tournèe in Europa e in Russia durante la quale vennero sconfitti i migliori giocatori in circolazione, oltre che, negli anni, figure come Napoleone e Benjamin Franklin. Il sogno di replicare la vita umana sembrava raggiunto e l'automa non solo si muoveva, ma, per chi ebbe l'esperienza di osservarlo, sembrava pensare. Dopo la morte di Von Kempelen, il fantoccio venne venduto e sfruttato da altre persone, almeno fino a quando non fu reso noto il suo segreto: il campione di scacchi non era affatto un miracolo tecnologico ma nascondeva una persona nana al suo interno. Più figlio dell'illusionismo che della tecnologia, quindi, il "Turco giocatore di scacchi" resta comunque un emblema della fusione tra meccanico e biologico: un uomo che si fingeva macchina che a sua volta si fingeva uomo.

Verso la metà degli anni '90, Larry e Andy Wachowski (rispettivamente classe 1965 e 1967. Successivamente note come Lana e Lilly dopo la transizione di entrambi), sono due ragazzi che si stanno segnalando nel mondo del cinema statunitense, sia nelle vesti di sceneggiatori che di registi. Precedentemente si erano occupati di fumetti ("Ectokid" per la Marvel Comics, ad esempio), e quella passione, insieme alla fantascienza, agli anime giapponesi e alle grandi e complesse saghe letterarie (come "Il Signore degli anelli" di J.J.R. Tolkien), li spingono a proporre un nuovo progetto a Joe Silver, il produttore con cui hanno lavorato negli ultimi anni. Per spiegargli cosa hanno in mente gli mostrano proprio alcuni anime (tra cui "Akira" di Katsuhiro Otomo), esprimendo il desiderio di fare un live movie con certe situazioni. Ne uscirà fuori "Matrix", inquietante cyber-thriller (uno dei modi con cui è stato definito il film) che ha contribuito a rimodulare i film action al cinema, ispessito da problematiche filosofiche di non secondaria importanza e profondità, in un abile (e un po' furbo) mix di situazioni in contrasto tra di loro (non mancano molti riferimenti a diversi credi religiosi e concetti New-age, come alle arti marziali) ma che qui trovano il giusto spazio e modo per incastrarsi bene. Il titolo deriva dal termine latino matrix ("matrice", "generatrice", che a sua volta ha dato origine all'omonimo vocabolo inglese), ossia "matrice di numeri", un elemento di tipo tabellare derivante da strutture matematiche, molto utilizzato in informatica per associare sistemi di dati tra loro. Un cinema patchwork, forse, ma anche capace di rappresentare quel futuro che era (ed è) già presente nella sua continua mescolanza (che non è necessariamente amalgama) di dati, esperienze e culture lontanissime tra loro. I registi fanno centro al box office, pur se tra il pubblico c'è chi fatica a capirlo. Il film racconta di una lunga guerra avvenuta tempo prima tra uomini e intelligenze artificiali, dove sono queste ultime a vincere e imprigionare l'umanità sopravvissuta collegandola a un programma di neurosimulazione interattiva chiamato Matrix, che la fa vivere in una specie di sogno continuo, in cui tutte le sensazioni provate (vista, udito, gusto, olfatto, tatto, come i ricordi e gli scopi) sono falsate, e questo con il solo obbiettivo di attingere energia dai corpi umani. Matrix proietta nel cervello dei prigionieri l'illusione di vivere nell'anno 1999 (e in una grande città occidentale. Non sono mai mostrati altri scenari), prima dello scoppio della guerra, mentre in realtà essi sono corpi dormienti all'interno di vasche colme di liquidi amniotici. In quel periodo la cosa era ancora relativamente sconosciuta, ma oggi i concetti espressi nel film si possono paragonare ai MMOG (Massively Multiplayer Online Game), dei giochi online in grado di supportare anche migliaia di giocatori contemporaneamente connessi tramite internet in un gigantesco mondo virtuale persistente. Una trama articolata, quella presentata in "Matrix", sostenuta da effetti speciali audaci e ambizioni artistiche palpabili; tutti elementi che hanno incantato gli spettatori e permeato per anni la cultura pop. Il film viene costruito dai Wachowski come un intricato puzzle, che contiene una lunga serie di suggestioni e idee comunque già presenti in moltissime opere precedenti, tra testi filosofici, classici della letteratura, romanzi e film o telefilm fantascientifici, che avevano già abituato il pubblico a certe tematiche. Tra queste non si può non citare "Il mito della caverna" di Platone, dove il filosofo greco descrive la perfetta prigione della mente: in un mondo fatto di ombre, il percorso da affrontare per arrivare alla conoscenza è lungo e faticoso. Una conoscenza che l'essere umano non sempre è disposto ad accettare, perché assuefatto da quelle ombre che ha avuto da sempre davanti agli occhi (quindi superstizioni e miti, generatori di fanatismi e ossessioni). Un'altra figura determinate nella filosofia occidentale che si espressa su certi concetti è di sicuro René Descartes (noto anche come Renato Cartesio), che approfondì in maniera estrema il tema del dubbio, ovvero cosa possiamo sperare di conoscere con certezza. Presa coscienza che ogni aspetto del mondo che ci circonda può essere un inganno dei sensi, Cartesio aggira le intenzioni del "demone maligno" che mette in discussione tutte le nostre convinzioni arrivando ad affermare che l'esistenza è determinata dalla consapevolezza stessa del dubbio: l'atto di dubitare determina che un individuo esiste, perché se un inganno è in atto coinvolge un essere che deve essere ingannato. Questo è il principio, espresso nella formula "Ego cogito, ergo sum, sive existo" (Io penso, quindi sono, ovvero esisto) che compare nel "Discorso sul metodo" (1637), su cui ricostruire l'edificio della conoscenza. Il sapere avviene attraverso la deduzione, mentre i sensi sono privati di ogni valore conoscitivo. In "La vita è sogno", dramma filosofico-teologico scritto nel 1635 da Pedro Calderón de La Barca, il protagonista è un personaggio che avverte con sgomento la futilità di ogni esperienza umana: l'intera esistenza è solo un sogno, caratterizzata quindi da illusorietà, fugacità del tempo, vanità delle cose terrene. L'unica realtà è la morte, che svela all'uomo la vera natura dell'esistenza (nelle sequenze iniziali di "Matrix" si vede Neo restare più volte dubbioso - e con lui gli spettatori - nel capire se è sveglio o se sta sognando, fino all'incontro con Morpheus, dove viene scollegato da Matrix, quindi fatto "morire" - o almeno muore l'esistenza che lui credeva di aver vissuto -, il suo corpo gettato in una pozza d'acqua in una sorta di battesimo pagano, per poi essere raccolto e salvato da una mano meccanica illuminata da fasci di luce che ricordano il simbolo della trinità cristiana). Parlando di vita e intelligenza artificiale, non si può poi non nominare il "Frankenstein" di Mary Shelley, del 1818, mentre è del 1865 "Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie" e del 1871 il suo seguito, "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò", due romanzi scritti da Charles Lutwidge Dodgson sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll e citatissimi nell'intera saga di "Matrix", che raccontano, giocando con la logica dei lettori, di una ragazza che, cadendo nella tana di un coniglio, approda in un mondo fantastico e popolato da strane creature. "Il mondo nuovo" scritto nel 1932 da Aldous Huxley, è ambientato invece in un immaginario stato totalitario del futuro nel quale ogni aspetto della vita degli esseri umani viene pianificato in nome del razionalismo produttivistico e dove tutto è sacrificabile a un malinteso mito del progresso. Qui i cittadini, concepiti e prodotti industrialmente in provetta, non sono oppressi da fame, guerra o malattie e possono accedere liberamente a ogni piacere materiale. In cambio, devono però rinunciare a ogni emozione, ogni sentimento e a ogni manifestazione della propria individualità. Nel romanzo l'autore sviluppa il concetto di una dittatura perfettamente accettata da una popolazione che sarebbe disposta persino a lottare per mantenerla, cosa che accade anche nel film dei Wachowski, dove si dice in più punti che molte persone collegate a Matrix, e prodotte industrialmente come nel romanzo di Huxley, non accetterebbero mai l'idea di avere una vita falsificata e di essere quindi scollegate dal sistema. Alle considerazioni e analisi di Cartesio si allaccia anche il filosofo e matematico Hilary Putnam, che in un capitolo del suo libro "Ragione, verità e storia" sfida il lettore a dimostrare di non essere un cervello in un contenitore artificiale che si illude di leggere il suo libro opportunamente stimolato da un computer. Come si può immaginare, il compito non è facile; si tratta di una classica sfida scettica, la stessa che Cartesio aveva affrontato qualche secolo prima.

Da sempre, poi, robot, androidi, super computer e intelligenze artificiali hanno popolato la letteratura e i fumetti di fantascienza, come gli schermi del cinema e quelli della televisione in film e telefilm di genere fantascientifico. In "Metropolis" (1927) di Fritz Lang, si narra di una popolazione resa schiava nei sotterranei di un'imponente città, un luogo dove un giorno arriverà un robot a innescare la ribellione. Del 1962 è "Il cervello che non voleva morire" di Joseph Green, mentre nel 1964 esce "The atomic Brain" di Joseph Mascelli: due film di genere ma che trattano bene l'argomento. Nel 1969 il cinema di fantascienza viene rivoluzionato da "2001: Odissea nello spazio" di Stanley Kubrick, dove fa la sua apparizione il computer più celebre di tutti i tempi, HAL 9000 (il suo nome è composto dalle tre lettere che precedono la sigla dell'azienda IBM): un essere nuovo, tecnologicamente perfetto ma anche ricco di emotività, che rivelerà ben presto una latente quanto subdola ambizione capace di trasformarlo da indispensabile collaboratore a temibile antagonista; un aggiornamento della lotta tra Davide contro Golia oppure di quella di Ulisse contro il Ciclope (come lui, anche HAL ha un unico occhio, e il cognome dell'astronauta protagonista del film, forse non a caso, significa arciere); un avversario dell'uomo, ma forse anche simbolo di un suo prossimo stadio evolutivo. Negli anni '70 queste tematiche sono riprese anche in molti episodi della serie classica di "Star Trek" (come quello intitolato "Il computer che uccide"), e in una famosa puntata di "Doctor Who", la serie fantascientifica più longeva di sempre, veniamo a conoscenza di un enorme sistema informatico, chiamato proprio Matrix, che funge da deposito della conoscenza combinata di molti uomini sul pianeta Gallifrey. L'accesso a questa Matrix è ottenuto attraverso un apparato racchiuso nella testa dell'utente o tramite delle porte, e il sistema funziona come una realtà simulata, le cui leggi fisiche possono essere piegate o infrante da un utente avanzato, quindi, in questo caso, le affinità con il film del 1999 sono più che evidenti. Nel 1982 esordisce sul grande schermo "Blade Runner" di Ridley Scott, film ispirato da un romanzo di Philp K. Dick e che anticipa un genere letterario che si stava in quel momento definendo nella letteratura fantascientifica, il cyberpunk, mostrandolo sullo schermo in tutto il suo funereo fascino. Qui vengono presentati i Replicanti, esseri umani costruiti in laboratorio e usati come schiavi in molte attività, spesso pericolose: uomini che non sono uomini ma che hanno i loro stessi bisogni, gli stessi sentimenti, desideri e sogni. Un altro racconto di Dick da sottolineare in questa lista "Ricorderemo per voi" (1966), dove la tematica portante è la fusione di realtà, memoria falsa e memoria reale. Un tassello ulteriore nel far radicare l'idea del robot (o meglio, del cyborg) nell'immaginario comune lo offre "Terminator" (1984) di James Cameron, e anche qui il tema portante è una guerra del futuro combattuta dagli uomini contro delle macchine che sono arrivate a sviluppare una sinistra e glaciale intelligenza artificiale. A differenza del film di Cameron, in "Matrix" lo sviluppo dell'intelligenza artificiale viene però raccontata in modo da far intendere le macchine come una vera e propria nuova specie, con tanto di emozioni e debolezze. Sempre nell'84 arriva in libreria "Neuromante" (Premio Hugo, Premio Nebula e Premio Philip K. Dick nel 1985), il primo romanzo di William Gibson e vera bandiera del genere cyberpunk, con cui l'autore inizia la sua "Trilogia dello Sprawl" composta anche da "Giù nel ciberspazio" (1986) e "Monna Lisa Cyberpunk" (1988). Qui il protagonista è una figura decisamente antieroica, un ex-hacker allo sbando che dopo aver fallito una missione sopravvive a stento, anche a causa della punizione ricevuta, una delle peggiori possibili (in quel mondo come nel nostro, ormai): gli è stato inibito l’accesso alla rete, meglio nota come Matrix. Oltre a condividere il nome con cui viene identificata la realtà virtuale, nei rispettivi universi creati dai Wachowski e da Gibson si notano similitudini contenutistiche più profonde, tra cui la metodologia per connettersi con lo spazio cibernetico: in "Matrix" i personaggi possono accederci inserendo un aculeo metallico in una presa posta alla base della nuca, mentre in "Neuromante" si applicano sul corpo una serie di elettrodi, ma in entrambi i casi la procedura è invasiva e traduce gli impulsi elettrochimici del corpo in dati informatici, tramutando gli uomini nei loro avatar da inserire in universi fittizi, spesso manipolati da reali ma occulti poteri dominanti: il cyberspazio, iniziale promessa di libertà, invece sottomette chi ci entra a regole di rigidi sistemi artificiali. Alle accuse rivolte ai due registi di aver plagiato l'opera di Gibson, ha risposto lo stesso scrittore spezzando una lancia in favore dei Wachowski: "Sono arrivati a quel mondo appoggiandosi alla stessa osmosi creativa a cui ho sempre attinto anche io". C'è un altro elemento che lega ancora Gibson all'opera dei due fratelli, ma in questo caso è solo una curiosità: nel 1995 esce al cinema "Johnny Mnemonic", film tratto da un racconto di Gibson e che ha come attore protagonista Keanu Reeves, lo stesso che ha poi interpretato Neo, e anche il sistema di caricamento dati con cui Johnny registra gli input informatici è un tutt'uno con il suo cranio, simile a quello di Neo in "Matrix" (Reeves è diventato poi un volto rappresentativo per il genere cyberpunk, prestando le sue sembianze nel 2020 a uno dei personaggi del videogioco "Cyberpunk 2077"). Sempre del 1995 è "Ghost in the Shell", un anime di Mamoru Oshii tratto dall'omonimo manga di Masamune Shirow uscito nel 1989, una delle opere cinematografiche più significative per l'universo cyberpunk e film molto amato dai Wachowski (la "pioggia" di dati che caratterizza Matrix nel loro film è chiaramente ispirata ai titoli di testa del film di Oshii), in cui lo scenario elaborato è il supporto perfetto per una riflessione sulla natura umana: c'è ancora differenza fra l'uomo e la macchina in un mondo automatizzato e meccanico? Nel 1998 esce "Dark City", uno dei lavori più apprezzabili del regista Alex Proyas, e anche qui ci si trova davanti ad un cupissimo thriller mescolato con la fantascienza dove la realtà non è quello che sembra. In questo caso le probabili influenze arrivate in "Matrix" sono state oggetto di molti dibattiti e polemiche, a cui si aggiunge il fatto che la production designer e art director Michelle McGahey ha lavorato in entrambi i film, creando irrimediabilmente un'ulteriore connessione tra le due opere; ma se persino le atmosfere e le palette cromatiche delle due pellicole risultano simili (colori verdognoli per descrivere la vita simulata dei personaggi; bluastri nel mondo oscuro ma reale), i progetti differiscono invece nell'essenza e nella scelta produttiva: il film di Proyas è diretto quasi esclusivamente agli amanti della fantascienza, l’altro invece mira a far colpo su un bacino d'utenza molto più ampio ed eterogeneo. Infine, dal 1994 al 1999 viene pubblicata "Invisibles", serie a fumetti ideata da Grant Morrison, dove lo sceneggiatore scozzese (che ha direttamente accusato i Wachowski di plagio) si appropria dell'intero scibile della cultura e controcultura pop, facendo convivere così il serial orwelliano "Il prigioniero" con la mitologia azteca, il libro delle divinazioni cinesi I-Ching con le ultime scoperte della fisica quantistica, il Situazionismo di Guy Debord e le angosce di Howard Phillips Lovecraft, lo spirito lisergico di John Lennon con l'esoterismo di Aleister Crowley.

In "Invisibles" la nostra realtà non è quella in cui crediamo di vivere: una razza di alieni, chiamati Arconti, da secoli manipola le vite degli esseri umani tramite l'influenza occulta della politica e dei mass media e a loro si oppongono gli Invisibili, una società segreta che si batte da secoli per la libertà. Ai titoli già citati si potrebbero poi aggiungere "Il tredicesimo piano" (1999) di Josef Rusnak e "eXistenZ" (1999) di David Cronenberg, che pur se non presentano diretti collegamenti con "Matrix" hanno comunque contribuito a far prendere al pubblico una certa dimestichezza con alcuni argomenti, visto che anche in quei film si parla di cyberspazio e percezioni della realtà. Uno dei motivi per cui "Matrix" è diventato un fenomeno culturale e ha segnato la sua epoca lo si può identificare probabilmente anche nel suo anno di uscita, a cavallo con il nuovo millennio, con tutte le ansie che questo generava e la certezza che la tecnologia sarebbe diventata sempre più importante ma anche terribilmente invasiva nella nostra quotidianità. Nel film si può poi rilevare anche la precisa volontà da parte dei registi di rivalutare l'identità di chi è (o si sente) messo da parte dalla società, tema che avevano già trattato nel loro precedente film, "Bound - Torbido inganno" (1996). Il personaggio di Neo ha in particolar modo incarnato i sentimenti (tra cui la rabbia) di un'intera generazione (non solo dei più giovani), persone che fino ad allora non erano mai state prese sul serio e classificate sbrigativamente come "nerd" (il cinema li aveva già individuati da tempo, e non a caso nel 1984 era uscito "La rivincita dei nerds" di Jeff Kanew). "Matrix" è diventato per la cultura nerd quello che "The Horror Rocky Picture Show" rappresentò per gli esponenti della sessualità non binaria; un gesto di pubblica rivelazione e di accettazione di atteggiamenti che erano stati sempre scherniti, considerati come debolezze o devianze. La forza di tale messaggio è stata convogliata attraverso quella struttura narrativa identificabile ne "Il viaggio dell’eroe", formalizzata dallo sceneggiatore Christopher Vogler. Si tratta di uno schema comune a diverse mitologie e religioni, opportunamente riadattato per la stesura di romanzi e copioni cinematografici (può valere per "Pinocchio", "Moby Dick", "Il Signore degli Anelli" o "Dune", come anche per "Guerre stellari"): un protagonista non particolarmente abile riceve una chiamata all'avventura in un mondo a lui estraneo; accetta il proprio ruolo grazie al sostegno di una guida; supera con i suoi alleati una serie di sfide e infine muore – più o meno metaforicamente: la prova può averlo solo enormemente prostrato – per poi tornare, cambiato dalle nuove esperienze. I Wachowski hanno dichiarato di aver inizialmente pensato a Brandon Lee come possibile interprete di Neo, ruolo poi andato a Reeves a causa della morte di Lee sul set de "Il Corvo" (il film più famoso di Alex Proyas) e delle rinunce di altri attori, come Tom Cruise, Johnny Depp e Will Smith (quest'ultimo rifiutò perché non riusciva a capiva il senso del film; tuttavia poi dichiarò di non essersi pentito della sua scelta, apprezzando molto il lavoro fatto da Reeves sul personaggio). Tutti i principali protagonisti del loro film sono stati presentati dai due registi con una particolare cura ai dettagli, sia a livello narrativo che visivo. - Thomas Anderson/Neo: magro, pallido, sfiduciato, non ha in nessun modo l'aria dell'eroe intrepido e anche per questo, come detto, è diventato da subito un'icona nel mondo della contro-cultura nerd. Il suo nome racconta tanto di lui: Thomas rimanda alla figura di Tommaso Didimo, l'apostolo e poi santo scettico per eccellenza, che non crede alle cose finché non le vede con i propri occhi; Anderson si può invece facilmente intendere come l'unione del termine greco "andro" (uomo) e del termine inglese "son" (figlio), ovvero "figlio dell'uomo", uno dei modi con cui viene inteso Gesù (il ragazzo che bussa alla sua porta all'inizio del film per chiedere un dischetto illegale, glielo dice chiaramente: "Tu sei il mio Gesù Cristo personale". Il nome di quel ragazzo è poi Choix, mentre quello della ragazza che lo accompagna e che ha un coniglio bianco tatuato sulla spalla è Dujour. Unendoli e traducendoli dal francese si ottiene "Scelta del giorno", ed effettivamente per Neo da quel momento inizierà una lunga serie di scelte che lo porteranno verso il suo destino). Neo in greco significa nuovo, ma è anche l'anagramma di One (l'unico, l'eletto o l'Uno della filosofia neoplatonica, l'essere perfetto, che simboleggia il principio e l'unità del Tutto). Abita in un appartamento che ha come numero il 101, lo stesso che in "1984" di George Orwell aveva la stanza dove si tramutavano in realtà le peggiori paure dei protagonisti del romanzo, ma nella cabala, il numero 101 è una chiamata dall'Universo per iniziare uno sviluppo personale e spirituale, che alla fine porterà all'illuminazione. Il numero 101 è una combinazione di energie: quella dell'1 è amplificata dallo 0, che tende ad aumentarla nei numeri ad esso collegati. Il libro che Neo apre per prendere il dischetto da dare a Choix, è "Simulacri e impostura", un trattato filosofico del 1981 di Jean Baudrillard in cui si esaminano le relazioni tra realtà, simboli e società, e non è un caso che la pagina a noi visibile è l'inizio del capitolo sul nichilismo, mentre il resto del libro è vuoto: le pagine sono scavate per contenere e celare i materiali illegali che spaccia e i soldi che riceve con quel traffico, a sottolineare la natura ribelle di Anderson ma anche il degrado sociale in cui è immerso.

- Morpheus: il suo nome è quello di Morfeo, ovviamente, la divinità dei sogni della mitologia greca, che compare agli uomini addormentati ma che è in grado anche di svegliarli (come fa Morpheus con Neo). Per questo personaggio i Wachowski suggerirono all'attore Laurence Fishburne di prendere come ispirazione la compostezza del protagonista di "Sandman", serie a fumetti creata da Neil Gaiman nel 1988, un'opera pluripremiata ma conosciuta essenzialmente tra gli appassionati del settore (in quel momento un altro ammiccamento al mondo dei nerd, mentre oggi a Sandman è stata dedicata una serie televisiva). Sandman è il padrone del regno dei sogni; una figura solitaria e tenebrosa, chiamata anche Morfeo, Oneiros, Plasmatore, Principe delle storie e in altri modi ancora. In occasione del lancio di "Matrix", Gaiman scrisse appositamente un racconto edito sul sito promozionale del film, dove si narrava dell'attacco alla Terra da parte di extraterrestri e della controffensiva organizzata dalle macchine senzienti. Come il suo riferimento fumettistico, Morpheus è un uomo carismatico, legato a una serie di inossidabili dogmi, al limite del fanatismo. Il suo autocontrollo lo rende però affidabile, un vero mentore, saggio e paterno, ma anche un seduttore di folle, tanto che per molti alcuni lui è quasi un dio infallibile (nella versione originale i registi lavorarono anche sulla voce di Fishburne, per renderla più profonda e solenne, e non per niente nei primi contatti che Morpheus prende con Neo lo guida solo tramite la sua voce, come Dio e i vari profeti nei testi biblici). Morpheus è poi il comandante della nave Nabucodonosor, che prende il nome dal re babilonese che chiese ai suoi maghi, astrologi, incantatori e caldei di svelargli il significato di un sogno. - Trinity: interpretata da Carrie-Anne Moss, è l’incarnazione della femme fatale (qui fasciata in abiti in latex aderente, in una fantasia erotica/estetica forse un po' adolescenziale o di derivazione bdsm: l'immagine residua di sé - quella che hanno le persone libere che si collegano a Matrix - è fatta di abbigliamenti vistosi, un'apparente contraddizione della natura segreta del loro operato, che di certo non aiuta a preservare un basso profilo). Determinata e inarrestabile, Trinity è il contraltare speculare di Neo; un ampio spazio offerto al pubblico femminile. Se la vacuità iniziale di Neo è compensata dal suo costante percorso di crescita, Trinity viene invece presentata da subito come un personaggio completo, che non ha più un vero sviluppo, incarnando perlopiù il sentimento del trasporto amoroso della specie umana, argomento che resta un punto narrativo centrale in diversi momenti dell'intera trilogia dedicata a "Matrix". Anche per lei, nella prima sequenza dove viene presentata, il numero 3 che la caratterizza fin dal nome è presente un po' ovunque (se Neo è il nuovo Messia e Morpheus il dio, in questa nuova trinità pop lei incarna lo spirito santo, inteso come essenza femminile). La stanza in cui appare per la prima volta è la 303 (luogo in cui si ritroverà Neo alla fine del film e numero che simboleggia, tra le altre cose, comunicazione, creatività, libertà, incoraggiamento), sono tre gli agenti che la inseguono e i residui degli stipiti della finestra in cui balza dentro per sfuggirgli ricordano le lancette di un orologio che indica le ore tre. - L'agente Smith: lo interpreta Hugo Weaving ed è forse il personaggio più complesso dell'intera trilogia. Inizialmente solo un sistema antivirus di Matrix, si sviluppa poi in modi inaspettati. Ordinatissimo e inflessibile, si presenta come una via di mezzo tra un Men in black e un soldato nazifascista, indossa sistematicamente degli occhiali a specchio neri (sempre di forma rettangolare, a indicare la sua evidente origine artificiale, a differenza di quelli usati dai personaggi umani, che sono rotondi o al massimo ovali, per suggerire una natura più flessibile e in cambiamento. In "Matrix" quel tipo di occhiali sono usati solo da chi ha la consapevolezza di essere in una simulazione, come Neo e i suoi compagni o come gli stessi agenti di Matrix: le lenti scure sarebbero quindi un filtro per gli occhi, che svelano la finzione del sistema virtuale, ed è emblematica la scena che chiude il film, quando Neo, in quel momento presente in Matrix, osserva il mondo che lo circonda con i suoi occhi - con in sottofondo "Wake up" dei Rage Against the Machines - e poi li indossa, come a volerne svelare la finzione. Le uniche eccezioni in tal senso riguardano quei personaggi che conoscono lo scopo e la storia di Matrix, come L'Oracolo. Gli occhiali neri sono poi da sempre un vero oggetto feticcio per il genere cyberpunk, da quando almeno fu pubblicata "Mirrorshades", un'antologia di racconti del 1986 curata da Bruce Sterling. Molti autori che si dedicarono al genere - che veniva inteso come un movimento artistico - si identificarono in quel libro in un tal modo che decisero di chiamarsi Mirrorshades Movement, dato che l'elemento degli occhiali a specchio ricorreva spesso nelle loro storie). Nell'intera trilogia, Smith, proprio come il suo avversario (che si ostinerà a chiamare sempre e solo "signor Anderson"), ha un obbiettivo da raggiungere, ma se per Neo il fine è arrivare a far prendere coscienza di sé un intero popolo soggiogato, Smith vuole invece raggiungere il controllo totale, sfuggendo da ogni obbligo e dovere, in un percorso che lo porterà a scontrarsi anche con chi lo ha generato, ovvero Matrix.

L’infanzia e le esperienze di vita dei Wachowski hanno avuto un ruolo essenziale nel definire le tematiche in buona parte del loro cinema, di sicuro le hanno avute in questo film. Con un padre ateo e una madre cristiana convertitasi poi allo sciamanesimo, i due ragazzi svilupparono una visione personale del concetto di spiritualità, di religione e anche della filosofia: l'intero progetto su "Matrix" è, per loro stessa definizione, un "atto di decostruzione della filosofia e dell’iconografia religiosa". Dalle ombre proiettate sulla parete della caverna di Platone alle intuizioni di Cartesio, sono molti i pensatori che si sono soffermati sul mettere in discussione la percezione della realtà, ma Robert Nozick e Arthur Schopenhauer sembrano essere quelli su cui i due registi si sono forse maggiormente soffermati. Nozick ha cercato di confutare alcune sue teorie attraverso l'esperimento paradossale della "macchina del piacere": per dimostrare che i valori umani hanno radici più profonde della ricerca del mero piacere, ha ipotizzato un meccanismo che, collegato al cervello umano, sia in grado di simulare solo sensazioni gradevoli, cercando di evidenziare che la natura della nostra società finirebbe con il ripudiare un simile inganno. Secondo Schopenhauer, che attinge allo gnoseologismo dell'induismo e del buddismo, la vita quotidiana invece non è altro che un miraggio - o māyā - normato da regole condivise da tutte le generazioni umane. Infrangere questo "letargo conoscitivo" corrisponderebbe a un'elevazione dell'anima individuale, un "risveglio" che garantirebbe la contemplazione della vera essenza della realtà e la salvezza dal ciclo continuo di morti e rinascite noto come saṃsāra ("l'oceano dell'esistenza", la vita terrena, permeata di dolore e sofferenza). Nella pellicola queste tematiche restano solo in superficie ma sono state fondamentali per imbastirne il telaio; non pochi accademici hanno sfruttato il successo del film per pubblicare una serie di manuali di filosofia o documentari divulgativi; tra questi c'è "Return to Source: Philosophy & The Matrix", il preferito dai Wachowski, che lo hanno inserito negli extra della Ultimate Matrix Collection. Nonostante questa impostazione stratificata e complessa, la fortuna del film è stata probabilmente garantita da altro: qui la forma conta come la sostanza (e forse di più). Se l'operazione si fosse basata solo sull'aspetto filosofico, difficilmente avrebbe avuto l'impatto che ha avuto, e infatti per "Matrix" sono state sviluppate delle novità nel campo degli effetti speciali, come il "bullet time" ideato da John Gaeta, che si basa su una tecnica fotografica già esistente e conosciuta come "time slice" ("fetta di tempo"), nella quale un grande numero di fotocamere sono disposte attorno a un oggetto e vengono fatte scattare simultaneamente. Quando la sequenza degli scatti è vista come un filmato, quelle "fette" bidimensionali vanno a formare una scena tridimensionale (per capirsi, è come di camminare attorno a una statua vedendola da diverse angolazioni). Ingegneri della Manex Visual Effects hanno poi introdotto nelle sequenze maggiore fluidità con la creazione di scene virtuali al computer. Ai prodigiosi e nuovi effetti speciali, non si possono non aggiungere le efficacissime coreografie dei combattimenti di arti marziali, che sono un timbro di riconoscibilità del film.

I fratelli Wachowski adottarono le idee della scuola cinematografica di Hong Kong, secondo le quali gli attori principali devono eseguire loro stessi le scene di lotta: questo rende i combattimenti più autentici, e non un semplice momento spettacolare.

Quel tipo di scene in "Matrix" erano essenziali, e per ottenere il massimo risultato i due registi avevano in mente un solo nome: Yuen Wo Ping.

Inizialmente il celebre regista e coreografo cinese non era così convinto di voler partecipare al progetto, e per far cadere la proposta chiese un cachet esorbitante. I Wachowski invece accettano, e a quel punto Yuen Wo Ping formulò altre due richieste: il controllo completo dei combattimenti e quattro mesi di allenamento per tutti gli attori, che era proprio l'obbiettivo che volevano raggiungere i due registi. I risultati sullo schermo premiarono tutti gli sforzi fatti, con alcune sequenze ormai entrate nell'immaginario collettivo e duelli che, come inquadrature, riportano persino alla mente non pochi film firmati da Sergio Leone. Un volume molto interessante per vedere il dietro le quinte del film è di sicuro il corposo "The art of The Matrix" edito dalla Newmarket Press nel 2000.

Il film, come detto, ebbe un grande risonanza, ed era logico attendersi dei seguiti. Sebbene "Matrix" si prestava ad essere una saga estesa, gli studios avevano spinto i registi ad adattare il copione per farlo funzionare autonomamente. Il risveglio di Neo si sarebbe dovuto sviluppare progressivamente e sarebbe stato il punto nevralgico dell'intero arco narrativo della trilogia iniziale, ma le necessità produttive imposero altre scelte, svuotando i sequel di un'essenza che i Wachowski hanno poi cercato di colmare giocando con le aspettative del pubblico. Girati insieme ma divisi in due pellicole distinte, nel 2003 arrivarono quindi al cinema "Matrix Reloaded" e "Matrix Revolution", che pur se contengono degli spunti non banali a livello di trama e sviluppo di alcuni personaggi, danno l'idea di essere comunque superflui e la commistione tra elementi narrativi complessi e scene d'azione (quest'ultime abbondano in maniera eccessiva, risultando estenuanti) è molto meno equilibrata che nel primo film.


Lo stesso anno esce poi "Animatrix" (ma solo nel mercato homevideo), un film in animazione composto da cortometraggi realizzati da alcuni maestri degli anime giapponesi e scritti in collaborazione con i Wachowski, e per la riuscita e bellezza dei vari corti, si rivela essere l'unico seguito necessario al film originale.

Nei sequel Neo scopre di aver esteso le sue abilità e arriva in contatto con lati di Matrix che non aveva mai considerato; comprende che il mondo delle macchine è diventato vasto e articolato almeno quanto quello umano, che le intelligenze artificiali hanno condensato in pochi secoli quasi tutta la storia dell'Uomo sul pianeta, imparando molto della natura umana proprio grazie allo sviluppo di Matrix (veniamo anche a sapere che sono esistite diverse versioni di quel programma di controllo, come anche altri eletti, di cui Neo è la sesta incarnazione), e arrivando infine a provare vere e proprie emozioni: uomini e macchine, seppur avversari, sono ormai esseri simbiotici e non possono vivere gli uni senza gli altri. A questo si deve aggiungere che la creazione di Matrix da parte delle intelligenze artificiali ha permesso paradossalmente alla specie umana di sopravvivere, altrimenti, persa la guerra, si sarebbe rapidamente estinta. Le macchine avrebbero potuto replicare un singolo corpo umano all'infinito per ricavarne energia, ma probabilmente i cloni, senza la consapevolezza di una esistenza da vivere, sarebbero durati pochissimo, quindi viene deciso di portare avanti parte dell'umanità con tutte le sue diverse caratteristiche fisiche, etniche e psicologiche, creando uomini e donne differenti tra di loro e fornendogli l'illusione di un propria vita grazie a Matrix. L'insieme di queste considerazioni porta Neo a voler raggiungere il principale regno delle macchine, se così si può chiamare - e lo fa su una nave chiamata Logos (termine che nella filosofia greca ha due significati, "pensiero" e "parola", che tuttavia si raccolgono in uno) -, in modo da stabilire un patto: la fine delle ostilità in cambio della sconfitta dell’ex-agente Smith, che ha ormai inglobato l'intera Matrix diventando una seria minaccia anche per il mondo delle macchine. L'obbiettivo di Neo è di arrivare ad una tregua e concedere agli uomini prigionieri di Matrix la possibilità di scegliere se lì rimanere o uscirne fuori, con tutto quello che quella scelta comporta, perché la realtà è un mondo ormai privo di ogni concetto di bellezza, dove il Sole è stato oscurato da nubi artificiali (create dagli uomini durante la guerra contro le macchine per tentare di togliergli la loro principale fonte di energia) e dove possono trovare salvezza solo sottoterra, alla ricerca del calore del nucleo del pianeta. Il mito della caverna di Platone al contrario. "Pillola azzurra: fine della storia, domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa: resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant'è profonda la tana del bianconiglio", dice Morpheus ad uno sbigottito Neo in una delle scene chiave del film. La scelta come simbolo di libertà, quindi, è uno dei perni su cui si appoggia l'intero progetto narrativo; la stessa scelta che fecero Morpheus, Trinity e tutti gli altri uomini fatti uscire dal controllo di Matrix. La scelta è cosa essenziale per definire la libertà umana, che sia in famiglia, nel lavoro, negli affetti personali o anche in una società: stabilisce chi siamo e cosa vogliamo fare della nostra vita. La negazione della scelta ha caratterizzato (e caratterizza) molte società al mondo, e non solo quelle di stampo più o meno dittatoriale, condizionando pesantemente chi abita in quei luoghi. Per quanto riguarda poi il mondo rappresentato nella trilogia di "Matrix" (più "Animatrix"), la scelta proposta è complessa (ma lo è sempre), perché si tratta di accettare il fatto che tutto quello che si credeva vero è in realtà una menzogna indotta artificialmente, per quanto, a volte, non priva di gioia, comfort e piaceri, e che il mondo in cui viene offerto di entrare è invece un luogo terribilmente ostile, lugubre e faticoso. Le macchine hanno dato prova di avere sentimenti, di poter stabilire delle relazioni, e come tali sono in tutto e per tutto una nuova specie, con i loro diritti (diritti che chiedevano di essere riconosciuti in un episodio di "Animatrix", prima di arrivare alla guerra), al pari degli umani che le hanno create. Il patto chiesto da Neo prevede che nessun ostacolo sarà più posto a tutti quelli che sceglieranno la pillola rossa, e quindi saranno liberi di uscire dai baccelli e vivere come credono o possono, a Zion, l'unica città umana esistente, o altrove. Quanti vorranno di fare quel passo non si sa, ma una possibilità di scegliere viene ora offerta.

Nei nuovi film vengono introdotti anche nuovi personaggi, come l'Architetto, il "padre" di Matrix, che se in parte ridimensiona il ruolo di Neo dimostra poi di sottovalutarlo, credendo che obbedirà senza obiezioni all'istinto di preservazione della specie umana decidendo di riavviare Matrix, come i suoi predecessori. L'Architetto funge da ponte per la progressiva umanizzazione delle intelligenze artificiali: in maniera lineare e calcolatrice aveva progettato le prime, alienanti versioni della matrice, ovvero delle simulazioni basate sull'idea di un mondo pacificato e ideale, cosa che venne rifiutata in massa dalla mente dei prigionieri facendo andare distrutti "interi raccolti" (così vengono definiti nel film i baccelli che contengono i corpi). Per rimediare, le macchine avevano quindi creato il già citato Oracolo (che di Matrix è la "madre" e ha le fattezze di un'anziana donna), un altro sistema operativo ma mirato alla comprensione e all'interpretazione della psiche umana che ha contribuito attivamente alla creazione della versione finale del sistema di simulazione introducendo l'elemento del libero arbitrio, per quanto falsato e sotto controllo. Un meccanismo funzionale ma comunque imperfetto: con il tempo sarebbero irrimediabilmente arrivate delle anomalie, errori sistemici causati da programmi indipendenti, difettosi, legati ai tanti che rifiutano la simulazione virtuale e che possono far collassare l'insieme. L'eletto è quindi l'elemento necessario sia per il riavvio del simulatore, in modo da evitarne il deterioramento, sia per poter esplorare sempre più a fondo il concetto di libero arbitrio fondamentale per gli esseri umani: un rischio calcolato dalle macchine e che si ripete ciclicamente. In "Matrix Reloaded" si scopre quindi che Neo non è del tutto umano (lui però crede di esserlo) ma è un prodotto delle macchine; una sorta di cyborg che contiene in sé il prime program collegato alla Sorgente, il punto dove i programmi nascono e muoiono, e che serve per riavviare periodicamente il sistema: nel film lo vediamo infatti fare autentici prodigi anche fuori dalla realtà simulata di Matrix, cosa impossibile per un uomo (questa narrazione entra in parte in contrasto con quanto visto nel primo film, perché non si spiega il motivo per cui Smith, ancora pienamente al servizio di Matrix, volesse a tutti i costi eliminare Neo. Se era solo per fargli prendere coscienza della sua natura di eletto, bastava ostacolarlo, ma non certo ucciderlo. A questo potrebbe in parte sopperire il dialogo fra l'Architetto e Neo presente in "Matrix Reloaded", dove quest'ultimo, rispondendo ad una domanda, dice: "Nessuno lo sa", cosa che forse riguarda anche gli agenti della stessa Matrix). Viene poi mostrata la città di Zion (nome di origine biblica), che nel primo film veniva solo nominata. A Zion tutti lottano per un unico scopo ma non c'è un'armonia tra i pareri: una parte della popolazione non è d'accordo con le convinzioni di Morpheus, credendolo un visionario, e confidando solo nelle proprie forze segue la figura opposta, il capitano Lock (la parte più pragmatica dell'animo umano). In tal senso si ripropone l'eterna lotta tra la scienza e fede, che come intento hanno lo stesso amore, la ricerca della verità (simboleggiata nel film dalla capitana Niobe, che è stata amante sia di Morpheus che di Lock). Zion è poi un altro elemento in cui si colgono non poche incongruenze, sia narrative che visive, anche volendo solo intenderla in modo simbolico e non realistico. La complessa tecnologia, anche digitale, con cui viene gestita la città, non si abbina con quell'idea di rifugio di emergenza che è nei fatti, composto da un'umanità derelitta e priva di ogni possibile risorsa. Pur accettando l'idea che a costruirla siano state diverse generazioni di uomini liberati, resta comunque un luogo eccessivamente organizzato per le condizioni di vita in cui quelle persone sono costrette. L'aspetto dei suoi abitanti è poi fin troppo florido, considerato che si nutrono principalmente di sostanze quasi liquide e che di certo non coltivano nulla né allevano animali (incongruenza presente anche nel primo film, dove l'immagine residua di sé che i personaggi hanno in Matrix non è poi così differente dal loro aspetto fisico nel mondo reale).

L'evidente meticciato degli abitanti di Zion è stato uno degli elementi più discussi, soprattutto considerando i canoni hollywoodiani. Nel suo "Beyond the Matrix", Stephen Faller interpreta tale scelta come una deliberata contrapposizione al paradigma razziale anglocentrico offerto nei confini simulati di Matrix, mentre la professoressa Stacy Gillis fornisce un’interpretazione più spirituale, e in "The Matrix Trilogy: Cyberpunk Reloaded" dice: "Di fatto Zion contrasterebbe la fredda Matrix con sogni di utopie, corporeità sfrenata e desiderio di liberazione poco affini all'educazione caucasica". In "Black Space: Imagining Race in Science Fiction Film" di Adilifu Nama, si legge: "Le politiche di Zion sembrano basarsi su un modello multiculturale partecipativo di egualità", un concetto che coincide con le idee dei Wachowski, ovvero cercare di integrare e accettare l'alterità nella società, e Cáel M. Keegan in "Lana and Lilly Wachowski", afferma: "Ogni film delle due sorelle va a sondare la possibilità di una società utopica, gestita da politiche post-razziali, tollerante verso le minoranze, quindi etnicamente varia di conseguenza". Non tutto l'immaginario di "Matrix" ha assunto però connotazioni costruttive: i concetti espressi, soprattutto quelli legati al controllo sociale da parte di entità occulte, non hanno spinto molti spettatori alla ricerca dei testi di riferimento usati dai registi ma, più banalmente e superficialmente, a prendere alla lettera quello che veniva mostrato sullo schermo, facendo diventare alcuni oggetti del film (come le due pillole colorate) veri altari su cui costruire ogni delirio complottistico che ha attecchito velocemente, ad esempio, nelle fazioni più estremiste della "manosfera", movimento con derive misogine e antifemministe che negli anni ha intensificato i toni avvicinandosi progressivamente alla destra di stampo sovranista e sfociando infine in violente paranoie, incluse quelle relativamente recenti portate avanti da teorie come quella di QAnon, arrivando a incarnare, senza rendersene conto, più quello che era l'agente Smith in Matrix che Neo. Un cortocircuito mentale di portata sorprendente (e di certo allarmante), considerando che questo livello di ignoranza gretta e bigottismo ha fatto proprio il simbolismo ideato da due persone che oggi sono due donne transgender ma che da sempre promuovono un messaggio di rispetto universale. In un'intervista del 1998, affermarono: "Pensiamo che le persone gay e queer non siano le uniche a vivere nascoste. Tutti lo facciamo. Tendiamo tutti a chiuderci in scatole, a intrappolarci. Quello che abbiamo cercato di fare è stato definire i personaggi attraverso il tipo di trappole che determinano la loro vita". L’intervista faceva riferimento a "Bound – Torbido inganno", ma potrebbe rispecchiare la natura di tutte le produzioni delle Wachowski, nonché della loro stessa vita privata. Che le si apprezzi o meno, non si può negare che hanno sempre operato una campagna in sostegno all'emancipazione individuale e verso un'equità sociale. In ogni caso, dopo il successo ottenuto al botteghino dal primo film, il brand si è frammentato su scala multimediatica. Il cinema non era più il solo mezzo per vivere l'esperienza di "Matrix"; alcuni risvolti narrativi venivano custoditi da altri supporti, come "Animatrix" e il videogame "Enter the Matrix", al cui interno erano celate informazioni che andavano a completare i film. "Enter The Matrix" esce un giorno prima del debutto in sala di "Matrix Reloaded" ma ne è una parte integrante, con addirittura più di un'ora di pellicola girata appositamente per il gioco: molte delle scene lì presenti spiegavano gli omissis dei lungometraggi principali e i giocatori avevano l’illusione di contribuire attivamente alla trama. L'esperimento non ebbe però riscontro e, con tutta probabilità, intaccò negativamente il prodotto che avrebbe invece dovuto supportare. A quanto pare, né il produttore Joel Silver e né le sorelle Wachowski avevano intenzione di proseguire la saga dopo "Matrix Revolutions": "L’ossessione culturale nel voler equiparare il successo di un film al successo del suo box office è tossico per questa industria. La sta spingendo sempre più a creare semplici prodotti, il che è uno dei motivi per cui siamo circondati da reboot. È come essere al McDonald. Le persone sanno già cosa aspettarsi, devono solo sedersi e guardare, inerti. Non fa bene al cervello". Nonostante questo, nel 2005 fa la sua comparsa il videogame "The Matrix Online", dove vengono presentati nuovi personaggi e nuove minacce. A causa degli scarsi risultati economici ottenuti, i server furono però chiusi anzitempo e la trama troncata bruscamente. Ma probabilmente l'agente Smith non ha ancora finito di dire la sua e nel 2019 è stato annunciato un quarto film della saga, "Matrix Resurrections", diretto dalla sola Lana Wachowski e da lei scritto insieme a David Mitchell e Aleksandar Hemon. Al film partecipano Carrie Ann-Moss e Keanu Reeves, che si era reso disponibile nel riprendere i panni di Neo solo a patto che la sceneggiatura e la regia fosse in mano almeno a una delle Wachowski. Il film uscirà in Italia il 1° gennaio 2022.

All'edizione degli Oscar del 2000, "Matrix" si è aggiudicato quello per il Miglior montaggio a Zach Staenberg, per il Miglior sonoro a John T. Reitz, Gregg Rudloff, David E. Campbell, David Lee e Dane A. Davis (vincitori lo stesso anno anche del premio Bafta), e quello per i Migliori effetti speciali a John Gaeta, Janek Sirrs, Steve Courtley e Jon Thum. Per anni i tanti appassionati di "Matrix" si sono scervellati per tentare di decifrare il codice che si vede scendere a cascata all'inizio dei vari film, immaginando qualche rivelazione tenuta nascosta dagli autori, magari tratta da uno dei testi utilizzati per elaborare la trama.

Alla fine il mistero è stato risolto dallo stesso responsabile della creazione di quelle sequenze, ovvero Simon Whiteley, che ha tranquillamente ammesso che in quei numeri, lettere e ideogrammi che scendevano sullo schermo non c'erano celate delle frasi mistiche o illuminazioni filosofiche ma, al massimo, qualcuno avrebbe potuto individuarci qualche ricetta, perché li aveva tratti scansionando i libri di cucina giapponese di sua moglie.


Il film è stato interamente girato a Sydney, in Australia, dall'aprile all'agosto 1998.

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