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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

Settima arte (37): "Milano calibro 9" di Fernando Di Leo (1972)

Aggiornamento: 28 ott 2021

Video, immagini e brevi informazioni su film e documentari che hanno segnato la storia del cinema (o solo il mio immaginario)

Settima arte: "Milano calibro 9" di Fernando Di Leo (Italia - 1972)


Sceneggiatura: Fernando Di Leo, ispirata ad alcuni racconti di Giorgio Scerbanenco, in particolar modo "Stazione centrale ammazzare subito", "Vietato essere felici" e "La vendetta è il miglior perdono", presenti nell'antologia "Milano calibro 9" uscita nel 1969.


Con: Gastone Moschin, Barbara Bouchet, Mario Adorf, Philippe Leroy, Frank Wolff, Lionel Stander, Ivo Garrani, Fernando Cerulli, Luigi Pistilli, Gastone Pescucci, Ettore Geri, Sergio Serafini, Mario Novelli, Ernesto Colli, Empedocle Buzzanca, Rossella Bergamonti, Giorgio Trestini, Mauro Vestri, Omero Capanna e Fortunato Cecilia.


"Se continua così, vedrai che fanno l'antimafia pure pe' Milano!"

(da "Milano calibro 9" - 1972)


"Due uomini e una donna, sospettati di aver fatto sparire trecentomila dollari appartenenti ad un boss mafioso noto come l'Americano, vengono torturati e uccisi da alcuni malavitosi. Dopo tre anni, Ugo Piazza esce di galera, ma è sorvegliato comunque dalla polizia perché pensano che è lui l'uomo che si è appropriato di quei soldi. Rocco Musco, il violento braccio destro dell’Americano, segue Piazza per lo stesso motivo, e alla prima occasione, con alcuni suoi complici, lo aggrediscono cercando di farlo confessare. Piazza, dopo aver chiesto protezione ad un altro boss della città, il vecchio Don Vincenzo, e al suo braccio destro, Chino, un uomo introverso e schivo ma che è anche un micidiale killer, accetta comunque di tornare a lavorare per conto dell’Americano. Nel frattempo torna a frequentare la bellissima Nellie, una sua vecchia fiamma che ritrova nel night dove lavora come ballerina. Piazza cerca di sbrogliare la faccenda in cui è coinvolto, ma non può fidarsi di nessuno, e un'ulteriore sparizione di denaro appartenente all'Americano fa precipitare gli eventi, con esiti inaspettati, fino a scoprire un'amara verità..."


Fernando Di Leo (1932-2003) è uno di quei registi italiani - come Enzo Castellari o Lucio Fulci, ma anche Dario Argento, abituati a lavorare relativamente con piccoli budget ma con molte idee e ingegno -, oggetto di recente rivalutazione in seguito alla stima arrivatagli dall'estero e alla riscoperta del suo lavoro da parte di cineasti o critici.

Di Leo, che ha ben assimilato la lezione del noir francese e americano, inaugura con questo film un trittico (la cosiddetta "Trilogia del milieu", di cui fanno parte "La mala ordina" e "Il boss"), una specie di moderna epica della malavita: tre film d'azione di cui ne riconoscerà il valore anche un regista come Quentin Tarantino (e verso cui avrà più di un debito).

La regia di Di Leo (che si concede un cameo ad inizio film: è l'uomo che esce dalla cabina del telefono in piazza del Duomo), che qui firma il suo lavoro più celebre, è ispirata ed accurata nella costruzione delle inquadrature e nel disegno dei personaggi, in cui non mancano sottigliezze e sfumature.


Il film è considerato, insieme a "Banditi a Milano" di Carlo Lizzani, il capostipite di tutto il lunghissimo filone del polizi(ott)esco all’italiana, e gira intorno al valore della lealtà, proponendo una galleria di personaggi caratteristici del noir: Ugo Piazza, un uomo dagli occhi di ghiaccio e dalla mente fredda e lucida; l'imponente e grintoso Rocco Musco, l'uomo d'onore, fedelissimo dell'Americano; Chino, killer di professione, solitario e misterioso, fedele all'ultimo boss di una concezione della malavita ormai superata; la conturbante Nelly, ballerina di night club di straripante sensualità (interpretata da Barbara Bouchet, che in una sequenza divenuta memorabile si vede vestita soltanto da un stringatissimo costumino di perline mentre si esibisce in una go-go dancing, scena omaggiata negli ultimi anni in "Grindhouse - Planet Terror" di Robert Rodriguez, dove a compierla è l'attrice Rose McGowan, o nel video "Record player" dei Vinilistic).

Tutti personaggi destinati a distruggersi, proprio come in ogni noir che si rispetti, e perfettamente rappresentati nell'immagine che chiude il film; una sigaretta che lentamente si consuma, lasciando solo cenere.

Ispirato dalle rudezze metropolitane narrate da Giorgio Scerbanenco nel libro "Milano calibro 9" o in generale nei suoi racconti, il film risulta affascinante, brillante e avvincente (anche se resta in parte volutamente grezzo) con un'ottima colonna sonora firmata da Luis Bacalov e dagli Osanna.

Di Leo ha letto Scerbanenco e ha assorbito le intenzioni, rielaborando il tutto attraverso una sua personale ottica, e, come lui, racconta storie di piccoli malviventi senza futuro, di prostitute, di tradimenti, di violenza e di inganni, nel mondo della malavita ma non solo.

Tra le cose migliori del film c'è infatti un perfetto ritratto della Milano di allora, tra piazza del Duomo (dove la cattedrale ha ancora le facciate annerite dallo smog), gli sporchi navigli, le buie strade periferiche, i notturni suggestivi ma inquietanti e i risvegli nebbiosi di una città fredda.

La fotografia curata da Franco Villa immortala una Milano by night cupa e viziosa, nelle mani di una nuova malavita, sempre più spietata, aggressiva e in odore di mafia, che sta velocemente sostituendo la "ligéra" (leggera), come aveva già evidenziato da anni proprio Scerbanenco nei suoi libri (periodo raccontato anche da Carlo Lucarelli in questa puntata del programma "Blu notte").

In una intervista, Fernando Di Leo affermò: "Moschin aveva fatto solo film comici ma risultò perfetto. Adorf me lo inventai. Leroy aderì subito al personaggio e la Bouchet ebbe l’ambiguità necessaria. Lavorammo bene insieme. Mi innamorai del titolo e acquistai il romanzo… ma di Scerbanenco è rimasto qualche spunto".

Alcuni anni dopo, Di Leo scriverà un romanzo tratto dal film: "Da lunedì a lunedì" (che era il primo titolo scelto per "Milano calibro 9").

Con "Diamanti sporchi di sangue", diretto nel 1978, Di Leo tornò sui temi di "Milano calibro 9" realizzandone una sorta di remake, che avrebbe dovuto intitolarsi "Roma calibro 9": Claudio Cassinelli interpreta la parte che fu di Gastone Moschin, mentre Martin Balsam quella di Lionel Stander.

È presente anche Barbara Bouchet, che praticamente interpreta lo stesso personaggio di "Milano calibro 9".

Le riprese del film si sono svolte principalmente a Milano, ma anche a Roma, sia in esterni che agli studi della Dear Film. Di seguito trovate la prima parte di un documentario sul film (le restanti otto sono facilmente rintracciabili su YouTube):

il trailer di "Milano calibro 9":

e i titoli di testa di "Diamanti sporchi di sangue":

Buona visione!



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