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Immagine del redattorePasquale Frisenda

F come Fumetto (24): "Kriminal" di Max Bunker e Magnus (1964)

Aggiornamento: 3 mag

Brevi segnalazioni su singole storie, albi, libri e serie rigorosamente a fumetti.

"Kriminal" di Max Bunker e Magnus (Italia - 1964)


"Tormentato da un tragico passato (la sua adolescenza trascorsa in riformatorio a seguito della morte del padre, spinto al suicidio dopo essere stato ridotto sul lastrico, con sua madre e sua sorella anch'esse vittime della corruzione), Antony Logan è ora un uomo amareggiato dalla vita che decide di vendicarsi del mondo diventando uno spietato criminale. Agisce celando la propria identità attraverso un funereo travestimento: una calzamaglia gialla, con impresso uno scheletro nero stilizzato, e una maschera che rappresenta un teschio. Si fa chiamare Kriminal, e appare ovunque ci siano luoghi composti da persone corrotte, perverse e prive di scrupoli..."


La serie di "Kriminal" fu creata dall'incredibilmente prolifico Max Bunker (al secolo Luciano Secchi, sceneggiatore che per il suo pseudonimo artistico scelse l'abbreviazione del suo secondo nome, Massimiliano, abbinandola ad un nomignolo che gli fu affibbiato quando era adolescente, a causa di un equivoco da lui fatto durante un gioco, dove credette che "bunker" era il nome di un luogo, e per il fatto che, durante le partite con gli amici, in porta parava quasi tutto) e da Magnus (ovvero Roberto Raviola. Il suo nome d'arte del disegnatore arriva invece dal motto goliardico "Magnus pictor fecit", un ricordo dei tempi dell'Accademia di belle arti frequentata a Bologna), e uscì in edicola per la prima volta nel 1964 sull'omonima collana edita dall'Editoriale Corno.

Appartiene al filone del fumetto nero italiano, di cui, con il "Diabolik" delle sorelle Giussani (uscito pochi anni prima) e "Satanik" (serie nata sempre nel '64 e sempre dal duo Bunker e Magnus), ne ha rappresentato per anni i vertici.


In quegli anni, la popolarità crescente di Diabolik fece nascere una pletora di testate simili, quali "Sadik" o "Zakimort", che cercarono di sfruttare il favore del pubblico per quel genere di pubblicazioni ma rivelandosi essere solo delle mediocri imitazioni dell'originale.

L'uscita di un personaggio come "Kriminal" - e successivamente di "Satanik" - si segnalò invece per diversi motivi, altamente innovativi, originali e per certi aspetti persino rivoluzionari nel panorama culturale italiano del periodo (ad esempio, la vita del protagonista che si evolve da albo ad albo, anche con diverse sottotrame).

"Kriminal" ebbe da subito uno straordinario successo di pubblico, e il primo numero rappresenta nientemeno che l'esordio di Magnus nel mondo del fumetto, arrivato a collaborare alla serie dopo aver letto un'inserzione dove la casa editrice Corno cercava un disegnatore dal segno pulito e moderno (e questo per differenziare la nuova testata da un'altra produzione di Max Bunker che allora stava riscuotendo molto riscontro: il western "Maschera nera", disegnato da Paolo Piffarerio. In tal senso, Bunker ricorda: "Conobbi Raviola perché, avendo scritto la prima storia di "Kriminal", ero alla ricerca di un disegnatore adatto. Feci un annuncio e, tra i tanti, anche lui mandò dei campioni dei suoi lavori. Tra quelli che avevano risposto, era di sicuro il più dotato tecnicamente").

Lo stile di Magnus, inizialmente ancora grezzo, col tempo matura e si caratterizza.

Partendo da uno segno che trae la sua principale ispirazione dal fumetto statunitense degli anni '30 (tra cui i lavori di Alex Raymond e Russ Manning), Magnus sviluppa poi quello che sarà quel suo tratto distintivo, così marcato e preciso, diventando sempre più complesso e raffinato, e dopo la fine del lungo sodalizio con Max Bunker (con cui lavorò anche a titoli come "Maxmagnus", "Gesebel" e, soprattutto, al famosissimo "Alan Ford") si distinse in molti ed eccelsi lavori più personali, arrivando ad essere uno dei maggiori autori del fumetto italiano di tutti i tempi.

Alla lunga serie di "Kriminal" (il personaggio restò in edicola per circa 10 anni) collaborarono poi anche altri sceneggiatori, come Erasmo Buzzacchi, Gian Paolo Frascati, Paolo Floberti, Luciana Attardo Magrini, Maria Grazia Perini, e altri disegnatori, tra i quali Raffaele Cormio, Pini Segna, Giovanni Romanini, Francesco Verola e il già citato Paolo Piffarerio.

Da sottolineare sono senz'altro anche le notevoli e ammalianti copertine realizzate da Luigi Corteggi, tanto sapienti graficamente quanto visionarie.

Nel 2005, in occasione del 40º anniversario dell'esordio della serie, di Kriminal fu scritta una nuova avventura, divisa in due parti: "Ritorno dalla zona buia".

Le storie inizialmente sono prive di ogni traccia di ironia e il protagonista è un criminale vero e proprio, assolutamente senza scrupoli: forgiato da durissimi anni passati in riformatorio, manca di qualsiasi pietà e, carico di rabbia, cerca solo vendetta.

Il cinismo regna però anche nel mondo dove vive, nel quale non esistono personaggi positivi.

Rispetto alla serie di "Diabolik", che già aveva comunque avuto non pochi guai in ambito giudiziario, in quella di "Kriminal" si erano ulteriormente accentuati i toni violenti delle storie, provocando un intervento della magistratura che ordinò ampi sequestri degli albi e istruì persino dei processi, tutte cose che condizionarono lo sviluppo della collana.

Le tematiche affrontate e il modo crudo con il quale vengono raccontate creano scandalo (Bunker spesso e volentieri spinge l'acceleratore su aspetti che inevitabilmente sono destinati a fare rumore), e Kriminal diventa bersaglio di numerosi casi di censura e sequestro a causa dei contenuti troppo espliciti per l'epoca (qui sotto, i personaggi dei fumetti neri - da sinistra, Killing, Satanik, Sadik, Demoniak e un desolato Kriminal - vengono "processati" in un numero di "Tribuna illustrata" datato 1966. La copertina è di Mario Uggeri, noto anche come illustratore della "Domenica del Corriere").

In particolare il n° 5, "Omicidio al Riformatorio" (l'unico caso in cui Magnus si firma come Roberto Raviola), fu oggetto di accese critiche, sia per la trama, molto diretta, ma anche per la rappresentazione di ragazze seminude.

Per conseguenza, gli albi successivi subirono tagli e modifiche (nel 1989 sono stati però ristampati in versione integrale).

Dopo una quindicina di numeri, per le questioni appena citate le storie divennero meno violente, trasformandosi in veri e propri gialli, in cui Kriminal combatte contro organizzazioni criminali.

Nella società italiana degli anni '60, a loro modo Bunker e Magnus riuscirono comunque a sollevare in parte quel velo di moralismo che caratterizzava la rappresentazione della sessualità nelle arti visive e, a differenza di Diabolik, che era ancora molto castigato, su Kriminal appariranno le prime sequenze erotiche del fumetto italiano.

Si trattava soprattutto di procaci figure femminili, con pochi veli o addirittura nude (ritratte però di schiena), ma tanto bastò perché si scatenassero infinite polemiche.

In proposito, Bunker ebbe a dire: "Kriminal non rappresenta il feroce criminale sovvertitore e nemico dell'ordine, ma colui che dell'ordine si fa beffa, che irrompe con i sentimenti negativi ma tuttavia più notabili della sua natura umana in una società malata, stagnante, ammalata di perbenismo e, sconvolgendo tutto con un'azione delittuosa, si pone sì al di fuori della legge, ma afferma anche il suo diritto di scelta, il suo potere di accettare o rifiutare, di creare o di distruggere."


Mentre Magnus descrisse così l'intenzione della serie: "Diabolik era ancora fermo alle ballerine per far vedere le gambe e io non lo sopportavo. Così alla prima fanciulla di una storia che perdeva la gonna, disegnai indosso delle mutandine ricamate e lo feci con una tale accuratezza che Bunker stesso ne restò impressionato. Quelle mutandine, però, non potevano apparire negli albi o saremmo finiti in galera tutti quanti, e quindi le si ritoccava in sede di stampa trasformandole in enormi macchie di nero che andavano dai seni fin sotto le anche. Quelle pistolettate e quei nudi femminili nascevano forse da un lontano sogno infantile risalente ai tempi in cui divoravo, ogni quindici giorni, le avventure di "Pecos Bill". Ecco il punto: Pecos Bill e tutti i personaggi del suo tempo, secondo me, erano validissimi nei disegni, ma assolutamente scarsi di verità. Erano figure adolescenziali, perfette, che si ostinavano a minacciare i cattivi senza mai ricorrere alle armi, o che frequentavano ragazze affascinanti come Jane Calamity, senza mai sentirsene attratti. "Non è possibile!", pensavo. E sognavo in segreto di poter vedere, prima o poi, Pecos Bill che finalmente accoppava qualcuno e impegnato a letto con Sue Sluefoot e Jane Calamity...".


Non pochi intellettuali si scagliarono contro questo genere di pubblicazioni e furono davvero poche le voci fuori dal coro.

Tra di queste si distinse quella di Dino Buzzati, che alle critiche mosse ai fumetti neri, rispose: "Tecnicamente parlando non sono affatto male, perché hanno il dono della rapidità e della sintesi, che soddisfa le esigenze di un pubblico stufo di interminabili romanzi che non sanno di niente".

Un altro letterato, Leonardo Sinisgalli, colse "l’umorismo particolare, il gusto del grottesco tipico di Bunker, esaltato dal tratto originale di Magnus".

Dopo gli anni d'oro, con personaggi perlopiù importati dagli Stati Uniti, il fumetto, inteso come mezzo di comunicazione, in Italia fu relegato in una sorta di ghetto culturale, una zona d'ombra in cui è stato per lungo tempo rinchiuso, e video di questo genere ben rappresentano il tipo di considerazione che ha spesso patito, dove si parla solo ed esclusivamente del fenomeno dei fumetti neri esploso negli anni '60, così ricchi di scene violente e di "donne che non hanno mai freddo", ma la generalizzazione dell'insieme, senza valutare le eventuali differenze di qualità tra testata e testata, è esattamente quella tipica con cui il fumetto è stato tante volte etichettato e giudicato.

Uscire da quella situazione non è stato facile, ma in quel periodo figure come Oreste Del Buono, Umberto Eco, Federico Fellini o il già citato Dino Buzzati, insieme ad altri nomi di spicco della cultura italiana, cominciarono però a vedere e a raccontare il fumetto sotto un'altra luce, evidenziando le debolezze ma anche l'innegabile valore di molte produzioni, e la loro attenzione fu preziosa per dare un solido contribuito alla rivalutazione (almeno nel nostro Paese, cosa che altrove era già in atto) del potenziale narrativo e della ricchezza grafica presente nelle nuvole parlanti.


Il fumetto è stato trasposto sul grande schermo in due film, ma che risultarono, per diverse ragioni, entrambi insoddisfacenti: "Kriminal" (1966), diretto da Umberto Lenzi, e "Il marchio di Kriminal" (1968), con la regia di Fernando Cerchio.

Kriminal ha incontrato Satanik nell'albo n° 90 ("Quello che non ti aspetti") che risulta essere il primo esempio di crossover in un fumetto italiano; incontrerà poi anche il Gruppo TNT nell'albo n. 150 di "Alan Ford" ("Kriminalissimo") e l'ispettore Daniel nei n° 18 ("Il ritorno di Kriminal") e n° 19 ("Caccia a Kriminal") della serie dedicata a "Daniel" (scritta da Max Bunker e disegnata da Frank Verola).


Buone letture e visioni!



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