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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

Giorgio Scerbanenco - Tutte le ombre della Milano nera

Aggiornamento: 2 gen

Un ricordo del padre del letteratura poliziesca italiana, che sottolineò il cambio di marcia della criminalità milanese dal secondo dopoguerra agli anni '80.

"Avevo già passato i trent'anni e avrei già dovuto imparare qualcosa da quello che mi era successo. Ma solo più tardi capii che non s'impara quasi mai niente. Noi rimaniamo sempre gli stessi. Le esperienze della vita, gli insegnamenti delle persone più sagge che incontriamo, nella vita o nei libri, ci impolverano un poco, come quando camminiamo per una vecchia strada di campagna, ma basta soffiare su quel po' di polvere perché noi ritorniamo tali e quali come eravamo prima di ogni insegnamento. Così continuai a commettere gli stessi errori."


"La società è un gioco. Le regole del gioco sono scritte nel codice penale, in quello civile e in un altro codice, piuttosto vago e non scritto, detto codice morale. Saranno codici molto discutibili, che devono essere continuamente migliorati, ma, o si sta alle loro regole, o non ci si sta." (Giorgio Scerbanenco)


Il genere poliziesco - come i suoi sottogeneri, dal noir all'hard boiled - ha come caratteristica quella di raccontare spesso un mondo disperato e feroce, con uno stile crudo che usa le parole come proiettili. Ha avuto decine di degni rappresentanti in giro per il mondo, gente come Dashiell Hammett, Raymond Chandler, Mickey Spillane, Ed McBain o James Ellroy, oppure Jean-Claude Izzo, ma anche in Italia si è sviluppata una forte vena narrativa ad esso dedicata, nata in un momento dove non si pensava che un autore italiano potesse reggere il confronto con gli scrittori stranieri più noti. Un nome invece emerge, viene identificato per esserne stato il punto di partenza, il padre del poliziesco italiano, ed è quello di Giorgio Scerbanenco, autore che ha poi ispirato intere generazioni di scrittori e registi (da diversi suoi racconti e romanzi furono tratti infatti anche dei film e telefilm).


Vladimir Giorgio Scerbanenco (Volodymyr-Džordžo Ščerbanenko) nasce a Kiev il 28 luglio 1911, nell'allora Russia imperiale scossa da molte tensioni, da padre ucraino e madre italiana. Alla morte del padre, avvenuta durante i moti rivoluzionari, la madre decide di rientrare precipitosamente in Italia, dapprima a Roma e poi, quando Scerbanenco (questa è la versione italianizzata del suo cognome) ha 16 anni, si trasferisce a Milano. Costretto per motivi economici e a causa di una grave malattia della madre (che morirà di lì a poco) ad abbandonare gli studi, Scerbanenco pratica molti e diversi mestieri, dall'operaio in fabbrica al conduttore di ambulanze, dal fresatore al magazziniere e fattorino, per poi arrivare al mondo dell'editoria collaborando a diversi quotidiani e a molte riviste (tra cui noti settimanali femminili, come "Annabella", "Novella" e "Bella"), spesso nel ruolo del correttore di bozze ma anche redattore e persino come titolare di rubriche, tipo "posta del cuore", seguite con passione dalle lettrici di quelle pubblicazioni, firmando molti suoi articoli con tantissimi pseudonimi. Tutte queste esperienze furono enormemente preziose per il grande giallista, perché fu grazie anche al saper ascoltare le tante persone con cui si trovò a confrontarsi che sviluppò una non comune abilità nel trattare le psicologie dei suoi personaggi e di prestare attenzione ai più piccoli dettagli (di quel tipo di lavoro scrisse: "Non si conosce mai attraverso l’amore. L’amore butta due persone una verso l’altra, ciecamente, ancora prima che esse sappiano chi è che amano. Poi attraverso le cose più comuni, i gesti più semplici, per un tono di voce un po’ diverso, si comincia a capirsi.").


Scrittore di incredibile prolificità e versatilità (scriveva sempre e ovunque, anche in spiaggia durante le vacanze), Scerbanenco si misurò magistralmente in ogni campo della narrativa, dal western, alla fantascienza e alla letteratura rosa, ma fu con il giallo e il noir che raggiunse la fama, fino ad essere indicato nel settore come uno degli scrittori più importanti di tutti i tempi. Non vi è dubbio, infatti, che sia da considerare tuttora il maestro ideale di tutti i giallisti italiani, almeno a partire dagli anni '70. Anche se il suo esordio nel mondo del giallo avviene già nel 1931, una conferma della sua predisposizione per il poliziesco arriva nel 1940, con il romanzo "Sei giorni di preavviso", il primo di una serie (poi ripubblicato in "Cinque casi per l'investigatore Jelling", 1995) dove il protagonista è Arthur Jelling, un archivista della polizia di Boston, timido e introverso, che è stato definito come ”uno dei primi antieroi della letteratura poliziesca”, e che Scerbanenco scriverà fino al 1943.

Ma il successo, quello della definitiva consacrazione, per Scerbanenco arriva però diversi anni dopo, nel 1966 con la pubblicazione del primo libro della quadrilogia dedicata ad un altro suo personaggio: Duca Lamberti.  L'azione si sposta dalle strade dell'America a quelle più familiari - per lui e per i suoi lettori - di Milano, e Scerbanenco comincia a provare a dare un ritratto diverso e persino inedito della città (ma nei suoi romanzi e racconti viene presa in esame in realtà l'Italia intera), in aperto contrasto con l'euforia dettata dal boom economico, raccontando fatti e ambienti che la maggior parte della gente ignora o cerca di ignorare.  Di Milano ne dà una descrizione cupa e spesso terribile, come può fare chi è al corrente di quello che sta accadendo nella cronaca nera (che esploderà qualche anno dopo con i fatti legati alla banda di Pietro Cavallero, oppure a figure come Francis Turatello e Renato Vallanzasca), chi riesce a cogliere gli attriti della società presenti in quel momento storico e non chiude gli occhi sulla realtà (dove la criminalità dilaga in ogni angolo della città, da quella più periferica e degradata a quella centrale e lussuosa), e questo nonostante il carattere dello scrittore, che è un uomo entusiasta, allegro e amabile.


"Questi romanzi hanno per eroe un singolare personaggio d'investigatore, il dottor Duca Lamberti. Medico radiato dall'Ordine per avere praticato l'eutanasia su una paziente agonizzante e condannato a tre anni di carcere, collabora con la polizia (suo padre lavora in questura e uno dei suoi amici, il commissario Càrrua, l'aiuta a rimettersi in sella all'uscita di prigione) nei romanzi dove è protagonista: "Venere privata", "Traditori di tutti" (che vinse il Grand Prix de la Littérature Policière nel '68), "I ragazzi del massacro" e "I milanesi ammazzano al sabato", che hanno segnato la storia del romanzo giallo italiano, per la loro noirceur e per la loro violenza. Trentacinque anni, grande, magro, con un viso angoloso e i capelli rasati, Duca Lamberti è un personaggio dolente, diviso tra il dubbio, la compassione, la rivolta - specialmente contro degli individui capaci di bruciare viva una giovane donna che hanno "messo sul marciapiede" per costrizione. Le sue indagini, sulla morte d'una maestra massacrata dai suoi alunni, o su una rete di prostituzione di gran lusso, fanno penetrare il lettore nell'universo squallido e crudele dei bassifondi della capitale lombarda." Così viene descritto il personaggio di Scerbanenco nell'antologia del giallo "Le Polar", pubblicata, a cura di Jacques Baudou e Jean-Jacques Schleret, nella collana Guide Totem da Larousse nel 2001. I quattro volumi che hanno Duca Lamberti come protagonista sono un vero pilastro della storia della letteratura gialla italiana. In essi si trovano violenza, umanità, crudeltà, senso di giustizia e sensi di colpa, mescolati abilmente in narrazioni ricche di atmosfere e di grande inventiva.

L'ultimo romanzo dedicato a Duca Lamberti uscì nel 1969, l'anno in cui Giorgio Scerbanenco morì improvvisamente, all'apice del suo successo, a causa di una malattia contratta negli anni di lavoro in fabbrica.


Nel 1970, nella collana Suspence di Longanesi, uscì postumo "Al servizio di chi mi vuole", primo e unico romanzo d'una serie che avrebbe dovuto avere come protagonista la figura di un parà italiano, Ulisse Orsini, soldato di ventura. Sono usciti postumi anche i seguenti romanzi: "Le principesse di Acapulco" (1970), "Le spie non devono amare" (1971), "Ladro contro assassino" (1971), "Né sempre né mai" (1974), "Dove il sole non sorge mai" (1975) e "Romanzo rosa" (1985).


Nel 2004 viene realizzato "Scerbanenco noir", un documentario diretto da Manlio Gomarasca e Davide Pulici che, attraverso testimonianze di vari autori, giornalisti e saggisti, tra cui Gianni Canova, Andrea G. Pinketts e Maurizio Colombo, riesce a dare un perfetto e sentito ritratto dell'autore:

E' invece del 2006 "Scerbanenco by numbers", una docufiction di 30 minuti (qui sotto trovate il trailer) sulla sua vita ad opera del regista Stefano Giulidori, che raccoglie interviste e testimonianze di chi l'ha conosciuto, presentata con successo al Noir in Festival di Courmayeur di quell'anno.

Nel 2007 l'editore Garzanti pubblica una antologia di racconti di alcuni tra i più noti scrittori noir italiani dedicata a Duca Lamberti, intitolandola "Il ritorno del Duca" (Scerbanenco aveva altri libri in progetto su Lamberti, ma l'improvvisa scomparsa non gli permise di completarli).

Tra i suoi romanzi, oltre quelli già citati, è doveroso ricordare almeno: "Le spie non devono amare", "La sabbia non ricorda" e le antologie di racconti "Milano calibro 9" (da cui è stato tratto anche un famoso film di Fernando di Leo) e "Il centodelitti".

I suoi libri sono letture più che consigliate a chi ancora non conosce questo straordinario scrittore e per chi vuole trovare degli inediti ritratti di un'Italia (oltre che della città di Milano) lontanissima dall'essere quell'immagine edulcorata e brillante che spesso veniva data negli anni del boom economico. Da un po' di tempo a questa parte è in corso la riscoperta del lavoro di questo autore, con la conseguente pubblicazione di molte delle sue opere, recentemente ripresentate anche in una collana del Corriere della Sera. Riletti oggi, i suoi romanzi infatti appaiono (al di là delle trame e delle trovate ad effetto escogitate per mantenere alta la tensione) anche come uno spaccato umano e amaro dei nostri anni '60, che rivelano una Italia difficile, contraddittoria, persino cattiva, egoista, ansiosa di emergere ma disincantata. Infine, potete recuperare anche la sua autobiografia "Io, Vladimir Scerbanenko", uscita nel 1966.


I video qui riportati sono rispettivamente tratti da "Il caso Venere privata" (1970), diretto da Yves Boisset e ispirato al romanzo "Venere privata", del 1966, dove vediamo Duca Lamberti interpretato da Bruno Cremer:

da "La morte risale a ieri sera" di Duccio Tessari (1970), tratto dal romanzo "I milanesi ammazzano al sabato", uscito nel 1969, l'ultimo romanzo dedicato a Duca Lamberti, che nel film ha il volto di Frank Wolff:

e infine da "Milano calibro 9" (1972), il film che Fernando Di Leo liberamente trasse da un racconto presente nell'omonimo libro di Scerbanenco uscito nel 1969:

Oltre questi citati, altri dieci film tratti dai lavori di Scerbanenco furono adattati per il cinema e per la televisione.


Questo è invece un ritratto di Scerbanenco realizzato per FIGU, album di persone notevoli, il programma di Rai3 a cura di Peter Freeman e Alessandro Robecchi:

Mentre qui Florinda Fiamma racconta la vita dello scrittore per il programma "Gettoni di letteratura" di Rai Radio 3:

Una parziale lista delle opere di Giorgio Scerbanenco potete trovarla QUI, almeno dei suoi racconti e romanzi, ma l'autore firmò un numero impressionante di materiale.


Nonostante visse la sua vita in Italia e si fosse sempre ritenuto di lingua madre italiana, l'essere considerato comunque uno "straniero" lo ferì sempre molto durante tutta la sua esistenza, e probabilmente la sua necessità continua di scrivere fu in qualche modo anche un tentativo per cercare di attestare la sua identità. Alla sua memoria è dedicato il più importante riconoscimento per la letteratura poliziesca e noir: il premio Scerbanenco.


Buona visione e buone letture!



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