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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

Settima arte (10): "Jin-Roh" di Hiroyuki Okiura (1999)

Aggiornamento: 28 apr

Video, immagini e brevi informazioni su film e documentari che hanno segnato la storia del cinema (o solo il mio immaginario)

"Jin-Roh - Uomini e lupi" di Hiroyuki Okiura ("Jinrō" - Giappone - 1999)


Soggetto e sceneggiatura: Mamoru Oshii (e Satoshi Kon, non accreditato).

"Noi siamo lupi travestiti da esseri umani." (da "Jin-Roh" - 1999)


"Lupus est homo homini"/"L'uomo è lupo per l'altro uomo." (Tito Maccio Plauto - "Asinaria" - 206/211 a.C.)


"In una Tokio grigia e corrosiva, stretta nella morsa della crisi economica e delle agitazioni politiche e sociali, gli agenti della DIME, il corpo speciale della Divisione di Pubblica Sicurezza Metropolitana - soprannominati Kerberos, per lo stemma del cane infernale a tre teste che portano sulle loro lugubri armature -, sono arrivati al termine del mandato. Prima devono però concludere un'ultima missione: reprimere quello che resta de La Setta, un nucleo di terroristi. Durante un'azione finita male, un membro della DIME, Fuse Kazuki, entra in crisi dopo aver assistito al suicidio di un "cappuccetto rosso", una giovane terrorista. Fuse si sente ora smarrito, incapace di dare un senso alla sua vita, e l'attrazione che sente per Kei, la sorella della ragazza che si è tolta la vita, lo porterà davanti ad una difficile scelta: sottostare agli ordini del potere, diventando uno dei tanti lupi del branco, o ribellarsi e cercare di conservare un briciolo di umanità, mettendo però a rischio la sua vita?"


"Jin-Roh" è un film d'animazione scritto da Mamoru Oshii (1951), il celebre regista e sceneggiatore di titoli come "Ghost in the shell", "Ghost in the shell: Innocence", "L'Uovo dell'angelo" o "Avalon" (quest'ultimo girato completamente in live-action). Dopo anni di intenso lavoro (il progetto ha avuto molti cambiamenti, ripensamenti e riscritture in corso d'opera), il film esordisce nei cinema giapponesi nel 1999, ottenendo da subito un forte riscontro di pubblico e critica. Io non posso certo definirmi un appassionato di manga o anime, a parte davvero per poche eccezioni, ma verso i lavori di questo regista ho da sempre un'attenzione assoluta; Oshii è un autore raro, che tratta temi difficili in maniera mai banale (molti film da lui firmati lo confermano, compreso uno degli ultimi, "The Sky crawler", che ha vinto, tra le altre cose, anche il Future Film Festival di Venezia nel 2008). Ogni suo lavoro direi che merita attenzione e non pochi suoi titoli hanno lasciato il segno.

Alla sceneggiatura collabora, non accreditato, anche Satoshi Kon, che è stato uno dei maggiori registi, sceneggiatori, character designer e fumettisti giapponesi, emerso con opere di assoluto pregio come "Perfect Blue", "Millennium Actress" o "Paprika" e prematuramente scomparso nel 2010, a soli 47 anni. Per lo stile grafico con cui tratteggiava i personaggi e il modo in cui li faceva esprimere, nei suoi film Kon ha sempre puntato verso una loro rappresentazione realistica, tuttavia il suo vero interesse consisteva nel "ritrarre il momento in cui i paesaggi e le persone che sembrano reali si rivelano improvvisamente fantastiche", ed è questo il motivo che lo spinse verso l'animazione. E' innegabile però che proprio la sua particolare abilità nel mettere in scena un mondo credibile lo ha fatto scegliere da autori come Katsuhiro Ōtomo e Mamuro Oshii per collaborare ad alcuni loro progetti.


Quella raccontata nel film è una vicenda particolarmente intensa, cupa e drammatica, non certo pensata per un pubblico adolescenziale, ed è ambientata a Tokio, in quelli che sembrano gli anni '60 ma di una realtà diversa, parallela alla nostra, dove la Germania pare aver conseguito la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale (la cosa non viene mai davvero chiarita nella pellicola) e ora la sua influenza, sia a livello militare che culturale, si fa sentire anche sul paese nipponico (che qui evidentemente non è stato un alleato dei tedeschi), uscito più malridotto dal conflitto e dove miseria, degrado urbano, criminalità organizzata e rivolte antigovernative sono all'ordine del giorno. "Jin-Roh" contiene parecchi dettagli inerenti a temi politici che negli anni '60 e all'inizio degli anni '70 pesavano non poco nella quotidianità giapponese. In risposta alle leggi repressive del governo, nel film si vedono emergere gruppi di rivoltosi che tentano di ostacolarle; in quel periodo in Giappone vi furono in effetti molte proteste studentesche condotte principalmente - ma non esclusivamente - dai rappresentanti della sinistra politica, e incentrate soprattutto sul "Trattato di mutua cooperazione e sicurezza tra gli Stati Uniti e il Giappone", che rendeva il Paese del Sol levante (in giapponese "Nihon" o "Nippon" , ovvero "origine del Sole"; si tratta di un nome dato dai cinesi, rispetto ai quali il Giappone si trova a est, cioè nella direzione in cui sorge il Sole) fin troppo dipendente dagli americani, ma anche per chiedere più servizi alle classi sociali disagiate, migliori condizioni di lavoro e salari adeguati: a uno di questi movimenti, l'ANPO Hantai, aderirono, oltre a Oshii, anche altri due futuri esponenti di rilievo dell'animazione giapponese: Hayao Miyazaki e Isao Takahata, fondatori tempo dopo del celebre Studio Ghibli. Numerose contestazioni vertevano poi sulla decisione del governo di non rispettare l'articolo 9 della costituzione che impediva la formazione di un nuovo esercito, cosa che i movimenti antimilitaristi dell'epoca temevano potesse portare ad un nuovo stato totalitario, ovvero proprio quello che viene raccontato in "Jin-Roh", dove al comando c'è un governo fortemente militarizzato e assoggettato ad una potenza straniera (qui di origine nazista). Nel film ci sono poi anche altri riferimenti a quel periodo, come alla figura di Inejirō Asanuma, leader del partito socialista nel 1960 e assassinato lo stesso anno durante un dibattito politico trasmesso in diretta televisiva, oltre ad alcune celle terroristiche di estrema sinistra (tipo la Nihon Sekigun, o Armata rossa giapponese) e di estrema destra (Uyoku dantai), rappresentate dagli autori con l'organizzazione chiamata la Setta (di cui non viene specificata l'ideologia seguita, ma che sembra ben lontana dall'apparire come una forza salvifica, visto che i suoi componenti non si fanno troppi scrupoli morali), e non è un caso che nella Setta si usino armi di origine russa o americana mentre i rappresentanti delle forze armate governative abbiano a disposizione pistole e mitragliatori tedeschi, e che le loro uniformi corazzate ricordino molto quelle del Terzo Reich. "Jin-Roh" offre una versione ucronica di quella situazione politica, ma è anche un'allegoria di una certa indole del popolo giapponese, dove la mancanza di opposizione al potere è raffigurata dall'incapacità del protagonista del film di separarsi dal gruppo al quale appartiene, descrivendo dunque sia una critica al Giappone come società conformista che rigetta il cambiamento anche quando il momento è favorevole, che all'immobilismo del singolo individuo, in tal senso comunque responsabile della situazione imperante.


Come detto, Mamoru Oshii si è occupato solo della sceneggiatura (basata sulla "Kerberos saga", un vecchio progetto da lui ideato nel 1986, sviluppato inizialmente in riduzioni radiofoniche e poi in varie direzioni, tra film, anime e manga), lasciando la regia a uno dei suoi più capaci allievi, Hiroyuki Okiura, che svolge un eccellente lavoro per quanto la pellicola resti fortemente condizionata dalla presenza di Oshii - a cominciare dall'atmosfera, dal ritmo narrativo inconfondibile, dalla cura che riserva alle psicologie dei vari personaggi, anche quelli di secondo piano, e da una filosofia di fondo che contraddistingue tutti i suoi lavori (e da sempre piuttosto pessimista sulla natura umana: Jin-Roh significa all'incirca uomini-lupo, ma non certo nel senso dei licantropi quanto più per quell'indole aggressiva e predatoria che l'essere umano manifesta costantemente verso i suoi simili) - , e anzi, per Oshii questo è uno dei suoi film simbolo, che avrebbe voluto dirigere lui stesso (non poté farlo per questioni contrattuali, che lo legavano ad altri progetti), ma per cui rimase profondamente commosso dal risultato arrivato sullo schermo. Un ulteriore segno dell'attenzione che questo autore ha per le sue storie e per il suo pubblico è anche la presenza nel film della sorprendente versione della favola di Cappuccetto rosso (a cui il manifesto fa chiaramente riferimento), che pur se è parte del patrimonio culturale di noi occidentali, è entrata nel nostro immaginario comune in maniera molto edulcorata, ben lontana dalla storia originale, mentre in "Jin-Roh" ne viene ripreso il lato più oscuro. Una colonna portante della trama diventa quindi questa versione della fiaba: "C’era una volta una bambina che non vedeva sua madre da sette anni. Era stata costretta a vestirsi con abiti di ferro e le era stato detto: "Quando consumerai questi vestiti potrai andare da tua madre".

Così la bambina sfregava continuamente le sue vesti contro il muro cercando disperatamente di romperle.

Quando infine le spezzò, si procurò del latte e del pane, e anche del formaggio e del burro, e si mise in cammino per raggiungere la casa di sua madre.

Una volta nel bosco incontrò un lupo, che le chiese gentilmente: "Cosa porti nel cestino?"

- "Latte e pane, e anche un po’ di formaggio e di burro", rispose lei.

E allora il lupo disse: "Non me ne daresti un po’?".

Ma la bambina rifiutò, dicendo: "Non posso, è un regalo per la mia mamma".

Il lupo allora le chiese se avrebbe preso il sentiero degli spilli o il sentiero degli aghi. Quando lei rispose che avrebbe preso il sentiero degli spilli, il lupo si precipitò sul sentiero degli aghi, e arrivato alla casa divorò la mamma della bambina.

Alla fine anche la bambina giunse alla casa.

- "Mamma, aprimi", disse la bambina.

- "Spingi la porta, non è chiusa a chiave", rispose il lupo.

Ma l’uscio non voleva aprirsi, così la bambina entrò in casa attraverso un buco.

- "Mamma, sono affamata", disse.

- "C’è della carne nella credenza, mangiane un po'", le suggerì allora il lupo.

Era la carne di sua madre, che il lupo aveva ucciso.

Un grosso gatto balzò sulla credenza e disse: "Quella che mangi è la carne di tua madre".

- "Mamma, un gatto dice che sto mangiando la tua carne".

- "E’ una bugia, ovviamente. Tiragli addosso uno zoccolo".

Dopo aver mangiato la carne, la bambina ebbe sete: "Mamma, ho sete", disse.

- "Bevi del vino dalla caraffa", rispose il lupo.

Quando lei lo fece, arrivò un uccellino e si posò sul bordo del camino: "E’ il sangue di tua madre che stai bevendo. Stai bevendo il sangue di tua madre", disse.

- "Mamma, c’è un uccellino appollaiato sul camino e dice che sto bevendo il tuo sangue”.

- "Gettagli addosso il tuo mantello".

Dopo aver mangiato la carne e bevuto il vino, la bambina disse: "Mamma, ora mi è venuto un gran sonno".

- "Vieni qui e riposati".

La bambina si spogliò e si avvicinò al letto su cui la madre giaceva in una strana posizione, con un cappuccio tirato sulla faccia.

- "Mamma, che orecchie grandi hai", disse.

- "E’ per sentirti meglio, cara".

- "Mamma, che occhi grandi hai".

- "E’ per vederti meglio, piccola mia".

- "Mamma, che unghie lunghe hai".

- "E’ per stringerti meglio a me".

- "Mamma, che denti lunghi hai" .

E il lupo divorò la bambina.


Vengono evidenziati simbolismi di vita domestica (gli aghi) e di seduzione e corteggiamento (gli spilli), chiaro segnale del passaggio dall'età adolescenziale a quella adulta della ragazza, oltre il "pasto cannibalesco" (il distacco dalla presenza dei genitori), che sono caratteristici dei racconti delle tradizioni orali, quindi più sfaccettati e ricchi di elementi rispetto alla versione data da Charles Perrault e ancora di più rispetto a quella con lieto fine dei fratelli Grimm. Nell'Aarne-Thompson-Uther (dai nomi degli ideatori: Antti Amatus Aarne, Stith Thompson e Hans-Jörg Uther) - un metodo di classificazione di fiabe e racconti folkloristici elaborato in modo da descrivere ogni favola attraverso una serie di numeri che corrispondono ai diversi temi che vi si trovano -, la storia di Cappuccetto rosso viene indicata con il numero 0333, che sottolinea, oltre diversi elementi simbolici, anche due tratti costanti: la bambina è sempre la vittima mentre il lupo è sempre l'aggressore. In "Jin-Roh" queste regole vengono invece mescolate, e non si sa più bene chi è l'oppresso e chi il carnefice (i soldati corazzati puntano a mantenere l'ordine pubblico ma servono un potere corrotto, mentre i "cappuccetti rossi" mirano ad una rivoluzione sociale ma portano bombe nelle strade); il bianco e il nero non sono mai distinti, ma esiste solo un mondo grigio, imperfetto, corruttibile e dolente.

E' su questo concetto, privo di speranza, che Mamoru Oshii imbastisce un pezzo importante della sua personale riflessione sulla natura umana, vista sotto una lente clinica, orientata verso un'ottica quasi nichilista. Nel film si possono notare poi anche altri rimandi, tipo a George Orwell, con il suo "1984", e al Philip K. Dick de "La svastica sul Sole". Hiroyuki Okiura (1966) lascia la scuola superiore all'età di sedici anni per entrare nel mondo dell'animazione, iniziando a lavorare per lo studio Anime R, dove ha come maestro Moriyasu Taniguchi. Si fa subito notare per la capacità di animare in modo dettagliato e fluido, dimostrando il suo talento nella gestione di alcune sequenze in film come "Patlabor 2: The Movie", "Ghost in the Shell" e "Cowboy Bebop - Il film", in cui riesce a conferire ai personaggi movimenti estremamente realistici (cosa che si sarebbe ritrovata in molte altre produzioni della Production I.G., per la quale tuttora lavora). "Jin-Roh", scritto per lui dal mentore Mamoru Oshii, segna il suo esordio come regista, e il film presenta un livello di animazione davvero alto e raffinato, al 95% totalmente tradizionale con davvero pochissimi interventi in computer grafica, cosa sorprendente per l'incredibile mole di dettagli a cui hanno dovuto prestare attenzione gli animatori per arrivare a mettere in scena un mondo più che realistico, dove anche l'uso del colore - spesso scuro per le tante scene notturne o in luoghi bui - è sempre perfettamente calibrato sullo sviluppo della storia. Da un punto di vista tecnico il film risulta essere strepitoso, merito del lavoro congiunto di più studi di animazioni, che qui hanno saputo toccare vette inedite di precisione visiva e abilità artistiche. Okiura accetta la regia dell'impegnativo film a una sola condizione, ovvero che si tratti della storia di un uomo e una donna, cercando in tal modo di donare alla narrazione un elemento emotivo più evidente, e Oshii interviene quindi sulla sceneggiatura, dando molto più spazio al rapporto tra Fuse e Kei. Okiura dirige il suo secondo lungometraggio, "Una lettera per Momo", nel 2011, presentandolo, dopo sette anni di produzione, al Toronto International Film Festival.

"Jin-Roh" rimane un’opera fondamentale nella storia dell’animazione giapponese: un film coraggioso, per come riesce a scavare a fondo nelle anime dei personaggi presentati, ma anche raro, per la complessa stratificazione delle immagini di cui è composto.

Il film si è aggiudicato il Premio speciale della giuria al Fantasporto Film Festival nel 1999 e il Minami Toshiko Award all'undicesima edizione dello Yubari International Fantastic Film Festival nel 2000.


Qui potete trovare due trailer (in italiano e in inglese):

Mentre qui trovate due sequenze, giusto per dare l'idea della qualità dell'animazione e del disegno, oltre che dell'atmosfera del film:

Da segnalare è anche la splendida colonna sonora ad opera di Hajime Mizoguchi, impeccabile nel trovare le sfumature musicali perfette per corredare le varie scene:

Se non lo avete visto, ve lo consiglio caldamente (in Italia è uscito in DVD per la Yamato video nel 2004).


Buona visione!


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