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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

Settima arte (27): "L'albero degli zoccoli" di Ermanno Olmi (1978)

Aggiornamento: 10 apr 2020

Video, immagini e brevi informazioni su film e documentari che hanno segnato la storia del cinema (o solo il mio immaginario)

"L'albero degli zoccoli" di Ermanno Olmi (Italia - 1978)


Sceneggiatura: Ermanno Olmi.


Con: Luigi Ornaghi, Omar Brignoli, Francesca Moriggi, Teresa Brescianini, Carmelo Silva, Giuseppe Brignoli, Antonio Ferrari, Pierangelo Bertoli, Lucia Pezzoli, Franco Pilenga, Mario Brignoli.


"L'albero degli zoccoli" è più attuale che mai. Ci racconta da dove veniamo per capire realmente chi siamo, per far pace con quelle che lo stesso Ermanno Olmi definisce le tre dimensioni dell'uomo: passato, presente e futuro. E' attuale nei suoi silenzi, detti ad un mondo oggi pieno di rumore. Racconta il senso del buio a una realtà che invece non vuole spegnersi mai per non fermarsi mai." (Paolo Miniero dall'introduzione del sito dedicato al film)


"Viviamo in un mondo orrendo. Gli uomini sembrano strappati alle loro radici e proiettati in incubi di fantascienza in cui non ci sono più risposte, né alla morte né alla vita. La realtà è ignorata, la verità è perduta. Ma ci sono i Poeti, soprattutto quelli che, parlando con il cinema, riescono a farsi ascoltare. Ieri Ingmar Bergman, oggi Ermanno Olmi, che indica all'uomo un modello di esistenza che possa vivere rimanendo se stesso, e non un mostro o un robot." (Gian Luigi Rondi dalla recensione al film apparsa su "Il Tempo" il 18 maggio del 1978)


"Bassa bergamasca, fine ‘800. Quattro famiglie di contadini condividono le fatiche che quella terra riserva loro ogni giorno. Tra i componenti di questa comunità esiste un profondo legame che li porta a vivere insieme cose belle o tragiche, avvenimenti ordinari (come la maturata sapienza di come piantare i pomodori, o i racconti dei vecchi la sera intorno al fuoco) e avvenimenti straordinari (un matrimonio, o la miracolosa guarigione di una mucca). Il lavoro scandisce le giornate delle persone, come anche l'impegno di tramandare la conoscenza contadina alle nuove generazioni, che già guardano altrove per tentare di crearsi un futuro. Ma la durezza della loro condizione con cui ogni loro progetto, piccolo o grande che sia, deve fare i conti, mette a dura prova il destino di quelle genti, spingendoli a volte verso l'ignoto e la miseria..."


E' inutile dilungarsi nel tentare di raccontare la trama del film, che andrebbe visto più che narrato. Ermanno Olmi riesce a compiere un piccolo miracolo, descrivendo con grande attenzione e realismo la realtà contadina di un parte d'Italia del diciannovesimo secolo (quella vissuta dai suoi nonni) ma mantenendone il distacco necessario per non farla diventare un'interpretazione troppo personale o idealizzata; un distacco che non vuole sottolineare la sua lontananza da quel passato (anzi, tutt'altro), ma solo di tentare di rendergli omaggio con pudore e grande rispetto. Il film è apparso in un anno cruciale della storia politica di un'Italia ancora preindustriale, ma che da quel momento avrebbe imboccato con più decisione la strada della modernità e quindi di un'industrializzazione massiccia. Se l'essenza del film di Olmi risiede in un contesto opposto alle scelte sociali fatte in quel periodo storico, "L'albero degli zoccoli" non vuole essere, tuttavia, un film anti-moderno, e quindi riconoscersi unicamente nei valori tradizionali, ma invece sembra aspirare ad essere un film non-moderno, e cioè non omologabile alle mode né al comune sentimento della modernità come destino ineluttabile o non rettificabile dell'esistenza umana.


Un film corale, che contiene tante storie e micro storie, intrecciate con grande sensibilità e capacità dal regista, per cui tutti i personaggi inquadrati dalla macchina da presa, anche quelli più negativi o secondari, devono, in un certo senso, avere diritto a una loro storia, anche magari solo suggerita agli spettatori (come ad esempio la vita privata del padrone di quelle terre). Attraverso un mosaico di piccole sequenze e inquadrature, vengono allargate le già molte storie dei tanti personaggi presenti, e sta allo spettatore poi intuirle ed elaborarle, ma nel mondo di Olmi tutti hanno un'anima.


Il film, le cui riprese furono realizzate tra febbraio e maggio del 1977, utilizza il dialetto bergamasco della zona in cui l'opera è ambientata (il film è stato girato prevalentemente nella bassa pianura bergamasca orientale compresa tra i comuni di Martinengo, Cividate al Piano, Mornico al Serio, Pontoglio, Cortenuova e Palosco. La cascina, il luogo principale del film, è la cascina Roggia Sale, così chiamata perché si affaccia sulla roggia stessa. Si trova in territorio di Palosco, e fu trovata dopo molte ricerche infruttuose solo per caso, quando Ermanno Olmi stava ritornando a Martinengo), mentre a Treviglio è stata girata solo una scena, l'arrivo degli sposi a Milano.


Tutti gli attori sono contadini e gente della campagna bergamasca senza alcuna precedente esperienza di recitazione, e i loro nomi di battesimo (come pure quelli dei personaggi da essi interpretati), contrariamente alla regola che vuole il nome posto sempre davanti al cognome, sono stati fatti scorrere nei titoli di coda dopo il cognome per una precisa scelta del regista, che intendeva in questo modo rappresentare la condizione umile e assoggettata dei braccianti di quegli anni. La pellicola fu poi doppiata in italiano dagli stessi attori.


"L'albero degli zoccoli", che ha vinto la Palma d'oro al 31º Festival di Cannes nel 1978 e il David di Donatello nel 1979, è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare.


Qui di seguito trovate un trailer e due clip del film:



Buona visione!


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