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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

Settima arte (6): "L'invasione degli Ultracorpi" di Don Siegel (1956)

Aggiornamento: 25 set 2022

Video, immagini e brevi informazioni su film e documentari che hanno segnato la storia del cinema (o solo il mio immaginario)

"L'invasione degli Ultracorpi" di Don Siegel ("Invasion of the Body Snatchers" - USA - 1956)


Sceneggiatura: Daniel Mainwaring e Richard Collins (revisionata da Sam Peckinpah e dal produttore Walter Wanger), tratta dall'omonimo romanzo di Jack Finney uscito nel 1955 (pubblicato in Italia anche come "Gli invasati").


Con: Kevin McCarthy, Dana Wynter, Larry Gates, King Donovan, Carolyn Jones, Jean Willes, Ralph Dumke, Virginia Christine, Tom Fadden, Kenneth Patterson, Guy Way, Eileen Stevens, Beatrice Maude, Jean Andren, Bobby Clark, Everett Glass, Dabbs Greer, Marie Selland, Sam Peckinpah, Whit Bissell, Richard Deacon.


"A Santa Mira, una piccola città degli Stati Uniti, cominciano a verificarsi strani episodi. Alcuni abitanti sembrano affetti da una forma d'isterismo che impedisce loro di riconoscere i parenti o gli amici più intimi. Il dottor Miles Bennell non riesce a spiegare la causa del fenomeno, finché l'esame di un cadavere rinvenuto nella casa di un suo caro amico, Jack Belicec, desta in lui allarme; dalla fisionomia, il corpo trovato sembra addirittura quello di Belicec, ma quando Bennell l'osserva più attentamente non scopre alcun segno della vita passata, nessuna ruga né ferita, come se fosse un corpo appena apparso e in "formazione". L'inquietudine del medico non viene però capita da altri suoi concittadini, tra cui il capo della polizia e un eminente psichiatra della zona, che sminuiscono i suoi dubbi. Ma quando altri corpi simili a quello già trovato vengono rinvenuti in casa della sua donna e di nuovo a casa di Belicec, il dottor Bennell capisce la loro origine e diventa consapevole che un'orrenda e pazzesca invasione è in atto..."


"Un'agghiacciante miscela di fantascienza e horror per uno dei film più sfaccettati mai realizzati. Sfruttando contemporaneamente la paura di infiltrazione di elementi indesiderati nonché una crescente preoccupazione per un possibile totalitarismo in patria sulla scia della famigerata caccia alle streghe iniziata dal senatore Joseph McCarthy, "L'invasione degli Ultracopri" potrebbe essere la finestra più chiara sulla psiche americana che il cinema abbia mai fornito". (Michael Dodd) In un periodo dove Hollywood puntava decisamente sui kolossal in technicolor, "L'invasione degli Ultracorpi" fu invece realizzato nel classico bianco e nero e a basso costo da una piccola casa di produzione, la Allied Artists Pictures (fondata da Walter Wanger, famoso per aver finanziato alcuni film di Alfred Hitchcock e per diverse grandi produzioni negli anni '30 e '40, caduto poi in disgrazia per vicissitudini personali. Tra i primi film della nuova realtà produttiva c'è proprio un film di Don Siegel, "Rivolta al blocco 11", che cementerà la fiducia del produttore verso il regista). Negli Stati Uniti il film fu distribuito da Allied Artists Pictures abbinato ad un'altra pellicola di fantascienza di origine inglese, "The Atomic Man" di Ken Hughes (e in alcuni mercati insieme a "Indestructible Man" di Jack Pollexfen). All'uscita nelle sale, "L'invasione degli Ultracorpi" dovette accontentarsi di modesti incassi, ma nel tempo si è guadagnato la qualifica di film culto ed è ormai considerato come uno dei capolavori della fantascienza cinematografica degli anni '50.


Caratterizzato dalla pressoché totale mancanza di effetti speciali (eccettuati i famosi baccelloni), dovuta al budget irrisorio messo a disposizione a Siegel, il forte climax di tensione presente nel film viene quindi costruito solo attraverso la creazione delle sinistre atmosfere che lo pervadono, l'efficacissima regia scelta per narrare l'insieme e un notevole uso delle luci curate dal direttore della fotografia Ellsworth Fredericks. Durante la lavorazione il film ebbe diversi titoli, tra cui "They Come from Another World", a cui Siegel si oppose suggerendo due alternative: "Better Off Dead" e "Sleep No More" (preso in prestito dal "Macbeth" di William Shakespeare), ma alla fine venne mantenuto il titolo del romanzo. L'epilogo pensato da Siegel non prevedeva alcuna prospettiva fiduciosa per il genere umano: il regista avrebbe voluto infatti terminare il film con gli Ultracorpi che prendono il posto di tutti i cittadini di Santa Mira e con il protagonista disperato che, puntando il dito verso il pubblico, esclamava: "Tu sei il prossimo!", ma la produzione gli impose una conclusione più ottimistica.

Il tutto si poggia su una sceneggiatura concreta ed essenziale, una perfetta e suggestiva parabola, molto inquietante e ambigua.

Inizialmente, Wanger aveva considerato altri attori sia per il ruolo del dottor Miles Bennell, come Dick Powell o Joseph Cotten, che per quello di Becky, dove pensarono ad Anne Bancroft, Donna Reed, Vera Miles e altre, ma con il budget più basso abbandonò quelle ipotesi e per il protagonista maschile scelse prima Richard Kiley, che rifiutò il ruolo, e poi Kevin McCarthy, candidato all'Oscar cinque anni prima per "Morte di un commesso viaggiatore", e per la protagonista femminile una nuova promessa, Dana Wynter, che aveva recitato in diversi ruoli drammatici in televisione.

Tra le comparse si vede anche un giovane Sam Peckinpah, nella piccola parte di Charlie, un lettore di contatori. Don Siegel, da grande artigiano della macchina da presa qual era, nonostante il ristretto budget avuto a disposizione (dall'iniziale investimento previsto di 454mila dollari, la produzione scese ai 350mila dollari finali), riesce comunque ad imbastire e ad offrire una storia che può essere intesa a vari livelli, oltre che essere un vero gioiello di suspense. Al film furono date diverse letture politiche: fu interpretato sia come un manifesto anticomunista (con l'Unione sovietica dipinta negli states come preda di un'ideologia che rende tutti i cittadini simili e indistinguibili. Lo studioso Andrew Howe affermò che il film presentava gli Ultracorpi come una metafora del comunismo, poiché agivano come una sorta di mente collettiva) e sia antimaccartista (gli anni erano quelli immediatamente successivi alla "caccia alle streghe" scatenata dal senatore Joseph McCarthy contro presunti comunisti o solo simpatizzanti comunisti presenti in America, in particolar modo nel mondo dell'arte e dello spettacolo statunitense, e nel film quel clima parossistico è facilmente avvertibile), e solo molti anni dopo Siegel affermò: "Né lo sceneggiatore e né io pensavamo a un qualunque simbolismo politico. La nostra intenzione era attaccare un'abulica concezione della vita. Molte persone si comportano certamente come i baccelli: non esprimono sentimenti, ma semplicemente esistono, respirano, dormono. Essere un baccello quello significa, ovvero che la scintilla della vitalità, della curiosità e della passione ti ha lasciato... Certo, ci sono forti aspetti positivi nel diventarlo; questi baccelli, che eliminano il dolore, la cattiva salute e i disturbi mentali, in un certo senso ti stanno facendo del bene. Occorre però lasciarsi andare in un mondo piatto, molto noioso, ma quello, tra l'altro, è il mondo in cui già vive la maggioranza di noi, dove si preferisce la mancanza al dover prendere una decisione. Gli individui, in quel modo, diventano vegetali. Non so quale sia la via per evitarlo, ma bisogna prenderne consapevolezza. È questo che rende importante un'immagine come quella offerta ne "L'invasione degli Ultracorpi". Il possibile messaggio del film era così sottile che Walter Wanger e la Allied Artists si preoccuparono che il pubblico non riuscisse ad afferrare la loro visione sul pericolo della conformità e Wanger cercò di far comparire Orson Welles in un'avvertenza video, nel tentativo di creare un parallelo tra "L’invasione degli Ultracorpi" e "La guerra dei mondi", la celebre trasmissione radiofonica del 1939 con cui emerse il talento di Welles, cosa che però non andò in porto. Nella pellicola può intravedersi anche un sottile spunto di riflessione critica sulla modernità, dove la tecnologia porterebbe ad una lenta ma progressiva disumanizzazione degli individui, rendendoli insensibili e cinici, e dove l'omologazione dello stile di vita assorbe l'essere umano all'interno di una folla indistinta (non è un caso che, oltre che per comprensibili necessità narrative, la storia si svolga in una piccola cittadina, non ancora caduta preda di quel consumismo già presente in buona parte degli Stati Uniti), ma anche come a volte i più grandi pericoli per una società possano nascere e svilupparsi fino all'irreparabile senza che ce ne si renda neanche conto, soprattutto se i segnali che arrivano in tal senso, per quanto flebili, vengono ignorati. Lo studioso di cinema J.P. Telotte ha sottolineato come nel film i baccelli possano risultare seducenti; non a caso il loro portavoce è uno psichiatra, figura scelta per fornire una voce autorevole che fa appello al desiderio di "abdicare dalle proprie responsabilità in un mondo moderno sempre più complesso e confuso". Citato e ripreso in molti altri film, telefilm, cartoni animati e fumetti, "L'invasione degli Ultracorpi" ebbe diversi sequel, di volta in volta aggiornati (anche tecnicamente) ai tempi in cui sono stati prodotti, tra cui l'ottimo "Terrore dallo spazio profondo" (1978) di Philip Kaufman, con Donald Sutherland come protagonista e dove Don Siegel e Kevin McCarthy (l'attore protagonista del film originale) appaiono in due camei (nel film è ripreso con forza il tema dell'alienazione prodotto dalla società consumistica); l'interessante "Ultracorpi - L'invasione continua" (1993) di Abel Ferrara; l'altalenante "Invasion" (2007) di Oliver Hirschbiegel con Nicole Kidman e Daniel Craig come protagonisti; e "Assimilate" (2019) di John Murlowski.


L'espressione gergale "Pod people" ("Popolo baccello") nata nella cultura statunitense della fine del XX secolo e con cui vengono intesi degli individui "conformisti, senz'anima, che agiscono in modo strano, quasi meccanico", si riferisce direttamente ai duplicati privi di emozioni visti nel film. In un'intervista del 2018, Philip Kaufman ha detto: "Il popolo del baccello può essere senz'altro inteso come una metafora politica. È valido ora come lo era allora. Anzi, forse anche forse di più, e il minaccioso grido che lancia il personaggio interpretato da Donald Sutherland alla fine del mio film potrebbe essere un urlo molto trumpiano, tipo il modo in cui Trump indica la stampa in fondo all'auditorium e tutti si girano. Mi dà la stessa spaventosa sensazione. Una specie di contagio, e sta succedendo qui".

Nel 1994 il film di Don Siegel, considerato "culturalmente, storicamente ed esteticamente significativo", è stato scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.


Qui di seguito ne trovate un trailer e QUI il film diviso in due parti:


Buona visione!





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