Il deserto dei Tartari a fumetti - Legenda
- Pasquale Frisenda
- 27 dic 2024
- Tempo di lettura: 26 min
Aggiornamento: 6 giorni fa
Indicazioni su riferimenti grafici e narrativi, simboli, citazioni e omaggi presenti nel volume a fumetti.

Nell'elaborazione della versione a fumetti de "Il deserto dei Tartari", oltre la narrazione principale che porta avanti la storia ne è presente un'altra, ad essa parallela e composta da elementi grafici, particolari dettagli, simboli, una corposa serie di opere d'arte, omaggi e citazioni (tante dedicate alla vita e ai lavori, tra scritti e dipinti, di Dino Buzzati, ovviamente, ma non solo), che contribuiscono a dare un peso specifico a determinati passaggi del racconto, aggiungendo concetti e sottolineando cosa sta accadendo intorno ai personaggi o dentro di essi a livello emotivo.
Una ricerca costante, che mi ha permesso di approfondire non pochi temi e apprendere tante cose, anche inaspettate, ma che per me è stata sicuramente molto impegnativa, ben oltre la materiale esecuzione delle tavole in sé, però proseguita fino al termine del progetto, perché la ritenevo preziosa per evidenziare le possibilità espressive di un testo simile.
Qui trovate elencati tutti i riferimenti grafici (o almeno quelli più importanti) presenti nel volume, comprese alcune inquadrature scelte per specifiche vignette, e che hanno un significato preciso. Buona lettura!

- pag. 5 - L'orologio è uno degli elementi più immediati per comunicare l'idea del tempo che passa.
Insieme alle clessidre (integre o spezzate) e alle candele (che lentamente si consumano), sarà uno dei dettagli più presenti nelle tavole.
Nella prima vignetta segna le 12 in punto, che stanno a indicare un mezzogiorno, mentre nell'ultima vignetta di pag. 6 le lancette inizieranno a muoversi, dando il via alla vicenda che ha come protagonista Giovanni Drogo.
Nel corso della storia, ogni volta che apparirà un orologio - che sia in primo piano o meno - la lancetta dei minuti si sposterà sempre un po' in avanti, in modo da suggerire che il tempo sta trascorrendo, e nella sequenza presente nella tavola finale (a pag. 167), le lancette torneranno ancora sulle 12 - in quel caso della mezzanotte -, a testimoniare che Drogo è giunto alla fine del suo percorso.
Nella quarta vignetta di questa tavola, in basso a destra si intravede l'immagine dell'Uroboro, il re serpente che si morde la coda, di regola raffigurato a forma di 8, simbolo dell'infinito, o circolare, a significare il ciclico ripetersi delle cose, l'eternità.
Nelle tavole de "Il deserto dei Tartari", l'Uroboro è accostato alla vicenda umana del personaggio di Drogo, e apparirà ancora in altri momenti.
- pag. 7 - Nell'ultima vignetta appare per la prima volta una clessidra, mentre in alto a sinistra si nota invece il dettaglio di un disegno realizzato da Dino Buzzati nel 1970, utilizzato come copertina per un'edizione di "Il reggimento parte all'alba", una raccolta di suoi racconti pubblicata postuma per la prima volta nel 1985.
- pag. 8 - Nella prima vignetta, appoggiata sulla poltrona a destra, si vede una sfera, che va a rappresentare tutto ciò che non ha un inizio né una fine, il movimento continuo, il cambiamento necessario, e su di essa è presente il Triscele (o Triskele), antico simbolo composto da tre spirali intrecciate e comunemente ricondotte all'idea di infinito: le tre linee indicano le posizioni del Sole durante una giornata (alba, mezzogiorno, tramonto), le tre età dell'uomo (infanzia, maturità, vecchiaia) e la sua tripla natura (corpo, sentimento, pensiero), oltre che l'aldilà e la rinascita (ogni spirale equivale a tre mesi, quindi nove in tutto, il tempo necessario per il parto umano), e la linea senza interruzioni che lo caratterizza riflette anche la continuità del flusso del tempo.
Sempre nella prima vignetta vediamo un manichino, oggetto che Drogo avrà anche nella sua stanza alla fortezza Bastiani e che in qualche modo sarà un suo simulacro, a indicare la sua condizione di immobilità.
Nella quarta vignetta è presente un altro disegno di Dino Buzzati realizzato per "Il reggimento parte all'alba".
- pag. 9 - Nella prima vignetta, il tappeto nel salone ricorda una scacchiera, e i due personaggi lì presenti assumono quindi il ruolo delle pedine.
Il divanetto è composto da due poltroncine unite, che tengono vicini i due giovani ma nello stesso tempo separati, e sull'acquario si vede ancora una sfera.
- pag. 10 - Nella terza vignetta i personaggi sono inquadrati attraverso il vetro dell'acquario, a suggerire che entrambi sono prigionieri di regole a loro superiori e che non potranno sfuggire al destino.
L'ultima vignetta, dove i due sembrano svanire, rafforza il concetto che la promessa che Drogo fa in quel momento a Maria è inconsistente, e il loro futuro molto incerto.
- pag. 11 - Nella prima vignetta è riprodotta una strada di Milano, via S. Marco, all'epoca in cui i navigli erano ancora tutti aperti.
In quella via abitò a lungo la famiglia Buzzati, e fu scelta perché gli ricordava Venezia, la loro città natale.
Nella seconda vignetta, i nomi leggibili sull'insegna del negozio fanno riferimento ai soprannomi che Dino Buzzati e il suo miglior amico durante l'adolescenza, Arturo Brambilla, si erano dati a vicenda in un periodo dove avevano sviluppato una passione per l'antico Egitto.
Nella terza vignetta, il nome della strada è un luogo di "Poema a fumetti" (1969), una sperimentale opera di Buzzati, considerata una delle prime graphic novel italiane.
- pag. 12 - Nella prima vignetta, l'albero morente in primo piano con vicino un annaffiatoio richiama un'illustrazione di Arthur Henry Young, che, non senza amara ironia, è stata intitolata "Hope" (1927), e va a sottolineare che la speranza è davvero una cosa a cui nessuno rinuncia mai, ma che quella riposta da Drogo nel viaggio che è sul punto di iniziare, non troverà un esaudimento.
- pag. 13 - Il campo fangoso e informe che circonda lo stretto sentiero preso da Drogo e dall'amico, l'unico che possono percorrere, dovrebbe rappresentare il futuro e l'impossibilità di decifrarlo.
- pag. 14 - L'irrequietudine che nell'ultima vignetta manifesta il cavallo del personaggio di Francesco raffigura lo stato d'animo dell'uomo, che vorrebbe seguire Drogo in quella che ai suoi occhi è la direzione verso un mondo ignoto ma nuovo, e che immagina ricco di avventure, mentre le scelte di vita che lui ha fatto lo trattengono dove è.
Entrambi i due personaggi, anche se in modo diverso, resteranno prigionieri di ruoli che si sono imposti.
- pag. 15 - Nella prima vignetta è presente un riferimento a "L'enigma di una giornata" (1914) di Giorgio de Chirico, dipinto ricco di turbamenti dove gli elementi, che raffigurano dettagli del passato del pittore, sono collocati in una scena che diventa un rebus senza apparente soluzione, come il tentare di indovinare il proprio futuro.
Qui Drogo procede invece senza esitazioni verso la sua meta, "risolvendo" quindi, almeno in quella giornata, l'enigma del suo futuro.
Nella seconda vignetta, a sinistra vediamo i resti di un tempio, l'immagine dell'ineluttabilità della morte e della vana ricerca della gloria da parte degli uomini, come in "La tempesta" (1506) di Giorgione; al centro, in primo piano, il serpente che attraversa la strada incarna alcune di quelle avversità che si devono affrontare durante la propria vita, come in "Il cammino della virtù" (o "Allegoria del colle della Sapienza", 1505) del Pinturicchio; a destra, il singolo sandalo visibile è una raffigurazione dell'imperscrutabilità del Fato, come viene descritto in "Allegoria della fortuna" (1535/38) di Dosso Dossi; infine, appoggiata su una roccia, si vede una rana, da sempre simbolo di tutto ciò che è in trasformazione.
Nell'ultima vignetta, Drogo inizia a leggere un libro che si è portato dietro da casa sua e che poi rileggerà a più riprese durante i suoi tanti anni di permanenza alla fortezza Bastiani.
Il titolo del libro sarà mostrato solo nella penultima sequenza del volume (a pag. 165), ed è un riferimento ad un passaggio finale del romanzo di Buzzati, dove si legge "Per un'ultima porzione di stelle".
- pag. 16 - Nella terza vignetta è presente un dettaglio tratto dalla fotografia "Paesaggio d'Africa" (1939) di Dino Buzzati.
Da qui in poi, il paesaggio del Deserto conterrà spesso degli elementi un po' anomali, anche astratti (a volte ispirati a disegni dello stesso Buzzati), come a suggerire che è un luogo che sfugge alla realtà vera e propria, una sorta di dimensione a parte.
Nell'ultima vignetta, Giovanni Drogo fissa una sua "prima porzione di stelle", leitmotiv che ritornerà spesso, che si collega al celebre finale del libro citato poco sopra e che non volevo mancasse nella versione a fumetti.
Ogni volta che Drogo sarà presente in una vignetta dove è rappresentato anche il cielo notturno, le stelle occuperanno sempre e solo un angolo, saranno quindi sempre una "porzione" per lui.
- pag. 20 - Nella prima vignetta, in primo piano, incastonato nella roccia come un fossile, si vede un teschio umano deformato, allegoria della vanità, come quello raffigurato del dipinto "Gli ambasciatori francesi Georges de Selve e Jean de Denteville" (1533) di Hans Holbein.
- pag. 21 - Nella prima vignetta, il dettaglio a destra richiama "Campo di grano con volo di corvi" (1890) di Vincent van Gogh, uno dei suoi più celebri quadri e probabilmente l'ultimo da lui realizzato.
Secondo le analisi derivate dalle lettere dell'artista scritte al fratello, il dipinto è la trasposizione simbolica di uno stato d’animo: i sentieri vuoti lì presenti non hanno un origine chiara e soprattutto non se ne vede la fine, come a voler dare corpo a tutti quegli individui che hanno perso loro stessi e che non riescono a trovare un senso alla propria esistenza.
I corvi torneranno anche in altre tavole: tra le molteplici simbologie attribuite a quell'animale c'è anche il passaggio dalla vita alla morte, e da quel momento in poi saranno fedeli "compagni di viaggio" per Drogo; lo seguiranno nei suoi vari spostamenti, come a controllarne i movimenti e, in sintesi, il destino, fino all'ultima pagina (la 167), dove si vedranno volare sopra la strada in cui lui scomparirà definitivamente.
- pag. 22/23 - La forma delle montagne intorno alla fortezza sono ispirate al quadro "Wand II" (2014) di Wieland Payer, che a sua volta omaggia diversi dipinti di Dino Buzzati. Il dettaglio della piccola capannina vicino ai residui delle mura in rovina è preso dalla fotografia "Paesaggio d'Africa", scattata da Buzzati durante la sua permanenza in quel continente negli anni della Seconda Guerra Mondiale, e presente anche nel dipinto "I maghi d'autunno" (1970) sempre di Buzzati, da cui ho trovato ispirazione anche per la forma delle nuvole in diverse vignette.
La fortezza Bastiani è qui mostrata per la prima volta, e si può coglierne la forma e alcuni elementi che la caratterizzano, come la torre centrale, che subirà nel tempo delle modifiche, piccole ma costanti e a volte "contraddittorie", come a indicare che quella struttura è un personaggio a tutti gli effetti, e come ogni altro personaggio cambia con il trascorrere degli anni, sia nell'aspetto esteriore che al suo interno, a volte mostrandosi in un modo e a volte in un altro.
Il corvo posizionato su un ramo, nella parte bassa della pag. 23, ha un dettaglio anomalo: la sua ala destra è in una strana posizione e volevo suggerire che è spezzata, quindi la sua vita sarà legata per sempre a quel luogo, esattamente come accadrà da quel momento in poi a Giovanni Drogo.
- pag. 25 - Nella sequenza iniziale formata da tre vignette orizzontali, Drogo entra per la prima volta nella fortezza, ma pur se è lui a muoversi in realtà rimane fermo nello stesso punto e noi vediamo invece lo sfondo scorrergli dietro; una soluzione grafica che va a rappresentare metaforicamente quella che sarà la sua condizione nei tanti anni che passerà alla Bastiani: immobile in solo posto mentre il tempo (e la vita) gli passa accanto.
L'ombra che lo copre nella vignetta finale, va a indicare che la fortezza lo ha "catturato", facendolo passare dalla luce al buio.
- pag. 29 - Nella prima vignetta, le catene e la cancellata possono suggerire l'idea di una prigione, cosa che a volte la Bastiani sembra anche nel suo aspetto esteriore.
Nella seconda vignetta, l'immagine sulla parete dovrebbe essere la pianta dell'edificio ma rimanda all'idea di un labirinto.
Nella terza vignetta c'è un velato riferimento ad un particolare passaggio del romanzo; vediamo Drogo salire le scale a due gradini per volta, segno della sua vitalità, mentre, quando non riuscirà più a farlo, prenderà definitivamente coscienza che la giovinezza per lui è passata.
- pag. 30 - Nella prima vignetta, a sinistra è presente un pappagallo, un altro animale che, come il corvo, incarna diverse caratteristiche, tra cui quella del comunicare le proprie reali intenzioni e pensieri, a ponderare le parole per una comunicazione che non lasci spazio ai fraintendimenti (quello che sarà il dialogo tra il maggiore Matti e Drogo).
A destra c'è invece un mappamondo in cui si nota una grande isola che non dovrebbe esserci: quel luogo va a rappresentare la Bastiani, che appartiene a una dimensione altra, come la Neverland di "Peter Pan" o altri luoghi mitici, e come tale è entrata nel lessico comune, andando oltre il romanzo di partenza, e citata per definire tutte quelle situazioni senza uno sbocco, dove nulla sembra accadere.
Nella quarta vignetta si vede un orologio, dove le lancette dei minuti sono andate un po' avanti.
Nella quinta vignetta, nel quadro dietro le spalle di Drogo c'è la raffigurazione di Sisifo impegnato nel portare sulla cima della montagna una grande pietra come la punizione inflittagli da Zeus lo obbliga a fare quotidianamente, per l'eternità; una condizione divenuta simbolo di una ripetizione sfiancante dei giorni, e di una fatica immensa e inutile.
- pag. 34 - Nella terza vignetta si nota un dettaglio ripreso da "Il mio Sole, il tuo Sole" (2001) di István Orosz, dove ombre e prospettive vengono utilizzate in modo differente sulla stessa parete, illudendo l'occhio di chi guarda ma dando all'immagine un preciso significato: non sempre le medesime cose coincidono allo stesso modo per tutti, e un individuo, un avvenimento o un luogo potrebbe essere percepito in maniera del tutto differente in base a sensibilità o personalità, ingannando le nostre capacità di giudizio.
La meridiana dovrebbe poi essere presente all'esterno delle mura e non nei corridoi interni, e questo dettaglio va a suggerire che l'"anima" della Bastiani è complessa, come quella di ogni essere vivente.
Nella quarta vignetta è leggibile sul soffitto una massima di Publio Cornelio Tacito: "Anche negli individui più saggi, il desiderio della gloria è l'ultimo a venir meno", che si sposa perfettamente con gli obiettivi che si pongono i soldati che popolano la fortezza.
- pag. 35 - L'intera tavola è dedicata a come Drogo viene "osservato" dalla Bastiani: il nuovo arrivato subirà presto la sua malia.
Nella terza vignetta si vede Drogo camminare il senso contrario rispetto ad un piccolo drappello di soldati: l'immagine indica che il suo passo è per ora diverso da quello degli altri suoi futuri compagni (qui rappresentati senza testa, quindi senza pensiero), ma da lì a poco si adeguerà anche lui a quell'ambiente e ai suoi ritmi.
- pag. 36 - Nella prima vignetta, sul muro scrostato si può notare una sorta di cerchio che circonda la finestra della stanza di Drogo; un nuovo, per quanto vago, richiamo all'Uroboro.
In ogni alloggio o ufficio destinato agli ufficiali è presente un'immagine, spesso un quadro, che ne rappresenta il carattere o la loro condizione alla fortezza, e qui, nella seconda vignetta, vediamo Morel, l'amico e collega di Drogo, che ha spostato un pesante panno in velluto per vedere il quadro che c'è sotto; nella terza vignetta si vede solo l'angolo della cornice, ma non il soggetto rappresentato sulla tela: è un rimando a "Giovane donna mentre legge una lettera" (1663) di Gabriel Metsu, ma in quel caso una parte del quadro celato è però visibile e si nota un mare in tempesta, a simboleggiare il turbamento che assale la ragazza intenta a leggere la lettera che le è appena giunta.
In un'altra scena, sarà il capitano Ortiz a spostare il panno sul quadro nella stanza di Drogo, ma non sarà mai mostrato nel dettaglio e ogni lettore può decidere da sé il soggetto di quel dipinto.
Nella stanza è visibile ancora un manichino, che, come detto, sarà una sorta di elemento simbolico della permanenza di Drogo alla Bastiani.
Nella quarta vignetta, la piantina ormai morta va a sottolineare ulteriormente il rischio del protagonista di veder appassire la sua vita tra quelle mura.
- pag. 41 - Come evidenziato all'inizio, oltre gli orologi e le clessidre, anche le candele hanno la funzione di suggerire il passare del tempo, ma non solo; nel loro lento consumarsi si può intuire il futuro di alcuni personaggi, come quello di Angustina nella quinta vignetta, dove la candela che si è appena spenta rappresenta la sua situazione fisica, ormai precaria, e il destino infausto che lo attende.
- pag. 43 - Un quadro visibile e "destinato" a Drogo c'è comunque nel volume, ed è quello nella quarta vignetta; si intitola "La sera" o "Le illusioni perdute", ed è un'opera di Charles Gleyre realizzata verso la metà dell'800, in cui è raffigurata una grande barca che si allontana dalla riva con a bordo delle figure festanti, mentre in primo piano, sul bordo del porto, si trova un uomo maturo, seduto, evidentemente stanco, che osserva passare davanti a sé quell'imbarcazione che ai suoi occhi rappresenta tutte le occasioni che non ha colto, ovvero proprio il destino che segnerà l'esistenza del protagonista de "Il deserto dei Tartari".
- pag. 44/45 - Tra i vari elementi già presentati e che si ritrovano nella pagina 44 ci sono la candela e il libro (vig. 3), la sfera con il Triscele (vig. 6), mentre nella vig. 5, oltre l'orologio, la sfera e il manichino, si vedono anche due spade incrociate, che vanno a formare una sorta di X: quella lettera è da sempre il simbolo di qualcosa di misterioso, segreto o inspiegabile, come il rumore della goccia che Drogo sente cadere, ma di cui non capisce l'origine (e né cosa rappresenta).
Nella vig. 8, sull'orologio si nota ancora l'Uroboro, stavolta a forma circolare, mentre le decorazioni sulla parte superiore stanno a indicare le tre fasi del Sole durante la giornata: alba, pomeriggio e tramonto (metafora delle tre età dell’Uomo, come nelle righe del Triscele).
Sono diverse e ingegnose le forme utilizzate da Dino Buzzati per suggerire ai suoi lettori l'inesorabile scorrere del tempo tra le pagine de "Il deserto dei Tartari".
A volte si ha la sensazione che quel tempo non passi mai o che trascorri lentamente, ma in altre invece avanza di colpo, e interi anni, anche decenni, volano via, senza accorgersene, come se fossero un vago rumore di fondo, magari anche fastidioso, ma a cui si arriva per farci l'abitudine.
Come per una goccia che picchietta regolarmente su una superficie: si nota appena, e per la ripetitività del suono che produce alla fine ci si adatta e lo si dimentica in fretta; lo si fa anche con i giorni che passano, un aspetto della vita che difficilmente si considera nella quotidianità, a meno che ci sia un evento a cui noi diamo particolare importanza.
Anche nel volume a fumetti è ovviamente presente il dettaglio della goccia che cade e che tormenta Drogo la prima notte passata alla fortezza Bastiani, a cominciare da queste due pagine, e verrà poi riproposto in diverse altre occasioni, dopo particolari eventi che segneranno la vita del protagonista.
- pag. 48 - Nella piccola libreria presente nella prima vignetta si nota la costa di un libro che riporta il titolo "Nankurunaisa": non è una vera e propria parola ma una sorta di proverbio giapponese che sostanzialmente vuol dire "Comportati come dovresti e in qualche modo vedrai che tutto andrà bene", oppure "Ogni cosa ha il suo tempo per dare i suoi frutti", un incoraggiamento a credere nella nostra capacità di poter cambiare la vita in meglio.
Ovvero tutto quello a cui Giovanni Drogo ha deciso di aderire con ogni fibra di sé, anche contro ogni pronostico, senso e logica.
Solo il tempo potrà dire se le sue scelte saranno state vane o meno, e la Nankurunaisa più un insegnamento o una beffa.
- pag. 49 - Nella prima vignetta si notano ancora il libro di Drogo (sul letto) e una sfera (sulla piccola libreria a destra).
- pag. 51 - Nell'ultima vignetta si legge una scritta su un muro; fa riferimento a un passaggio biblico dove questa domanda, "Shomèr ma mi-llailah?" ("Sentinella, quanto resta della notte?"), riceve questa risposta: "La notte sta per finire, ma il giorno non è ancora arrivato. Comunque tornate e domandate".
Un'incertezza che sembra definire l'eterna condizione dell'Uomo, sempre in bilico, ma l'importante è proprio tornare, chiedere infinitamente, anche con la consapevolezza che non si potrà mai sapere.
L'essenziale è che le domande non manchino, come un prezioso sintomo di vitalità umana, del non stancarsi di conoscere.
Tutte cose, queste, da me apprese grazie all’omonimo e bellissimo brano di Francesco Guccini uscito nel 1983.
- pag. 56 - Nella prima vignetta si nota, oltre la clessidra e l'orologio, anche una stampa dove è rappresentata una delle illustrazioni realizzate da Francisco Goya per il ciclo "I disastri della guerra" (1810-1820), e per la precisione la n. 69, intitolata "Nada": nel fondo scuro si intravedono dolenti volti e tetre figure umane, mentre dalla terra emerge un cadavere che prova a spostare la lastra della sua tomba, stringendo un cartiglio con scritta la parola "Nada" (Niente), come a dire che la guerra e la morte non sono servite a nulla: nell'aldilà c'è solo il vuoto.
Una sfiducia verso l'impresa militare che è presente anche nel personaggio di Lagorio, che qui annuncia a suoi amici di aver deciso di lasciare la Bastiani.
- pag. 63 - Nella prima vignetta vediamo l'unico albero presente nella fortezza; un dettaglio utile per mostrare graficamente le stagioni che passano.
L'albero è circondato da una decorazione che ha la forma di un serpente stilizzato; un dettaglio ripreso da un rilievo che raffigura il dio Fanete (Colui che mostra), da cui il serpente si è generato.
- pag. 64 - Nell'ultima vignetta, sulla parete si intravede uno dei disegni fatti da Buzzati per il "Babau" (fine anni '60), uno dei suoi racconti più dolci e delicati, ma allo stesso tempo uno dei più amari.
In primo piano si vedono due libri, "Alice nel Paese delle meraviglie" di Lewis Carroll e "Pinocchio" di Carlo Collodi, che hanno come protagonisti due bambini che si confrontano con un mondo onirico ma ostile, come farà il piccolo Drogo da lì a poco.
- pag. 65 - L'immagine nell'ultima vignetta può richiamare alla mente alcune illustrazioni e dipinti di Léon Spilliaert, con le sue atmosfere sospese, sfuggenti e inquietanti. - pag. 66 - Nella prima vignetta, in cima all'arco che sovrasta la strada si legge: "Effimere e senza valore sono le cose umane", un passaggio di un testo di Marco Aurelio tratto da "Pensieri" (166/169 d.C.) - pag. 68 - Nella prima vignetta, nella libreria in primo piano si intravede un libro intitolato "Per aspera ad astra", una nota incitazione che potrebbe sottolineare l'obiettivo che si pone Drogo e che si collega, in maniera beffarda, al finale del romanzo, dove all'invecchiato protagonista resterà solo "un'ultima porzione di stelle".
Nello stesso punto della stessa vignetta è presente anche una clessidra evidentemente rotta.
- pag. 73 - In primo piano nella prima vignetta si vede una scultura raffigurante il Giano bifronte, la divinità in grado di vedere sia il passato che il futuro.
- pag. 75 - Nella seconda vignetta, alla parete si nota un quadro che raffigura il re di Troia, Priamo, mentre si prostra davanti ad Achille per chiedere la restituzione del corpo di suo figlio, rinunciando ad ogni residuo d'orgoglio (il dettaglio si vede meglio nella prima vignetta di pag. 76).
Il senso dell'immagine si collega alla confessione che Morel fa a Drogo, in cui racconta l'umiliazione subita.
- pag. 77 - Nella vig. 4, nell'ufficio del dottor Rovina si può notare una delle maschere a forma di becco usate durante il Medioevo per proteggere i medici che cercavano di curare la peste (nel becco erano contenute essenze aromatiche e paglia, che si pensava potessero agire da filtro per impedire il passaggio degli agenti infettanti), a suggerire che il luogo dove è presente la Bastiani non è del tutto salubre.
Nella vig. 5, nell'ufficio del colonnello Fillmore si vede un quadro raffigurante Napoleone in esilio all'isola di Sant'Elena (dettaglio che va a rappresentare proprio la condizione del colonnello alla fortezza).
- pag. 78 - Nella prima vignetta si possono vedere i titoli di due poemi epici della mitologia e religiosità indiana: il "Bhagavadgītā" e "Mahābhārata".
Come per il riferimento all'"Iliade" nella pag. 75, nel sviluppare il volume ho preferito evitare di inserire direttamente dei precisi simboli religiosi, anche per suggerire (molto vagamente) che nessuno dei personaggi crede in una esistenza dopo la morte e che il loro unico obiettivo è di trovare la gloria nella vita terrena, ma ci sono invece occasionali accenni a varie religioni e antiche mitologie che trattano questioni legate alla guerra.
- pag. 80 - Nella vig. 7, nella stanza destinata Drogo alla ridotta si nota un quadro in cui è rappresentato "In vedetta" (o "Il muro bianco", 1872) di Giovanni Fattori, un'immagine che è stata spesso associata a "Il deserto dei Tartari" di Dino Buzzati.
- pag. 91 - Nella prima vignetta, l'inquadratura dall'alto richiama il quadrante di un orologio, e l'uomo e il cavallo fanno quindi da "lancette".
- pag. 92 - Nella terza vignetta si vede ancora un orologio, con i minuti che stanno inesorabilmente avanzando di nuovo verso le 12.
- pag. 93 - Nella terza vignetta è presente la sfera con il Triscele.
- pag. 95 - Nella seconda vignetta, sul muro a sinistra si intravede il quadro "Viandante sul mare di nebbia" (1818) di Caspar David Friedrich.
Nella quinta vignetta, nel quadro sulla parete è rappresentata, ovviamente in maniera estremamente sintetizzata, l'immagine scelta per il manifesto del film "Il deserto dei Tartari" (1976) di Valerio Zurlini.
- pag. 103 - L'incisione sulla cornice dello specchio indica: "Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem" (Ora vediamo le cose attraverso uno specchio, per enigmi, ma un giorno le vedremo faccia a faccia), tratta dalla Lettera di Paolo di Tarso ai Corinti, 13,12, una riflessione sui limiti della conoscenza umana per tutto quello che riguarda la morte.
Il testo si abbina allo stato d'animo di Drogo, che ha appena appreso la notizia della scomparsa di Angustina. - pag. 104 - nelle vignette 7 e 8, il capitano Ortiz sposta il velo che copre il quadro presente nella stanza di Drogo e lo osserva, un rimando, come detto in precedenza, alla scena di pag. 36. - pag. 106 - Nella quinta vignetta c'è un mio personalissimo omaggio a Hugo Pratt, non tanto a un suo lavoro quanto a una sua affermazione, in cui diceva che "avrebbe voluto rappresentare tutto con una sola linea".
Nella vig. 6 c'è invece una citazione al sonetto "Ozymandias" (1818) di Percy Bysshe Shelley, in cui si parla di un viandante che, nel deserto, si imbatte nelle rovine di una immensa statua: tutto ciò che rimane di un grande imperatore lo si legge sul piedistallo, in cui un severo monito recita: “Il mio nome è Ozymandias, il Re dei Re: guardate alle mie opere, o potenti, e disperate!”, ma niente è invece rimasto di quell'uomo vanitoso e megalomane.
Il messaggio che Shelley vuole comunicare è che questo è il destino che spetta a tutti i tiranni della terra, per quanto si credano potenti, ma è lo stesso che tocca anche per quelli "minori", gli arroganti che si incontrano quotidianamente e in ogni ambito: la loro ricerca della gloria sarà inutile e verrà inevitabilmente cancellata dal tempo, prima o poi.
- pag. 107 - Nell'ultima vignetta è presente una gazza ladra, un animale comunemente associato a elementi sia positivi che negativi, ma che, se raffigurata da sola, nella storia dell'arte è stata spesso accostata al concetto di un presagio di morte, come in "Ritratto di Manuel Osorio Manrique de Zúñiga" (1787 circa) di Francisco Goya.
- pag. 108 - Nella prima vignetta è presente un lunghissimo tavolo sostenuto innaturalmente da una sola gamba posta al centro; il dettaglio rimanda a un altro dipinto di Goya e intitolato "La famiglia dell'Infante Don Luis di Borbone" (1783/'84), dove l'unica gamba del tavolo va a rappresentare la forte precarietà della situazione.
- pag. 109 - Nelle inquadrature delle vignette 3 e 5 si notano delle candele, tre a testa sia per Drogo che per sua madre: simboleggiano ovviamente il tempo che resta loro da vivere, e se per Drogo ce ne sono ancora due da consumare, per sua madre il tempo è finito.
- pag. 110 - La presenza delle stelle è uno dei molteplici elementi che vanno a comporre il complesso mosaico di elementi assemblato da Dino Buzzati ne "Il deserto dei Tartari".
In diversi punti del romanzo, una stella fa capolino nella vita del tenente Drogo, e questo succede anche nel toccante finale, citato già in precedenza.
Come in altri casi, anche questa tavola non era presente in sceneggiatura ed è stata aggiunta dopo una chiaccherata tra me e Michele Medda, motivata dal fatto che volevo dilatare un po' la permanenza di Drogo nella casa di famiglia dopo esserci tornato a distanza di molti anni e durante una licenza.
Il momento lo ritrae di sera, nella stanza in cui è cresciuto, fra oggetti a lui cari, mentre osserva il cielo oltre la vetrata.
Si gira proprio prima che una stella cadente si mostri nel buio, quindi gli viene negata la possibilità di esprimere un desiderio (abitudine normalmente collegata a quegli avvenimenti), cosa che avrebbe di sicuro fatto, perché pur se la malia della fortezza Bastiani risuona forte in lui, forse, in quel momento, poteva ancora opporre qualche resistenza e magari l'incontro successivo con Maria sarebbe andato diversamente.
Il destino però gli ha riservato un'altra strada.
Quel dettaglio me lo hanno evocato due canzoni in particolare: "Stelle" (1996) di Francesco Guccini, e "La cometa di Halley" (2010) di Francesco Bianconi, che in quel periodo stavo riascoltando con una certa frequenza e di cui poi presi alcuni appunti.
Nella tavola tornano diversi elementi, come il manichino e la sfera con il Triscele, ma soprattutto, nella composizione presente nella seconda vignetta, viene indicato che la vita precedente di Drogo, rappresentata dai libri che leggeva da ragazzo, è passata definitivamente, come suggerisce la clessidra (il tempo) posta su di essi, come a chiuderli per sempre.
- pag. 111 - Nella quarta vignetta c'è un riferimento a una celebre foto di Gerardo Colombi, dove si vede il ponte Medici o di San Marco sul naviglio della Martesana di Milano prima del marzo 1929.
- pag. 112 - Nella terza vignetta, la pozzanghera sulla strada ricorda la forma di una clessidra: intorno ai personaggi il tempo passa sempre e comunque, inesorabilmente.
- pag. 114 - La tavola è un mio sentito omaggio ai lavori di Gianni De Luca, in particolare alle sue versioni a fumetti delle opere di William Shakespeare, dove realizzava a tutta pagina dei veri e propri set in cui poi faceva muovere i personaggi in sequenza.
Il nome di De Luca è visibile nella targa della via a destra, appena sotto il lenzuolo steso.
Sulla sinistra si vedono invece delle barche capovolte e con la prua puntata verso i personaggi: sono un rimando a "Le tre età dell'uomo" (1835) di Caspar David Friedrich, in cui la prua di una barca capovolta "indica" il personaggio più anziano nel dipinto, andando a rappresentare la sua bara.
Il nome di Friedrich lo si intravede nella targa in primo piano sulla sinistra.
Il negozio di burattini e maschere è invece un riferimento alla condizione dei due personaggi in campo.
I due gatti presenti nella tavola sono, per il diverso colore che hanno, simboli sia positivi (vita, fertilità, speranza) che negativi (morte, sventura).
Il gatto nero è abbinato a Drogo, ovviamente, e il bianco a Maria.
L'uomo seduto vicino ai gatti ricorda un po' il misterioso guidatore della spettrale carrozza che appare per la prima volta a pag. 65, ma è solo una velata suggestione, per indicare che il mondo dei sogni e quello della realtà sono spesso indecifrabili, possono risultare confusi e anche mescolarsi.
- pag. 115 - Nella prima vignetta, le posizioni dei contadini impegnati nella raccolta sono prese da "La raccolta delle mele" (1888) di Camille Pissarro.
- pag. 118 - Tavola puramente grafica che simboleggia il tempo che impiega Drogo a tornare alla Bastiani.
Anche questa tavola non era prevista ma è nata per sottolineare un particolare momento e la condizione di solitudine che, in un modo o in un altro, Giovanni Drogo si trova ad affrontare, per scelte sue, casualità o, per chi ci crede, gli strani giochi del destino.
La soluzione di utilizzare solo delle silhouette è ripresa dal volume "Cinderella" illustrato da Arthur Rackham, e un esplicito rimando a quel lavoro di Rackham lo fece anche Hugo Pratt all'inizio della storia di Corto Maltese intitolata "Burlesca e no tra Zydcoote e Bray-Dunes".
Le vignette contengono alcuni spunti narrativi e visivi: nella vig. 2, la barchetta di carta che si arresta sulla riva è un rimando a "Il battello ebbro" di Arthur Rimbaud, in cui si narra metaforicamente la vita di un uomo e le sue illusioni, mentre nella terza vignetta, tra i rami dell'albero a destra si intravede il volto di Dino Buzzati realizzato con la tecnica dell'illusione ottica.
Si vedono poi ancora i corvi e le immancabili "porzioni di stelle".
Qui ci si tiene a distanza dal personaggio in campo per indicarne il suo più completo isolamento, anche se si possono immaginare le sue espressioni, di sicuro il suo stato d'animo.
E' uno dei mesti ritorni di Drogo alla Bastiani dopo essere stato in città, luogo che non sente più suo ma che comunque gli genera sensazioni difficili da decifrare, come se non avesse più un posto nel mondo, e neanche nell'odiata e amata fortezza starà poi per sempre.
- pag. 122 - L'intera tavola va a suggerire il tempo che passa e dove nulla accade.
Qui arriva il netto rimando a come Drogo non riesca più a salire le scale di corsa, come invece accadeva al suo arrivo alla Bastiani.
La striscia finale dove, in mezzo ai fiocchi di neve si vedono anche i numeri dei giorni che compongono un mese, è ispirata ad un passaggio di una lettera scritta da Primo Levi a Mario Rigoni Stern in cui si legge: "Come me, hanno tollerato la vista di Medusa, che non li ha impietriti. Non si sono lasciati impietrire dalla lenta nevicata dei giorni"; Levi faceva riferimento all'esperienza della guerra e dell'internamento, ma per Drogo e i suoi compagni alla Bastiani accade il contrario, e la Fortezza agisce come Medusa su di loro.
- pag. 134 - Nella quarta vignetta è presente un dettaglio (il teschio nella fiamma della candela) tratto da "Reading Moth by Candlelight" di Fritz Schwimbeck.
- pag. 135 - Nella prima vignetta si nota il numero della stanza di Drogo alla fortezza Bastiani: è il 101.
Quel numero possiede diverse caratteristiche ed è abbinato a molteplici significati, tra cui rappresentare dei nuovi inizi per un individuo, una crescita personale, l'essere comprensivo, resistente, positivo, ma quel numero rappresenta anche la dualità, la presenza di due numeri uguali amplificati dal numero 0, aspetto che rende le persone di questo numero eternamente indecise, perché portate a vedere il doppio aspetto di ogni cosa, quindi anche se tendono alla positività, possono essere vittime dell'emozione opposta e soccombere a pensieri negativi, temere i cambiamenti, essere eccesivamente dipendenti da situazioni assodate e non valutare di chiedere un sostegno in caso di bisogno.
Il 101 era il numero anche della stanza più temuta dai personaggi di "1984" di George Orwell, o quello della stanza del protagonista del film "Matrix": nel primo caso quel luogo rappresentava l'esasperazione delle paure più profonde, nel secondo la necessità di un radicale cambiamento.
Per Drogo, quella stanza sarà il simbolo del suo stato di solitudine, nonostante i tanti soldati presenti alla fortezza, e il posto dove farà maturare tutte le decisioni per il futuro, che lo spingeranno a restare lì, senza tentare nessuna altra strada nella sua vita.
- pag. 137 - Nella prima vignetta è presente un accenno a "Ed è subito sera" (1930) di Salvatore Quasimodo.
- pag. 138 - Durante la lavorazione del volume, io e Michele Medda ci siamo posti il problema di come far intendere graficamente il passare del tempo, cercando soluzioni adeguate alla narrazione.
Michele aveva già previsto in sceneggiatura delle pagine mute in cui questo aspetto era considerato, ma, da un certo momento in poi, cominciai a mandargli alcuni layout di tavole, sempre senza testo, per dilatare alcune sequenze o passaggi già presenti del racconto e altri da dedicare esclusivamente alla questione del tempo, in modo da comunicare a livello visivo ai lettori delle precise sensazioni, magari delle emozioni, nel migliore dei casi.
I bozzetti non furono pochi, ma diversi di questi vennero subito recepiti da Michele, come quello riguardante la tavola in questione (e altre che ho già indicato), che è stata collocata non certo casualmente in questo punto, narrando uno dei ritorni di Giovanni Drogo alla fortezza dopo un avvenimento particolarmente doloroso per lui.
Nelle tre vignette che la compongono volevo che un ruolo predominante lo avesse il silenzio che avvolge il protagonista, immerso come è nei suoi pensieri mentre cerca di mettere in ordine idee confuse, ma centrale è e resta sempre anche la questione del tempo, qui costantemente presente, a indicare in qualche modo quello che si è perduto, che non tornerà mai più, sottolineato da ogni elemento inserito: l'orologio rotto e senza lancette (come ne "Il posto delle fragole" di Ingmar Bergman), le casse con le clessidre abbandonate e infrante (un rimando a "I giorni perduti", un racconto di Dino Buzzati uscito nel 1971), i fossili nella roccia (un tempo immenso e remoto); e tutto questo appare in luoghi in cui il cavaliere si muove lentamente ma senza mai fermarsi, uscendo per sempre dal mondo in cui è nato e rientrando in via definitiva in quello che gli appartiene ora, noto come il deserto dei Tartari.
- pag . 140 - Nella prima vignetta, al centro dell'immagine, è presente un rimando al dipinto "Uncle Tom" (1857) di Edwin Landseer: il cane è da sempre un simbolo di fedeltà, e in questo caso rappresenta quella del personaggio di Simeoni verso l'esercito e l'Impero. - pag. 142/144 - Lo stile grafico usato per rappresentare i flashback presenti in queste pagine è ispirato a un disegno di Dino Buzzati visibile in "Album Buzzati" (2006). - pag. 150 – Nell'ultima vignetta, la nuvola a sinistra ricorda la forma di una clessidra. I corvi restano testimoni immancabili degli avvenimenti che segnano la vita di Drogo. - pag. 152 - Nella seconda vignetta, sulla sinistra si vede il Triscele, mentre a destra il dettaglio dei doppi occhi riflessi nello specchio rimandano a "Il suo amore si chiama Eura", un surreale ritratto fatto da Buzzati a sua moglie Almerina e apparso in "Poema a fumetti". Nella quarta vignetta si trovano riferimenti a "L'estate o allegoria dei cinque sensi" (1633) di Sebastian Stoskopff, come lo specchio con un'anta chiusa (la transitorietà della bellezza), la presenza di una scacchiera, dei dadi e della frutta (che richiamano il tatto e il gusto), e infine un fiore (l'odorato), questo ripreso però ripreso da "Le vanità" (o "Natura morta con teschio", 1871) di Philippe de Champaigne, come anche la clessidra sul mobiletto vicino al letto. - pag. 158 - Nella quarta vignetta, nella cornice presente nell'alloggio di Drogo e fino ad ora mai messa in primo piano, si legge un passaggio tratto da "Lettere a Lucilio" (62/65 d.C.) di Seneca. - pag. 160 - Nel quadretto presente sopra il manichino nella seconda vignetta, si intravede ancora l'Uroboro, sempre in forma circolare. Il tempo di Drogo si sta concludendo. - pag. 161 - Nella quarta vignetta si nota una botola aperta; è un rimando a un finale alternativo a quello del romanzo, scritto da Buzzati per una possibile versione cinematografica ma poi mai utilizzato, in cui si vedeva Drogo caderci dentro e lì morire. - pag. 163 - Nella seconda vignetta ci sono due elementi - l'orologio e il letto con la coperta a righe - tratti da "Tra l'orologio e il letto" (1940/'43) di Edvard Munch, un suo ennesimo autoritratto. Nel quadro si rappresenta come un uomo anziano (verrà a mancare nel 1944, a 80 anni), tra un orologio (a simboleggiare l'inevitabile passare del tempo) e un letto (dove si sdraierà per l'ultima volta), mentre dietro di lui si vede una stanza piena di luce e dipinti (il suo passato). - pag. 164 - Il simbolo presente nella cornice sul divano è un ideogramma giapponese che significa eternità.

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