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Immagine del redattorePasquale Frisenda

Enrique Breccia - Anima sudamericana

Aggiornamento: 26 giu

Con le sue opere, così espressive e cariche di significati, si è fatto spesso cantore di questioni sociali ed eventi storici che sono stati determinanti per il suo Paese.

Enrique Breccia è da tempo uno dei più noti, stimati e apprezzati fumettisti, pittori e illustratori argentini, ed è riuscito a distinguersi nonostante la pesante eredità che si portava appresso, essendo il figlio di uno dei più grandi artisti latino-americani di tutti i tempi, Alberto Breccia, figura da cui viene profondamente influenzato fin dall'infanzia in molti di quei settori che riguardano la tecnica del disegno, come la pittura, l'illustrazione e, ovviamente, il fumetto, cosa che accadde anche alle sue sorelle, Patricia e Cristina, diventate poi note illustratrici.

Fa la sua apparizione nel mondo del fumetto con uno stile decisamente grafico, impostato su contrasti di bianco e nero assoluti, senza mezze misure, disegnando personaggi non realistici ma dotati di una forte carica simbolica, che delineano la sua origine sudamericana rifacendosi nettamente al muralismo, quel movimento pittorico nato dai grandi murales messicani per diffondere rapidamente e con immediatezza i messaggi del popolo per il popolo, arte che si estese poi in buona parte del Sud America, in particolar modo in Perù, in Brasile e, appunto, in Argentina.

Con le sue prime opere, così espressive e pregne di significati, Breccia si fa da subito cantore di questioni sociali ed eventi storici che sono stati determinanti per il suo Paese, ritraendo un'umanità dolente ma forte, calpestata da soprusi ma che rimane comunque dignitosa e fiera.

Non vuole però rimanere confinato in un unico modulo espressivo, e da lì a poco comincia ad inserire nel suo lavoro un segno diverso, dove agli iniziali neri pieni e drammatici cominciano ad affiancarsi fitti tratteggi, con cui l'autore evidenzia maggiormente i volumi e cerca con sapienza la rappresentazione concreta dei materiali. Un percorso professionale e artistico che è stato attraversato da un continuo e fervente cambiamento, condizionato e influenzato da molteplici correnti dell'arte sudamericana e mondiale, arrivando lui stesso a diventarne un significativo rappresentante: l'autore ha sempre incontrato nella pittura ad olio la sua massima espressione creativa, e più di 600 quadri fanno parte della sua collezione dal 1966 fino ad oggi. Enrique Breccia nasce a Buenos Aires, il 26 ottobre del 1945. Nel 1967, ad appena 22 anni, gli viene affidata la realizzazione di un murale alla Fundación Cardiológica Pombo de Rodríguez di Buenos Aires.

Esegue poi lavori in xilografia, dipinti ad olio, tempera e acquerello. Nel mondo dei fumetti esordisce l'anno successivo con un'opera di estremo rilievo e che disegna collaborando con suo padre: "Che" ("La Vida del Che"), una biografia su Ernesto "Che" Guevara scritta da Héctor Germán Oesterheld ad un anno dalla scomparsa del rivoluzionario. Questo si rivela per Enrique Breccia un impegno piuttosto gravoso, considerando anche l'inevitabile confronto con il lavoro di suo padre. Per realizzare quelle tavole, Alberto Breccia sceglie una linea relativamente tradizionale, concedendosi solo occasionalmente qualche vignetta più sperimentale, con un segno che vuole essere imparziale, descrittivo, al servizio della funzione storica del volume, mentre Enrique opta per un disegno dai forti contrasti, con bianchi e neri netti e personaggi stilizzati; uno stile che arriverà pienamente a rappresentare il suo lavoro in quegli anni; decisamente cupo, molto evocativo e adattissimo a narrare vicende di quel genere. La differenza di disegno non fa perdere equilibrio all'insieme, ma anzi facilita la comprensione del passaggio da un periodo all'altro della vita del Che, dato che gli episodi di Breccia padre e figlio sono proposti in parallelo. Quel fumetto ebbe una vita editoriale particolarmente travagliata, tanto che alcuni aspetti sono sfociati in leggenda: nel 1968 un editore chiese a Oesterheld di collaborare ad una collana dedicata a grandi personaggi argentini, di cui, come prima uscita, ci doveva essere proprio un volume dedicato a Ernesto Guevara. Il libro ottiene immediatamente un grande successo, ben oltre le previsioni dell'editore e degli autori, ma nel 1973, con l'avvento della dittatura militare, finirà tra quel tipo di letture messe al bando dal neonato regime ed il suo destino sarà segnato: diventa infatti estremamente pericoloso conservarne delle copie e così la gente si vede costretta a distruggere quelle in proprio possesso. Anche le tavole originali dei due autori, che si sentono minacciati, subiscono la stessa sorte.

Qualche anno dopo, Héctor Germán Oesterheld, come è noto, entrerà a far parte della triste schiera dei desaparecidos argentini. Poche copie del "Che" però scampano alla distruzione (sembra che lo stesso Alberto Breccia ne abbia sotterrato alcune nel suo giardino da recuperare in tempi migliori), e il volume riappare nel 1985 in Spagna (per le riproduzioni si parte dalle edizioni originali salvate). In Italia arriva nel 1995 edito di una piccola casa editrice milanese, la Topolin Edizioni, ma successivamente è stato riproposto e con una maggiore diffusione nel 2007 dall'editore Rizzoli.

In ogni caso, nel 1972 Enrique Breccia conferma il suo talento realizzando un altro dei suoi capolavori, "La guerra della Pampa" ("La guerra en la Pampa"), dove il segno già visto in "Che" si fa più maturo, completo e raffinato, in una sequenza di tavole meravigliose, che in maniera severa, diretta e secca raccontano, attraverso alcune brevi storie scritte proprio dall'autore, gli anni della giovane repubblica argentina dopo l'indipendenza ottenuta nel 1816, quando concentrò la sua attenzione sull'occupazione degli immensi territori che si trovano al di là di Buenos Aires: la pampa abitata dagli indios. Nonostante la grande quantità di nero presente nelle tavole, gli spazi aperti delle grandi pianure delle pampas risultano comunque pieni di luce abbagliante, che emerge dalle atmosfere ricreate da Breccia per avvolgere i personaggi messi in scena, così dense di polvere, fatica, tensione e sangue. Pur se visivamente le vignette sprigionano spesso una forza considerevole, il disegnatore congela le immagini in momenti fissi, con poche concessioni al dinamismo, per rendere più evidente il suo tributo e la sua derivazione dai murales messicani.

I racconti de "La guerra della Pampa", realizzati dal '72 al '76, sono stati pubblicati in Italia prima su rivista ("Linus" e "Alter Alter") e poi raccolti in volume dall'editore Editiemme (nel 1980) e dalle edizioni 001 (nel 2015).


Nel 1972 Breccia disegna anche "La revolución Mexicana", opera scritta ancora da lui, e inizia una lunga collaborazione con la casa editrice inglese Fleetway (per cui lavorerà fino al 1980) disegnando"Spy 13", anche se firma la serie usando uno pseudonimo. Quello è un periodo di grande attività per Breccia, che realizza a fumetti "La leggenda di Till Ulenspiegel" ("La leyenda de Thyl Ulenspiegel"), un adattamento dell'opera di Charles de Cóster scritto da Norberto Buscaglia (rimasto incompiuto), sceneggiatore con cui collaborerà anche in altre occasioni, da lì a poco diventa illustratore per la storica rivista argentina "Billiken", la più antica pubblicazione per ragazzi in lingua spagnola (fu fondata nel 1919), e comincia a lavorare per la rivista italiana "Linus", con nuove storie scritte da lui. Nel 1976 arriva per il giovane disegnatore una prima, vera svolta nella carriera: conosce lo sceneggiatore Carlos Trillo, con cui, per la rivista "Skorpio" delle Ediciones Record, dà vita a "El Buen Dios" e, immediatamente dopo a quello che sarà uno dei loro più grandi successi, un personaggio che li porta all'attenzione della critica specializzata e dei lettori, facendoli entrare nella storia del fumetto: "Alvar Mayor". Le storie di Alvar Mayor sono ambientate nel Perù del XVI secolo e il protagonista è un meticcio, figlio di madre incas e di padre spagnolo, quest'ultimo tra i primi conquistadores al seguito di Francisco Pizarro. Mayor si propone spesso come guida attraverso le regioni del Sudamerica, accompagnato dall'amico indigeno Tihuo, e le vicende in cui è coinvolto permettono agli autori di offrire un loro personale quanto sentito e disincantato ritratto di cosa ha significato per le popolazioni native l’arrivo dei conquistadores.

In Alvar Mayor si sentono quindi forti legami con la Storia dell'America Latina, ma, proprio per questo, ci si ritrova immersi anche in dimensioni spesso fatate, soprannaturali, piene di romanticismo e di atmosfere struggenti. La serie, composta da 57 episodi di 12 tavole ciascuno, è divisa in tre precisi cicli narrativi: il primo si concentra su una dimensione puramente avventurosa, con spedizioni alla ricerca dei leggendari tesori; il secondo è ricco di vicende oniriche e fantasiose, dove la magia e il mistero assumono un ruolo determinante; il terzo e ultimo è invece concentrato su un viaggio personale di Alvar Mayor alla ricerca delle sue radici.

Sempre con Carlos Trillo, Breccia realizzerà poi il surreale "Los Viajes del Marco Mono", "El Reino del Azul" e un'altra celebre serie, "Robin delle stelle" ("El Peregrino de la Estrellas"). Qui Trillo riesce in una impresa davvero difficile: coniugare i classici temi della letteratura di mare (l'avventura, il cameratismo, la sfida contro l’ignoto, la ribellione dei subalterni, la solitudine ecc...) con quelli tipici del fantasy e della fantascienza, e lo fa così bene che i vari generi arrivano a miscelarsi alla perfezione, senza mai stridere tra di loro. La serie permette di dare sfogo alla creatività dello scrittore, qui senza freni, ma, rispettando comunque in pieno il personale stile dell'autore argentino; la sua escursione in questo fantasy a briglie sciolte non è mai fine a se stessa o banale, e anzi nelle varie vicende sono sempre ben presenti i temi a lui cari, come l'analisi umana e sociale e la cura psicologica dei suoi personaggi. A dare forma, forza e concretezza all'immaginazione di Carlos Trillo ci pensano gli straordinari disegni di Breccia: le molte vignette che raffigurano il vascello settecentesco che naviga nell'immensità dell'Universo sono davvero magnifiche e incredibilmente suggestive. Con il suo segno incisivo, un sapiente uso dei chiaroscuri e una sensibilità non comune, Breccia rende magistralmente tutti i fantasiosi mondi visitati dall'equipaggio della goletta, oltre che le caratterizzazioni dei molti personaggi con cui entreranno in contatto, per non parlare dell'espressività dei volti dei protagonisti: da quello collerico e avvezzo al bere di Jonah; a quello del giovane e ancora ingenuo O’Flagherty, oppure all'intrico di rughe presenti su quello di Robin, che evidenziano invece un personaggio segnato dalla malinconia, forse per una donna che da troppo tempo non c’è più.

Per le Ediciones Record, Breccia lavora poi al fianco anche di molti altri importanti sceneggiatori, come Guillermo Saccomano, Ricardo Barreiro e Walter Slavich, con cui realizzerà innumerevoli storie, sia lunghe che brevi. Dal 1979 al 1981, in collaborazione con suo padre, realizza disegni in bianco e nero su eventi storici ed personaggi di rilievo della storia argentina - "Rivoluzione di maggio, Manuel Belgrano" ("Revolución de Mayo"), "Dichiarazione di indipendenza dell'Argentina", "José de San Martín", "Battaglia della Vuelta de Costretto", "Cornelio Saavedra", tra gli altri - per una serie televisiva trasmessa tra il 1980 e il 1982 dalla ATC (Argentina Televisora Color). Queste illustrazioni, in forma di cartone animato, furono in seguito colorate da sua sorella Patricia.

Nel 1983, Enrique Breccia e un altro nome di primo piano del fumetto argentino, Robin Wood, realizzano "Ibáñez" per la rivista "D'artagnan" dell'Editorial Columba. In quegli anni disegna anche parecchi adattamenti a fumetti di romanzi famosi come "L'isola del tesoro" e "Moby Dick". Nel 1984, appare sul mercato editoriale argentino "Fierro", una delle (ultime) riviste che hanno segnato lo sviluppo dell'historieta, e Breccia inizia a collaborarci fin dall'inizio. Su "Fierro" appariranno due sue importanti serie, da lui scritte e disegnate: "Il Collezionista di sogni" ("El Sueñero"), considerato dall'autore un'opera autoreferenziale, dove, in un tempo indefinito, personaggi di fantasia e mitologici vivono avventure di carattere satirico-umoristico con riferimenti popolari o a personaggi politici argentini rivisti e reinterpretati dalla matita di Breccia (una seconda parte de "El Sueñero" la realizzerà vent'anni dopo), e "Il cacciatore di tempo" ("El Cazador del Tiempo"), oltre a lavori come "Metro-Carguero", da lui scritto per i disegni di Domingo "Cacho" Mandrafina, e "Il regno blu", dove ritrova alla sceneggiatura Carlos Trillo.

Su sceneggiatura di Felipe Hernández Cava realizza invece la prima parte della trilogia dedicata a "Lope de Aguirre", serie dedicata alla figura del conquistador spagnolo-basco (1510-1561) mandato assieme ad altri coloni in cerca del mitico El Dorado del fiume Rio delle Amazzoni, che diventò il capo nella ribellione contro Filippo II, prima di essere sconfitto e ucciso. Anche in quest'opera lo stile di Breccia fa un ennesimo salto in avanti, presentando tavole a colori di una bellezza suprema.

Nel 2000 va ad abitare per un certo periodo a New York, e prende contatto con alcuni editori statunitensi. Lavora per la Marvel e per la DC Comics, sia con storie dedicate ad alcuni supereroi (Wolverine, Batman) che con progetti più complessi, come quello realizzato per la linea Vertigo della DC Comics, ovvero "Lovecraft", un volume scritto da Hans Rodionoff e dedicato alla figura di H.P. Lovecraft, che narra in maniera romanzata la sua vita. Sempre per la DC Comics, dal 2005 al 2007 realizza 22 storie per la serie "Swamp Thing".

Nel 2011, per il mercato francese, disegna "Les sentinelles", pubblicato dalle edizioni Delcourt, e nello stesso anno si trasferisce in Italia. Nel 2012, inizia invece a collaborare con la Sergio Bonelli Editore, per cui firma alcune copertine alternative e una breve storia di Dylan Dog pubblicata sull'ottavo numero del "Dylan Dog Color Fest", mentre, nel 2016, esordisce nelle edicole il texone da lui firmato, intitolato "Capitan Jack". Nell'intensa e inarrestabile produzione di Breccia non potevano mancare i romanzi illustrati, e quindi escono "Moby Dick", "Il Re del fiume d'oro", "Le montagne della follia" o "Koolau il lebbroso". Tra i molteplici premi a lui assegnati vanno ricordati almeno il Premio Pléyade del 1993, il Gran Guinigi a Lucca Comics del 2011, e il Diploma di merito dei Konex Awards nel 2012, ricevuto come riconoscimento per essere uno dei migliori illustratori argentini dell'ultimo decennio.

Per capire a fondo la produzione dell'autore bisogna senz'altro considerare la sua vena artistica e la sua militanza politica e sociale: nel 2003 Breccia ricopre un incarico politico nel Comune della regione di General Alvarado (provincia di Buenos Aires ) scrivendo il programma del governo per un piano di sviluppo sociale destinato alle classi più povere del distretto.

Dal 2014 contribuisce invece al progetto "Schollas Ocurrentes", promosso da Papa Francesco, che lega la tecnologia, l'arte e lo sport per incentivare l’integrazione sociale e la cultura dell'incontro per lo sviluppo a livello mondiale delle scuole più bisognose, senza distinzione di razza, credo o cultura.


Materiale di Enrique Breccia è stato edito in Italia in molte riviste, come "Lanciostory", "Skorpio" o "L'Eternauta", e in volume da diversi editori, tra cui l'Eura, l'Aurea, Editiemme, le 001 Edizioni, Sergio Bonelli Editore, Allagalla, Magic Press, Rizzoli e d altri, ed è quindi estremamente facile trovarlo disponibile.


QUI trovate il suo sito web, dove potete ammirare una buona panoramica tra fumetti, illustrazioni e dipinti.






Chiudo il post con due video dedicati a questo artista, dove lo si vede al lavoro e insieme ai suoi allievi durante un corso alla Scuola italiana di Comix. Buone letture e buona visione!



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