"Blade Runner: Ma gli androidi sognano pecore elettriche?" di Philip K. Dick - L'audiolibro
- Pasquale Frisenda
- 11 feb 2018
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 22 dic 2024
Il romanzo da cui ha preso spunto uno dei massimi titoli della fantascienza cinematografica esamina la perdita progressiva di umanità da parte dell'uomo.

"1992. La Terza Guerra Mondiale ha minato definitivamente l'ecosistema planetario. Chi ha potuto (cioè chi non è stato contaminato dalle radiazioni, e questo per preservare la "purezza della razza") è emigrato altrove, in altri pianeti o sulle stazioni orbitanti, anche grazie ad un vasto programma governativo. La meta principale è Marte, e come "premio", dato che è un pianeta dove è tutt'altro che facile vivere, il governo regala ad ogni emigrante un androide: una perfetta replica di un essere umano ma che nei fatti uno schiavo, senza volontà propria. Addetti ai lavori pesanti, gli androidi non possono vivere che per quattro anni. Manipolati in ogni modo possibile, anche nei loro ricordi, completamente artificiali, indifferenti ai loro compagni in quanto privi di empatia, in alcuni di questi esseri emerge comunque il desiderio di affrancarsi dai loro padroni, anche a costo di ucciderli, e affrontare svariati pericoli pur di tornare sulla Terra, per quanto sia ormai un pianeta morente e privo di futuro (proprio come loro). Chi è rimasto sulla Terra sopravvive invece come può, cercando di non rimanere menomato, fisicamente o mentalmente, dalle radiazioni. Le città sono ormai quasi deserte, invase dalla polvere radioattiva e dal kipple, un tipo di rifiuto che si moltiplica da solo. Un nuovo ordine sociale si è creato, fatto di molte rinunce e pochi privilegi. La guerra ha condannato all'estinzione milioni di specie animali, e ora è diventato un vero status symbol possederne uno vero, non artificiale (se non si ha un vero animale da allevare si viene guardati con sospetto). A San Francisco vive Rick Deckard, un cacciatore di androidi. L'uomo non può allontanarsi dalla Terra a causa del suo mestiere. Ha una vita mortificata da un lavoro che non ama e da una moglie che non lo ama più. Trasferisce allora tutte le sue ambizioni sul sogno di comprare un animale vero, ma per quello occorrono soldi, e molti. Questa occasione arriva grazie allo sbarco sulla Terra di un gruppo di androidi della specie Nexus-6, il modello più avanzato e più simile agli esseri umani. Portare a termine quella missione potrebbe permettergli di esaudire i suoi desideri, ma non gli mancano i dubbi sul suo crudele mestiere, spingendolo spesso a chiedersi cosa sia davvero un essere umano. Dubbi che aumenteranno in lui dopo aver conosciuto Rachel Rosen, una giovane androide a cui sono state impiantate false memorie per farle credere di essere umana..."
"Dovunque tu vada, ti sarà richiesto di fare cose che ritieni sbagliate. È una condizione costante della vita quella di essere costretti a violare la propria identità. Una volta o l'altra, ogni creatura vivente si trova costretta ad agire così. È l'ultima ombra, la disfatta della creazione. Questa è una maledizione che alimenta tutta la vita. Dappertutto nell'universo."
(da "Ma gli androidi sognano pecore elettriche?" di Philip K. Dick - 1968)
Il libro in questione non è forse il più significativo della bibliografia di Philip Kindred Dick (è ritenuto da molti inferiore a titoli come "Ubik", ad esempio, o "La svastica sul Sole") ma è di sicuro uno dei più conosciuti, e questo per il fatto che è stato alla base di "Blade Runner" (1982), capolavoro di Ridley Scott che è diventato uno dei capisaldi della fantascienza cinematografica e che ha inciso profondamente nell'immaginario collettivo degli ultimi trent'anni. In ogni caso, chi ha visto solo il film non pensi che sia la fedele versione del libro, anzi: sono due opere distanti in molti dettagli e nello stile di racconto, anche se accomunate da concetti simili.
Il romanzo di Dick, uscito in America nel 1968, ha avuto in Italia una vita editoriale un po' particolare: pubblicato inizialmente dalla casa editrice Nord con il titolo "Il cacciatore di androidi", dopo l'uscita del film è stato riproposto come "Blade Runner" e solo infine, nel 2000, l'editore Fanucci lo ha ripresentato traducendo letteralmente il suo particolare titolo originale: "Ma gli androidi sognano pecore elettriche?" ("Do androids dream of electric sheep?"); il testo che tratta diversi temi, tra religione, filosofia, scienza e della capacità o meno di individuare sempre cosa è davvero bene e cosa è male (Dick sembra suggerire che sia quasi impossibile farlo), ma l'argomento più significativo è forse la difficoltà di discernere tra l'autentico e il contraffatto, tra l'essere umano e la sua copia artificiale: nel romanzo gli androidi sono macchine senzienti, ma nonostante la loro intelligenza sia spesso superiore a quella di molti uomini possono soltanto simulare la nostra natura, provandoci in tutti i modi, e questo sembra essere una priorità per loro. Gli esseri umani, per contro, hanno invece perso l'umanità, la capacità di provare empatia, assomigliando sempre più alle loro copie meccaniche (e si affidano addirittura ad uno speciale congegno per decidere quali sentimenti provare). Il punto emblematico di questo aspetto è nel momento in cui il protagonista incontra un androide che riesce ad essere considerato umano; solo un'ultima domanda svela la vera natura del soggetto, non perché la risposta sia sbagliata, ma perché la reazione è troppo lenta: l'umanità è in un battito di ciglia (il "cogito ergo sum" di Cartesio qui non basta più ad avere certezza di chi si è). Ed è questo, secondo alcuni, l'aspetto più terribile che viene narrato da Dick: non sono gli androidi ad assomigliare agli uomini, ma il contrario.
Una considerazione sull'obiettivo dell'Uomo di creare un suo simile in laboratorio andrebbe fatta, e la narrativa di fantascienza si pone da tempo questa domanda. Con miliardi di individui presenti sul pianeta, a che necessità risponde la clonazione (o l'uomo sintetico, come nel caso del romanzo)? Per alcuni la questione risiederebbe in un istinto quasi primario dell'essere umano, ovvero sviluppare ogni tecnologia se è possibile farlo, non preoccupandosi delle conseguenze, mentre per altri è la reazione al profondo senso di autodistruzione presente nella nostra specie, che, consapevole di esso, cerca di assicurare una traccia della propria esistenza in un remoto futuro. Philip Dick nacque negli Stati Uniti nel 1928, e quindi visse, anche se giovanissimo, il periodo della Seconda Guerra Mondiale e quello successivo, la cosiddetta guerra fredda, durante la quale imperversò un clima di estrema paranoia e paura verso il prossimo (cosa di cui ne vediamo gli effetti ancora oggi). Per Dick, le cicatrici della Seconda Guerra Mondiale - anche per l'attacco nucleare ad Hiroshima, con le sue devastanti conseguenze - e le tensioni fra gli Stati Uniti e la Russia sembravano rendere inevitabile lo scoppio di una futura grande guerra definitiva per la civiltà umana (rischio a cui si è arrivati più volte vicino). Durante quegli anni ci fu anche un forte interesse per l'esplorazione spaziale e la produzione su vasta scala di macchine ed elettrodomestici per "facilitare la vita degli esseri umani", e i personaggi centrali del libro in questione, gli androidi, come elettrodomestici sono spesso considerati: quando vengono eliminati si usa il termine "ritirati". Sebbene le storie di questo scrittore siano sempre futuristiche, è facile vedere in ognuna di esse un tremendo ritratto dell'America di quei tempi e con i suoi punti critici messi in risalto; Dick fu uno dei primi a sottolineare, ad esempio, la massiccia penetrazione dei mass media nella vita quotidiana e i pericoli che questi contenevano, anche come mezzo per condizionare la popolazione (nel libro ci sono alcuni programmi televisivi in onda 24 ore su 24, che assumono un ruolo importantissimo per l'opinione pubblica). L'autore non ottenne particolare successo in vita e di questo ne soffrì molto. Otre che afflitto da problemi economici fu affetto da depressione, diverse ossessioni, disturbi psicologici, crisi mistiche e fece uso di stupefacenti. Si sposò numerose volte, senza mai trovare pace neanche nelle relazioni affettive. Tutti questi elementi - periodo storico, depressione, uso di droghe, infelicità coniugale e interessi filosofico-religiosi - ricorrono praticamente in tutti i suoi lavori. La produzione di "Blade Runner" lo avrebbe forse aiutato a raggiungere almeno un po' di stabilità economica (considerando quanti suoi libri sono stati portati al cinema o in televisione dopo il film di Scott), ma Dick morì poco prima dell'uscita del film nelle sale e poté vedere soltanto una proiezione privata composta da alcuni spezzoni di lavorazione.
Inizialmente molto scettico sul progetto, dato che la sua opera veniva ampiamente modificata, fu poi uno dei maggiori sostenitori dell'operazione ("Blade Runner" è dedicato alla sua memoria): in particolare rimase molto colpito dai set, che a suo dire rispecchiavano perfettamente l'ambientazione del libro, pur se al sovraffollamento della città del futuro immaginata da Scott e dai suoi scenografi si contrapponga nel romanzo una forte sensazione di vuoto e di solitudine.
Un libro denso di sensazioni questo, ma anche angosciante, forse persino deprimente (in questo caso non lo intendo come un difetto).
A differenza del film, qui non emerge nessuna speranza né calore umano; la storia è ambientata in un mondo morente, distrutto dalle mani dell'uomo, ma pone molti quesiti e fa riflettere; questo è il suo valore primario, cioè chiedersi che futuro si vuole, quali sono le responsabilità verso il pianeta che ci ospita e verso noi stessi in quanto specie, perché siamo arrivati al punto di dover fare delle scelte importanti, che possono garantire uno sviluppo armonico oppure una catastrofe per le generazioni successive.
Nel 2006, mantenendo il titolo del film e accompagnato dalla splendida colonna sonora realizzata da Vangelis per quella pellicola, il romanzo di Philip K. Dick viene trasposto in un ottimo radiodramma a puntate trasmesso da Rai Radio 2 e che trovate integralmente QUI.
Buon ascolto!

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