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Immagine del redattorePasquale Frisenda

Alberto Breccia, la quinta essenza del fumetto argentino

Aggiornamento: 17 set

Eccezionale disegnatore, è stato uno dei più grandi maestri dell'historieta argentina oltre che un costante innovatore del fumetto mondiale.

"Poi, un bel giorno, incontrai Alberto Breccia. Quando entrò, rimasi di sasso: era esattamente come Ezra Winston, l'antiquario che è il vero protagonista delle storie di "Mort Cinder". Ora era davanti a me e rispondeva gentilmente alle mie domande. Ma entrare nella "mente" di Breccia era altrettanto difficile che entrare in "Mort Cinder"... cominciai prendendola alla lontana, chiedendogli se il suo lavoro, le sue storie a fumetti, fossero arte o "semplicemente" artigianato. Mi rispose che non erano né uno né l'altro. "Mi diverto a farle", mi disse. Allora gli domandai se anche dipingeva, mi rispose che lo faceva, ma poco, perché preferiva dedicarsi al fumetto, un mezzo che gli consentiva di esprimersi meglio. Fumetti e pittura stavano, per lui, sullo stesso piano, avevano lo stesso valore. La tecnica usata nelle sue tavole è complessa. Breccia, per "Mort Cinder", ha usato il pennello con l'inchiostro di china variamente diluito, a volte mescolato con la colla (quella solida, tipo cocoina). Ma, oltre al pennello e agli strumenti tradizionali, ha usato anche lamette da barba (per effetti vari e sfumature nella china) e ha fatto largo uso di oggetti tra i più disparati, come i tamponi e le spugnette per ottenere effetti tipo impronte, aggiungere un senso di materia alle cose disegnate, macchie sugli sfondi; fra questi si fa notare, in particolare, una guarnizione in gomma di un manubrio di bicicletta. Negli episodi del penitenziario, poi, Breccia ha fatto anche un magistrale uso del retino..." (dall'introduzione di Beppi Zancan al volume "Gli Uomini dagli occhi di piombo" - ed. Oscar Mondadori - 1974)


"Mort Cinder", oltre a Breccia, ha un altro padre, Héctor Oesterheld, che ha contribuito all'ideazione del personaggio e ne ha sceneggiato le storie. Ma chi è dunque "Mort Cinder"? Apparentemente e superficialmente un uomo che non muore mai, o meglio, che può resuscitare per vivere altre avventure dove può ancora morire. In realtà, "Mort Cinder" è solo un trucco per farci sentire più reali, più vere, situazioni dove la vera protagonista è proprio la morte. "Mort Cinder" ha vissuto in tutti i tempi e in tutte le situazioni storiche. Era uno schiavo sulle navi negriere. Era uno dei tanti che hanno costruito la Torre di Babele. Era uno degli spartani alle Termopili. Un condannato nel penitenziario di Blue Dove. Un combattente nella Seconda Guerra Mondiale. "Mort Cinder" è stato dappertutto, ha sofferto dappertutto. "Mort Cinder" è in realtà un non-personaggio". (dall'introduzione di Beppi Zancan al volume "Gli Uomini dagli occhi di piombo" - ed. Oscar Mondadori - 1974).


"Io cerco di far fiorire ciò che hanno dentro, niente di più. Non gli infondo nulla. Se lo facessi sarebbero dei cagnolini. Provo a far sì che quello che hanno dentro salti fuori. Gli dico che devono studiare, che devono lavorare duramente. Molto duramente. Che non è facile la professione. E che ci vuole molto sacrificio, molto. Se sono disposti a sostenere tutto questo, che vadano avanti, se no è meglio che si dedichino a qualcos'altro."

(Alberto Breccia al riguardo della sua esperienza come insegnante)


Per molti decenni il fumetto argentino ha rappresentato una delle scuole più significative e apprezzate nel settore dei fumetti a livello mondiale, anche se, in apparenza, è risultato meno chiacchierato e commentato rispetto ad altre realtà fumettistiche.

La produzione proveniente da Buenos Aires e dintorni si è nel tempo dimostrata essere enormemente flessibile, non fossilizzandosi mai su personaggi fissi ed eterni e apparendo in un ampio ventaglio di proposte editoriali, dalle cosiddette riviste d'autore ai periodici d'intrattenimento, in modo da abituare i propri lettori ad una fruizione del mezzo sempre nuova, inedita, non scontata né prevedibile.

L'Historieta - così viene chiamato il fumetto in Argentina - è sempre stata il frutto di mille influenze (di certo è presente un profondo legame con la scuola italiana), arrivando a presentare grandi personalità, tra editori, sceneggiatori e disegnatori, variando brillantemente i temi narrativi proposti (che vanno dal fumetto comico a quello satirico, da quello più ingenuamente avventuroso a quello che propone una lettura dell'avventura più sofisticata, fino a dimensioni distopiche e chiaramente politiche) e dando origine a personaggi e storie memorabili.

La lista di grandi autori argentini o sudamericani che si sono mossi in quel settore è di certo lunga, ma un nome resta sempre e comunque in cima alla vetta, quello di Alberto Breccia.


Nato a Montevideo (Uruguay) il 15 aprile del 1919 da una famiglia d'origini italiane, all'età di tre anni emigra con i genitori in Argentina, crescendo a Buenos Aires. Interrompe gli studi di computisteria per andare a lavorare come operaio in una fabbrica, continuando a disegnare solo per passione e affinando il suo stile creando, ancora adolescente, il suo primo personaggio a fumetti, "Mister Pickles", protagonista di una serie umoristica della quale riesce a vendere una decina di strisce alla rivista "El Resero". Successivamente crea la serie "Don Urbano" che viene pubblicata sulla rivista "Paginas de Columba".

Nel 1938 l'editore Manuel Láinez gli commissiona i suoi primi personaggi realistici ("Ralph Norton", il cowboy "Kid de Rio Grande" e il viaggiatore nel tempo "Rosengram"), dei quali scrive i testi oltre a realizzare i disegni compresivi di lettering. Contemporaneamente collabora ad altre serie come "Rataplán", "El Gorrión", "Gentleman Jim", "Puño Blanco", il "Detective Mu-Fa", "Pancho López" e con pubblicazioni umoristiche come "Mariquita Terremoto". In queste prime opere lo stile di Breccia trae ispirazione dai lavori di tre grandi nomi del fumetto nordamericano: Burne Hogarth, Alex Raymond e Milton Caniff. Dopo quel periodo iniziale all'insegna della tradizione, arriva però ben presto a manifestare una personalità decisamente più originale e marcata, con intuizioni grafiche non usuali, spesso inedite e sempre efficaci. Nel tempo, la sua influenza nella storia del fumetto argentino risulta così evidente che, da un certo punto in poi, gli venne assegnato il soprannome El Viejo, cioè il Vecchio, o, per meglio dire, il Patriarca dell'historieta. Un soprannome sincero e affettuoso insieme, che andava a significare il profondo rispetto e l'ammirazione che godeva tra tutti suoi colleghi. Breccia è stato uno dei massimi esponenti dell'arte del fumetto, e anche se mai come nel suo caso la definizione di artista ha avuto senso, lui in nessun momento della sua vita si è sentito a suo agio nell'essere definito in quel modo, perché si percepiva come appartenente ad una generazione di disegnatori diversa, molto più legata ad una dimensione operaia del lavoro, o comunque artigiana.

Ogni segno e ogni pennellata nelle sue tavole era il frutto di sapienza, cultura, sensibilità, infinita ricerca e, ovviamente, di un enorme e puro talento, senza compromessi né artificializzazioni; tutte caratteristiche che hanno fatto di Breccia un punto di riferimento assoluto nella storia del fumetto mondiale.

In sintesi, Alberto Breccia stato il perfetto esempio di cosa si può arrivare a realizzare sulla carta e di quanta ricchezza narrativa il fumetto possiede.


Capolavori assoluti come "Mort Cinder" o la controversa rilettura de "L'Eternauta" (entrambi scritti da Hector G. Oesterheld), oppure "Perramus" (con Juan Sasturain), "Chi ha paura delle fiabe", "Un certo Daneri" e "L'acchiappastorie" (su testi di Carlos Trillo), o ancora "I miti di Cthulhu" (tratto dallo stesso Breccia dai celebri racconti di Howard P. Lovecraft), sono solo alcune delle splendide opere realizzate dalla mano di questo straordinario autore, che ha sviluppato nel tempo il suo stile senza mai fermarsi sulle cose già fatte o dimostrate, mettendosi costantemente in gioco e alla prova. Tutte opere caldamente consigliate a chi ancora non le conosce.

Nella storia del fumetto non sono molti gli autori che hanno tentato di allargarne i confini espressivi e narrativi, e ancora meno sono quelli che ci sono riusciti, ma Breccia è sicuramente uno di questi.

Breccia riuscì a comprendere pienamente le potenzialità contenute nell'historieta, mezzo di comunicazione molto amato dall'autore, e consapevolmente cercò quindi nuove strade per arrivare ad esprimersi in modi differenti, stimolanti, inediti, più completi; tutte cose che per lui diventarono esigenze pressanti. Grazie anche all'intelligenza di alcuni editori che intuiscono il valore di tale tentativo, l'artista comincia quindi a lasciare molto più spazio al suo mondo interiore e ad imprimerlo sulla carta, facendo capire, forse meglio e prima di tanti (se non di tutti), quante e quali possibilità espressive abbia in sé il fumetto, da sempre ritenuto erroneamente un supporto di facile fruizione e perciò secondario o addirittura scadente (ai tempi di Breccia come, in parte, ancora oggi).


Dopo aver ampiamente dimostrato il suo valore come disegnatore, collaborando ad un'infinità di pubblicazioni di vario genere (nel mondo del fumetto di quel primo periodo è doveroso ricordare anche i suoi lavori per le serie di "Vito Nervio" e "Sherlock Time"), dove la sua attenzione è già in cerca di nuove soluzioni, Breccia comincia un percorso che lo porterà verso sperimentazioni davvero audaci senza mai farle sembrare fini a se stesse o modaiole ma anzi ricche di significato, valore estetico e importanti dal punto di vista di possibili nuove strade tracciate e da percorrere nella narrativa disegnata. Accanto a disegni chiari, di stile classico e ben definito, l'autore comincia ad accostare le tecniche più disparate: un segno più tormentato, molto istintivo e in stile espressionista, con inchiostrazioni fatte solo di masse bianche e nere oppure utilizzando spesso la tecnica della mezzatinta, o addirittura veri e propri collage, dove sulle tavole viene sovrapposto un'infinità di materiale diverso, come strisce di giornale, foto di ogni genere e, ovviamente, disegni. In questo senso sono rappresentative opere geniali come: "Dracula", "Rapporto sui ciechi", "Gli occhi e la mente", "Quattro racconti" e i già citati "Un certo Daneri", "Chi ha paura delle fiabe?", "Perramus" e la sua versione de "L'Eternauta".


Padre di due disegnatori di calibro internazionale, Enrique e Patricia, Alberto Breccia ha anche insegnato per diciassette anni alla Escuela Panamericana de Arte, istituto che ha anche contribuito a fondare.

Dopo varie collaborazioni con Hector Oesterheld (autore anche della versione originale de "L'Eternauta") in cui realizzano anche uno dei capolavori assoluti del fumetto di tutti i tempi, vale a dire "Mort Cinder" (1962), i due autori si ritrovano anche in altre produzioni, tipo "Vita del Che", fumetto del 1968 incentrato sulla vita del rivoluzionario Ernesto Guevara ed alla cui realizzazione collabora anche Enrique Breccia. "Vita del Che" esce a puntate su una rivista nel 1968 e poi in volume, che ottiene un notevole successo, ma diventa un'opera scomoda a causa della drammatica situazione politica che in quegli anni stava vivendo l'Argentina, e viene messa al bando quando Isabelita Perón sale al potere. Dopo il colpo di stato militare del 1976, l'editore della storia viene ucciso, Oesterheld (e gran parte della sua famiglia) finiscono nelle tristi liste dei desaparecidos (e non solo per quella storia) e i Breccia, temendo la stessa sorte, distruggono tavole e lastre originali, salvandone solo una copia, pare seppellendola in giardino.

L'opera torna a vedere la luce della stampa nel 1987 in Spagna (per le riproduzioni si partì dalle poche copie salvate dell'edizione argentina), e nel 1995 in Italia (prima per la Topolin Edizioni e poi per la Rizzoli).

Nel 1989, il suo splendido lavoro fatto per "Perramus", serie scritta da Juan Sasturain e che ben testimonia l'ultimo periodo artistico dell'autore, ottiene il premio Amnesty nella categoria del miglior libro in favore dei diritti umani.


Alberto Breccia viene a mancare il 10 novembre 1993 a Buenos Aires, data che in Argentina è stata scelta per celebrare la "Día del Dibujante" (La Giornata del fumettista o del disegnatore), pensata per riconoscesce il lavoro di ogni singolo artista che, attraverso le sue opere, diffonde la cultura in tutto il mondo Nel 2019, per celebrare il centenario della sua nascita, sono state allestite moltissime mostre a lui dedicate.


In Italia i lavori di Breccia cominciano a comparire fin dagli anni '60 su numerose riviste di fumetti, come "Mort Cinder" sulle pagine de "Il Mago" e di "Lanciostory"; "L'Eternauta" su "Linus", "Alteralter" e "Il Mago"; "Perramus" su "Orient Express" e "L'Eternauta"; "Un tal Daneri" su "Linus" ed "Alter"; "Buscavidas" su "Alteralter", "L'Eternauta" e "Comic Art"; "Gli occhi e la mente" su "L'Eternauta"; "Armi da fuoco" e "Agente Nessuno" su "Skorpio"; "Sherlock Time" su "Lanciostory"; "I Miti di Chthulu" su "Il Mago" e "Alteralter". La quasi totalità di queste opere è stata poi riproposta in volume. Nel video che segue - una puntata del programma televisivo argentino "Continuarà" (dedicato completamente all'historieta) -, sono presi in esame la figura di Breccia e il lavoro fatto su "Mort Cinder". La puntata, condotta da Juan Sasturain, dura complessivamente una mezz'oretta (è in lingua originale, ma il tutto è comunque piuttosto comprensibile). Vale sempre la pena di riascoltare la voce del grande Maestro sudamericano, anche (soprattutto?) per quello che dice dal minuto 6.05 in poi. E se lo dice lui...

Qui di seguito trovate altri video (nessuno in italiano, purtroppo) dedicati al Maestro e dove racconta se stesso e il suo lavoro (anche come lo intende). Il primo è tratto dalla trasmissione "Mastercomic's", uno dei primi programmi televisivi argentini ad occuparsi in maniera approfondita del fumetto, mentre l'ultimo è invece il trailer di "Los Imaginadores", un documentario del 2008 diretto da Daniela Fiore e dedicato alla storia della historietas, dove molti autori, tra cui Horacio Altuna, Juan Sasturain e Carlos Meglia, parlano di fumetti, di stili, di personali influenze e, ovviamente, di Breccia. In ogni caso, sono solo dei piccoli e di certo insufficienti esempi per provare a descrivere l'arte di questo autore, capace di muoversi con apparente disinvoltura in mille stili grafici e narrativi, stili che El Viejo sapeva padroneggiare come pochi al mondo hanno dato prova di saper fare, restando sempre e comunque unico e riconoscibile.


Buona visione e, nel caso, buone letture!



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