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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

"Nato d'uomo e di donna" - Un racconto di Richard Matheson

Aggiornamento: 19 apr 2022

Uno dei più celebri racconti dello scrittore americano, che parla di paura, orrore e dell'impossibilità di accettare il fato, oltre che di quando la fame per qualsiasi tipo di amore arriva a trasformarsi in odio.

"Più o meno una trentina d'anni fa, la mia cassetta della posta cominciò ad essere inondata dalle lettere di un ragazzo che voleva con tutto se stesso diventare uno scrittore. Non ricordo quante fossero precisamente le lettere, né come io scelsi di rispondere. Sono certo di aver ringraziato il giovane per i complimenti da lui rivolti ai miei libri; gli raccomandai anche, se non ricordo male, di buttare giù qualche pagina ogni giorno, da quel momento in avanti. Almeno spero di averlo fatto. Perché nel corso dei tempi, da quel ragazzo è nato Richard Matheson." (dall'introduzione scritta da Ray Bradbury per "Duel e altri racconti")


Nato ad Allendale nel New Jersey il 20 febbraio del 1926, Richard Matheson trascorre la sua infanzia a Brooklyn. Talento precoce nella scrittura, già ad otto anni arriva a pubblicare alcune poesie sul "Brooklyn Eagle". Nel 1943 si diploma alla Brooklyn Technical High School per poi entrare nell'esercito, dal quale viene congedato dopo essere stato ferito in azione. Studia giornalismo all'Università del Missouri e nel 1950 pubblica il suo primo racconto, "Nato d'uomo e di donna" ("Born of man and woman"), sul "Magazine of Fantasy and Science Fiction". Con i suoi racconti successivi esplorerà molti generi, tra cui la fantascienza (o il fantastico più in generale), il giallo, il thriller e l'horror, segnalandosi per inventiva, una straordinaria efficacia narrativa e un'evidente originalità.


L'adattamento cinematografico di uno dei suoi più celebri romanzi, "Tre millimetri al giorno" ("The shrinking man" - 1956), diretto nel 1957 da Jack Arnold (film uscito in Italia con il titolo "Radiazioni BX - Distruzione uomo"), lo fa conoscere al grande pubblico (e lo risolleva da un periodo non facile per lui). Il rapporto tra Matheson e il cinema diventa mano mano sempre più fitto, e titoli come "L'Ultimo uomo della Terra" ("The last man on Earth", del '64), "1975 - Occhi bianchi sul pianeta Terra" ("The Omega man", del '71) e "Io sono leggenda" ("I am legend", del 2007), sono stati tratti tutti da un unico suo romanzo, forse il più famoso tra quelli da lui scritti: "Io sono leggenda" ("I am legend", uscito negli states nel 1954 e inizialmente tradotto qui in Italia con il titolo "I Vampiri"). Nel 1971 esce poi "Duel", il primo lungometraggio firmato da un giovanissimo Steven Spielberg, tratto invece da un breve racconto di Matheson e sceneggiato dallo stesso scrittore.


Lo spunto per "Duel" venne in mente a Matheson nel 1963 (il racconto uscì nel 1971 sulla rivista "Playboy"), il giorno dell'attentato a John F. Kennedy a Dallas, quando, tornando a casa in macchina con un amico dopo una giornata di pesca, venne (in)seguito a lungo da un camion che rischiò spesso di mandarlo fuori strada. Non seppe mai dire con certezza se il fatto di essere sconvolto per la notizia appresa per radio sull'attentato al presidente contribuì a fargli vedere, ingigantendola, una potenziale minaccia anche dove, forse, non ce n'era alcuna. Questa fu sempre però la maggiore abilità di Matheson, quella cioè di saper innescare all'improvviso, in una situazione assolutamente quotidiana e ordinaria, il fantastico, l'inatteso, l'orrore, facendo perdere ogni riferimento e sicurezza ai suoi personaggi (come ai lettori) e precipitandoli in una lotta spesso spossante per tentare di ridare un senso alla loro vita, e di salvare, con essa, anche la ragione mentale.

Tra i suoi romanzi vale senz'altro la pena di segnalare anche "Io sono Helen Driscoll" ("A stir of hechoes", del 1958, portato al cinema da David Koepp nel 1999), oltre che antologie di racconti come "Regola per sopravvivere", "Shock" e "Terzo dal Sole", in cui ne appaiono di straordinari.

Richard Matheson è stato anche un prolifico sceneggiatore televisivo, e un forte contributo lo diede alla celebre serie ideata da Rod Serling, "Ai Confini della realtà", scrivendone ben quindici episodi. Ha collaborato poi per altre serie tv, come "Star Trek", "Cheyenne" e "Alfred Hitchcock presenta". Nel 2011, da un suo breve racconto intitolato "Acciaio" ("Steel", del 1956), viene tratto "Real steel", un film di fantascienza diretto da Shawn Levy e che ha come protagonista Hugh Jackman.


Richard Matheson scompare a Los Angeles il 23 giugno del 2013.


Qui di seguito trovate sia il testo che l'audiolibro di "Nato d'uomo e di donna", che, come detto, è il primo racconto in assoluto pubblicato da Matheson, recentemente ripresentato qui in Italia in "Duel e altri racconti" ("Duel - Terror stories by Richard Matheson"), uscito nel febbraio del 2005 nella collana Collezione Immaginario Dark dell'editore Fanucci, che comprende 18 racconti, principalmente storie di fantascienza degli anni '50, e che vanta un'introduzione firmata da Ray Bradbury.

"Nato d'uomo e di donna" - di Richard Matheson


Questo giorno quando ha avuto luce la mamma mi ha chiamato un obbrobrio. Sei un obbrobrio, ha detto. Ho visto la rabbia che stava dentro i suoi occhi. Chissà cos'è un obbrobrio. Questo giorno ha avuto l'acqua che cadeva dal di sopra. Cadeva tutto intorno, l'ho vista bene. La terra di dietro l'ho guardata dalla finestrella. La terra succhiava dentro tutta l'acqua come avesse una grossa sete. Ha bevuto troppo e così dopo ha vomitato una cosa molle e marrone.  L'ho guardata ma non mi piaceva. La mamma è bella invece. Qui, nel posto che dormo con tutti i muri freddi in giro ho una cosa di carta che prima era con tanta carta dietro la caldaia. Sopra dice "Stelle del cinema". Nelle figure c'è tutte facce come la mamma e il papà. Il papà dice che sono belle. Una volta l'ha detto e anche la mamma ha detto lui. La mamma così bella e io invece tanto brutto. Guardati come sei ha detto e non aveva la faccia di quando è gentile. Io ho toccato il braccio suo e ho detto fa lo stesso papà. Lui ha tremato tutto e poi è andato dove che io non lo potevo toccare. Questo giorno la mamma ha allentato un poco la catena così che io posso guardare nella finestra piccola. Così ho visto l'acqua che cadeva dall'alto.


Questo giorno era dorato in alto. L'ho capito perché l'ho guardato e gli occhi mi hanno fatto male. Dopo che l'ho guardato la cantina era tutta rossa. Credo che è chiesa. Loro vanno via da sopra. La grossa macchina li inghiotte e passa via presto e non li vedo più. Nella terra di dietro c'è la piccola mamma. È molto più piccola che me. Io sono grosso. È un segreto ma ho strappato la catena fuori dal muro. Posso andare e guardare nella finestra piccola tutto come mi piace. Questo giorno quando è stato il buio ho mangiato il mio cibo e anche qualche scarafaggio. Sento che ridono sopra. Io voglio sapere la ragione che ridono, mi piace. Allora ho preso la catena dal muro, me la sono attorcigliata intorno e ho strisciato dove sono le scale. Quando cammino sopra fanno ciac ciac, gli scalini loro sembra che gridino. Le gambe scivolano perché non so camminare sopra le scale. I piedi si appiccicano al legno. Sono salito e ho aperto una porta. Era un posto tutto bianco. Bianco come le piccole luci bianche che vengono dal disopra qualche volta. Sono entrato e stavo fermo. Sento ancora che ridono un pezzetto. Vado nella parte dove viene il rumore e guardo dentro. C'è tanta gente che non credevo. Ho pensato che andavo anch'io dentro e ridevo con loro. La mamma è venuta dalla mia parte e ha aperto la porta che dietro c'ero io. Sono caduto indietro sul liscio del pavimento e la catena ha fatto del rumore. Ho gridato. Lei ha fatto un rumore come un sibilo e ha messo una mano davanti alla sua bocca. Gli occhi erano grossi grossi. Mi ha guardato. Ho sentito il papà che gridava. Cosa è caduto ha chiesto. Lei ha detto l'asse da stiro. Vieni aiutami a tirarlo su ha detto. Lui è venuto e ha detto ma non è poi così pesante che tu non ce la puoi fare da sola. Mi ha visto è diventato tutto rosso in faccia.

La rabbia gli è venuta dentro gli occhi. Mi ha picchiato. Ho versato il mio liquido del braccio. Non era bello. Faceva un brutto verde tutto sul pavimento. Il papà mi ha detto va in cantina. Io tanto volevo andare. La luce adesso mi faceva male dentro gli occhi. Nella cantina invece non fa male. Il papà mi ha legato le braccia e le gambe. Mi ha messo nel posto dove dormo. Di sopra ho sentito che ridevano e intanto io stavo buono e fermo e guardavo un ragno nero che dondolava e mi scendeva giù addosso. Ho pensato a quello che ha detto il papà. Oddio ha detto. E ha solo otto anni.


Questo giorno il papà ha di nuovo messo la catena nel muro prima che venisse la luce. Devo cercare di strapparla di nuovo. Ha detto che ero cattivo a venire nel disopra. Ha detto non farlo mai più se no lui mi deve picchiare forte. Quello fa male. Ho dormito tutto il giorno con la testa appoggiata contro il muro che è freddo. Ho pensato al posto tutto bianco che è sopra.

Ho strappato la catena dal muro. La mamma era di sopra. Ho sentito piccole risate molto forti. Ho guardato nella finestra. Ho visto tutta piccola gente come la piccola mamma e anche come dei piccoli papà. Sono belli. Facevano dei rumori che mi piacevano e saltavano su tutta la terra di dietro. Le loro gambe si muovevano presto presto. Sono come la mamma e il papà. La mamma dice che quelli bravi sono tutti come loro. Uno dei piccoli papà mi ha visto. Ha puntato il dito sulla finestra. lo ho staccato i piedi e sono scivolato giù dal muro dentro il buio. Mi sono tutto arrotolato così non mi vedevano. Ho sentito che parlavano davanti alla finestra e i piedi che si muovevano presto. Nel disopra c'è stata una porta che ha picchiato. Ho sentito la mamma piccola gridare nel disopra. Ho sentito dei passi pesanti sulla scala e sono andato di corsa nel posto dove dormo. Ho picchiato la catena nel muro e mi sono messo a pancia in giù. Ho sentito la mamma che scendeva dal di sopra. Sei stato alla finestra ha detto. Ho sentito la rabbia. Sta lontano dalla finestra. Hai di nuovo strappato la catena. Ha preso il bastone e mi ha picchiato forte. Io non ho pianto. Non so come si fa. Ma il mio liquido ha bagnato tutto dove dormo. Lei l'ha visto e ha fatto un salto indietro e poi ha fatto un rumore. O miodiomiodio ha detto perché mi hai fatto questo? Ho sentito il bastone cadere forte sul pavimento di pietra. Lei è andata sopra le scale e correva. Ho dormito tutto il giorno.


Questo giorno ha di nuovo avuto l'acqua. Quando la mamma era nel disopra ho sentito quella piccola che veniva giù piano sopra le scale. Ho scappato nel ripostiglio del carbone perché la mamma ha la rabbia se la mamma piccola mi vede. Aveva insieme una piccola cosa che si muoveva. Camminava sulle braccia e aveva delle orecchie con la punta. Lei gli diceva delle cose. E poi c'è stato che la piccola cosa ha sentito il mio odore. È venuta di corsa sopra il mucchio del carbone e mi ha visto giù nel basso. Aveva tutti i peli dritti. Nella gola ha fatto un rumore cattivo. Io ho fatto il sibilo con la bocca ma la cosa m'ha fatto un salto addosso. lo non volevo farle male. Ho avuto la paura perché ha morso più forte di quando lo fa il topo. Così l'ho presa stretta. Faceva dei rumori che non ho mai sentito. L'ho tutta schiacciata insieme, e poi lei era molle e rossa sul carbone nero. L'ho messa ben nascosta quando la mamma ha gridato. Avevo la paura del bastone. Lei andata via. Ho strisciato sopra il carbone con la cosa e poi l'ho messa nascosta sotto il cuscino. Ho anche picchiato la catena nel muro. Questa è un'altra volta. Il papà mi ha legato stretto con la catena. Ho male perché lui mi ha picchiato. Questa volta ho strappato via il bastone dalla sua mano e ho fatto il rumore. Lui è andato via con la faccia tutta bianca. Si è messo a correre via dal posto dove dormo e ha chiuso la porta. Io non sono tanto contento. Tutto il giorno è freddo qui dentro. La catena viene via piano dal muro. E ho una rabbia brutta con la mamma e con il papà. Gli faccio vedere. Voglio fare di nuovo quella cosa che ho fatto una volta. Voglio gridare e ridere forte. Voglio correre su per i muri. Alla fine mi attacco al soffitto con tutte le mie gambe e pendo giù con la testa e rido e gli faccio colare il mio liquido verde sopra la testa così gli rincresce che sono stati cattivi con me. E poi se vogliono picchiarmi di nuovo gli faccio male. Tanto male, ecco. Lo prometto.


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