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Immagine del redattorePasquale Frisenda

Juan Giménez - L'uomo del domani

Aggiornamento: 23 apr 2022

Disegnatore di rara potenza grafica, ha elevato il genere fantascientifico nei fumetti a pura arte.

"Attraverso la sua notevole opera grafica, dalla quale si evidenzia la grande capacità dinamica che dà ai disegni una valenza cinematografica, Juan Giménez si pone così a pieno titolo come un nuovo Jules Verne o come un George Wells del fumetto. Con lui, possiamo davvero dirci spettatori in anteprima delle visioni del prossimo millennio" (Angelo Nencetti dall'introduzione al volume "Overload - L'arte di Juan Giménez")


Si racconta che alla kermesse lucchese del 1998, dov'era presente per una sua mostra, Juan Giménez si sia dedicato con tanta cura alla realizzazione di disegni per i fan da far sollevare proteste per la sua lentezza. Indispettito, lui ha pensato bene di iniziare a colorare le "dedicas", rallentando ulteriormente il ritmo di produzione ma offrendo a pochi privilegiati dei veri gioielli. Non so se questa storia sia vera o meno, ma per me lo è senz'altro (e dopo spiegherò il perché).


Juan Antonio Giménez López, noto semplicemente come Juan Giménez (trovate QUI il suo sito), nasce il 16 novembre del 1943 a Mendoza, in Argentina. È uno degli esponenti più amati dell'historieta sudamericana, scuola di fumetto che ha tra i suoi maggiori rappresentanti nomi come Alberto ed Enrique Breccia, Francisco Solano Lòpez, Horacio Altuna o José Muñoz, ma anche l'italiano Hugo Pratt (che a lungo ha vissuto in Argentina).

All'inizio della sua carriera, Giménez ha uno stile di stampo classico, in bianco e nero, fortemente ispirato dal lavoro di Pratt (soprattutto verso opere come "Ernie Pike" e "Il sergente Kirk", scritti da Héctor Oesterheld) e Lòpez ("L'Eternauta", sempre con Oesterheld), ma arriva ad essere conosciuto a livello internazionale grazie ai suoi lavori a colori, davvero molto particolari, ricchissimi di dettagli e densi di atmosfere.

Il primo impegno professionale lo ottiene giovanissimo, a soli 16 anni, con una breve storia di soldati nel deserto, anche questa ispirata ad alcune produzioni di Pratt. Come capitò a molti artisti sudamericani, ad esempio a Vicar, Giménez abbandona presto la vocazione verso il fumetto per conseguire il diploma di perito industriale e indirizzarsi così in quella direzione. I suoi (comunque pochi) lavori adolescenziali risentono come detto della massiccia influenza di Pratt e Lòpez, ma ovviamente il giovane disegnatore è ben lontano dall'avere la loro padronanza stilistica e anzi risulta estremamente rigido. Ma per quanto ancora grezzo, il segno che propone è comunque tutt'altro che sgradevole: la sua attenzione è però più attratta dagli elementi meccanici (cosa che gli deriva dalla precedente professione) e le figure umane, come i paesaggi in alcuni casi, ne risentono. Queste storie sono esclusivamente in bianco e nero - con una netta prevalenza del bianco -, ma l'uso dei retini (sicuramente altra influenza del passato da disegnatore tecnico) riesce a vivacizzare un po' il disegno e anche l'organizzazione della tavola, che, pur se libera, non è ancora sicura come lo sarà in futuro.

Sul finire degli anni '70 si trasferisce in Europa, dove, a Parigi, conosce lo sceneggiatore Ricardo Barreiro, enfant prodige del fumetto argentino: per Giménez è un incontro fondamentale e in lui rinasce la passione per il fumetto, che da lì a poco si concretizza con la realizzazione di moltissimi racconti di genere solitamente bellico o fantascientifico.

Con Barreiro firma la lunga serie "Asso di Picche" ("As de Pique" - 1977), opera ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale (l'Asso di Picche è un bombardiere B-17 che ospita al suo interno un eterogeneo equipaggio di personaggi molto caratterizzati), ben curata fin nei minimi particolari, e che riesce ad evitare facili retoriche. Barreiro dimostra di aver bene appreso la lezione dell'"Ernie Pike" di Oesterheld e le storie risultano originali o sempre stimolanti (in un episodio, ad esempio, si scontrano un pilota americano ed uno tedesco e i rispettivi flashback mostrano come le loro drammatiche storie siano praticamente identiche). Nessun aspetto è legato al genere fantastico in questo lavoro dei due maestri che hanno raggiunto i massimi vertici delle loro carriere con la fantascienza, ma "Asso di Picche" è un lavoro di grande abilità tecnica e narrativa che trova nella ricchezza delle tavole il valido supporto per storie di denunciano gli orrori della guerra. Se "Asso di Picche" segna il suo (definitivo) ritorno nel mondo dei fumetti, sono "Stella nera" ("Estrella negra" - 1979) e soprattutto "La Città" ("Ciudad" - 1982) i titoli che permettono al disegnatore di affermarsi presso il grande pubblico. "Stella nera" (presentata in Italia a puntate sulla rivista "L'Eternauta", pubblicazione che più di tutte - insieme ai settimanali "Lanciostory" e "Skorpio" - permetterà ai lettori italiani di conoscere l'arte di questo autore) è una storia di fantascienza pura (genere in cui l'artista eccellerà, diventando uno dei maggiori riferimenti mondiali nella SF a fumetti) ed è anche il primo tentativo fatto da Giménez di realizzare un storia lunga completamente a colori (stendendo il colore in acquerello dopo aver tracciato i contorni a china e definito i dettagli come di consueto. Il risultato è ancora lontano dall'essere maturo, ma già ci sono tutti i segnali di un talento fuori dal comune) mentre "La Città" rappresenta, sia per Barreiro che per Gimenez, un vero punto di svolta nelle loro rispettive carriere. Ne "La Città" il tratto di Giménez diventa via via più espressivo e sente probabilmente che i tempi sono maturi per abbandonare un tecnicismo a volte esasperato (per certi versi rassicurante ma che rischiava di diventare maniera) e lasciarsi andare a uno stile in qualche modo più viscerale, in crescita e ancora tutto da sperimentare.

Il volume, composto di innumerevoli storie brevi collegate tra loro, narra le peripezie dei due personaggi protagonisti, Jan e Karen, che in un periodo di affanno della loro vita "arrivano" in un luogo a loro sconosciuto ma allo stesso tempo familiare (come per altre significative opere dell'historieta, tipo "Perramus" o "L'Eternauta", anche "La Città" è un'astuta metafora che parla di quello che allora era diventata, sotto dittatura, la società argentina e in parte sudamericana. Una necessità di raccontare a cui quasi nessun autore di quei Paesi, in quel periodo buio, si è sottratto). "La Città" è una specie di limbo, misterioso e terrificante, sconfinato e indecifrabile, dove tutto può accadere (e tutto accade). Il perché sono arrivati lì e come possono arrivare ad uscirne, lo scopriranno attraverso le tante vicende in cui si troveranno, loro malgrado, coinvolti.

Sia "Asso di Picche" che "La Città" sono in parte ispirate rispettivamente a due serie di Héctor Oesterheld, "Amapola Negra" e "L'Eternauta" (quest'ultima è la vera storia/monumento del fumetto argentino), e nell'ultimo episodio de "La Città" vediamo apparire, in un sentito e commovente omaggio, proprio Juan Galvez, il protagonista della grande saga fantascientifica di Oesterheld e Lòpez (Oesterheld era di origine tedesca, e fu una delle tantissime vittime, i cosidetti desaparecidos, del governo dittatoriale presieduto dal generale Jorge Rafael Videla nell'Argentina di quegli anni terribili. Da un certo punto di vista, "La Città" è dedicato completamente alla figura Oesterheld, uno dei padri indiscussi dell'historieta). In effetti, "La Città" doveva essere inizialmente una sorta di personale "Divina Commedia" da parte di Barreiro, in cui Oesterheld vestiva i panni di Virgilio e faceva da guida allo stesso Barreiro, novello Dante (nella versione definitiva non c'è quasi più traccia di questo progetto se non nell'ultimo episodio).

Il lavoro di Giménez non passa inosservato (non potrebbe), e valica presto i confini nazionali destando l'interesse del gruppo editoriale americano National Lampoon, che all'epoca editava la rivista "Heavy Metal" (rivista gemella della francese "Métal Hurlant"). Nel 1981, dalle storie migliori pubblicate sulla rivista americana è stato poi realizzato "Heavy Metal", lo sperimentale film d'animazione in cui Giménez darà la sua impronta inconfondibile nell'episodio dedicato al tassista Harry Canyon.

Da lì in poi Giménez ottiene un crescente interesse intorno al suo lavoro, che lo porterà a lavorare in diverse aziende come costumista, designer, visualizer per il cinema (QUI trovate un'immagine tratta dal lavoro da lui fatto per un progetto cinematografico su "Neuromante", il seminale romanzo cyberpunk scritto da William Gibson), ma anche per collaborazioni con il mondo della pubblicità (realizzazione di layout e storyboard), copertine per riviste. Esperienze che si rifletteranno poi anche sulla sua produzione a fumetti.


Nei primi anni '80, il disegnatore argentino collabora con varie pubblicazioni europee specializzate in fumetti d'avanguardia, come "1984" e "Métal Hurlant", appunto, ma anche con "L'Eternauta" (la già citata rivista creata da Alvaro Zerboni nel 1982), e nelle sue storie arriva a sperimentare sempre nuove e spesso ardite innovazioni grafiche e narrative: è in questo periodo che realizza moltissime storie brevi, tra le migliori nella pur ormai vasta produzione dell'autore, che vanno sotto il titolo di "Paradosso temporale" ("Cuestiòn de tiempo", del 1982, pubblicate appunto su "L'Eternauta"), in cui osserva la narrativa fantascientifica anche in maniera ironica e leggera, vicina allo stile dello scrittore Ray Bradbury, e in cui dimostra di saper trattare con grande sapienza una vasta gamma di ambientazioni. E' proprio con questa serie che Giménez arriva a stupire tutti: "Paradosso temporale" completa una prima ed importante tappa nella sua ricerca sul colore, basata solo sui colori primari i quali diluiti, mescolati tra loro o con altre tinte, permettono di ottenere tutte le tonalità desiderate.


Dalla fine degli anni '80, Giménez inizia a cimentarsi anche nella stesura dei testi per le sue storie, in questo filone si inserisce la serie di "Leo Roa" e il volume "Il Quarto potere" ("El Cuarto poder"), cose diverse tra di loro, ma che non convincono appieno. Da qualche tempo, poi, l'artista argentino sta provando nuove tecniche, come l'aerografia, gli acrilici e le immagini digitali.

Nel fumetto arriva a collaborare con alcuni dei maggiori scrittori di sempre, tra cui Carlos Trillo, Emilio Balcarce e, ovviamente, Alejandro Jodorowsky, il poliedrico autore con cui ha portato avanti l'imponente saga della "Casta dei Meta-Baroni" ("La Caste des Méta-Barons", 1992/1998), un lavoro, quest'ultimo, che risulta essere l'ennesima prova (anche se nessuno aveva più dubbi) dello straordinario talento grafico di Giménez, irraggiungibile nella capacità di creare scenari fantascientifici (e che fanno sfigurare, in potenza immaginifica, moltissime produzioni cinematografiche di questi ultimi decenni, sempre più omologate).



Tra i suoi lavori, vale senz'altro la pena segnalare, oltre a quelli già citati, anche "Odissea nel Tempo"; "Gli occhi dell'Apocalisse" (su testi di Roberto Dal Prà); la breve ma intensissima "Albero senza foglie" ("Bajo el mástil sin hojas", scritta da Felipe Hernàndez Cava e pubblicata nella collana "I Diritti Umani" vol. 1, ed. Comic Art), e poi "Avamposto" e "Cronaca di tre guerre" (sempre su testi di Ricardo Barreiro); "Uno strano verdetto per Roy Ely" ("El extrano juicio a Roy Ely", del '75, disegnata su testi di Emilio Balcarce e pubblicata in Italia sul n.7 de "L'Eternauta". Si tratta di un racconto breve, in bianco e nero, disegnato davvero con grande efficacia da Giménez e che anticipa, narrativamente parlando, molte cose che si sono viste poi negli anni a venire anche al cinema); la straordinaria "Rifiuti" ("Basura", del 1988, su testi di Carlos Trillo, dove si narra di una Terra ormai degradata da secoli e trasformata in una immensa discarica. Solo piccole aree si sono salvate dal disastro globale. Tramite enormi tubazioni, le città delle zone non contaminate continuano a versare i propri rifiuti nelle zone destinate a raccoglierli e che sono ancora abitate da uomini ridotti come bestie e resi deformi dall'inquinamento e dalla radioattività, che vagano da un condotto ad un altro alla ricerca di cibo. Ma la situazione è destinata a cambiare e una rivolta ha inizio. "Rifiuti" è considerata giustamente una delle opere migliori di Giménez, ma anche una delle più valide rappresentazioni di fantascienza a fumetti).

Un volume che non dovrebbe poi mancare nella libreria dei fan di questo artista è sicuramente "Overload - L'arte di Juan Giménez" (l'edizione italiana è stata pubblicata dall'Alessandro Distribuzioni).

Tra le ultime sue fatiche è d'obbligo citare "Segmenti", su testi di Richard Malka, e "Io, Drago", da lui scritta e disegnata. Se non li conoscete, sono tutti caldamente consigliati.


Juan Giménez viene a mancare il 2 aprile del 2020, a causa di complicazioni legate al Covid-19.


Ricollegandomi solo per un attimo al discorso iniziale, mi permetto di aggiungere al post un piccolo ricordo personale: nell'edizione di Lucca del 1990 ebbi la fortuna di incontrare Juan Giménez, e in quell'occasione diede prova della sua enorme disponibilità, anche nel valutare i disegni che mi ero portato dietro (cosa che mi convinsero a fare alcuni amici, io non avrei trovato il coraggio di chiederglielo). Il suo giudizio fu piuttosto positivo (soprattutto sui mezzi meccanici disegnati) ma non certo esente da osservazioni e critiche (cosa che mi fece dare ancora più peso alle sue parole), e alla fine, dopo una lunga chiaccherata, mi regalò questo veloce bozzetto (gli chiesi io il protagonista de "La Città") con la dedica che vedete. Ci ho provato a diventare un collega di Giménez ma non so se ci sono davvero riuscito (quella dedica, in ogni caso, per me appena ventenne, fu comunque uno straordinario "carburante"). Non è per eccessiva modestia che dico questo, ma solo perché considero da sempre Juan Giménez uno dei maggiori disegnatori al mondo, di un livello semplicemente fuori scala. E va bene così.



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