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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

Settima arte (26): "La vita agra" di Carlo Lizzani (1964)

Aggiornamento: 29 set 2021

Video, immagini e brevi informazioni su film e documentari che hanno segnato la storia del cinema (o solo il mio immaginario)

"La vita agra" di Carlo Lizzani (Italia - 1964)


Sceneggiatura: Carlo Lizzani, Luciano Vincenzoni e Sergio Amidei, tratta dal romanzo omonimo di Luciano Bianciardi, uscito nel 1962.


Con: Ugo Tognazzi, Giovanna Ralli, Giampiero Albertini, Nino Krisman, Rossana Martini, Elio Crovetto, Pippo Starnazza, Enzo Jannacci, Maria Pia Arcangeli, Elsa Asteggiano, Antonio Bruno, Regina Dinelli, Paola Dapino, Gianni De Luca, Pupo De Luca, Antonino Faà Di Bruno, Furlanetto, Giuliana Rivera, Pierangelo Priaro, Misa Pesaro, Augusto Bonardi, Filiberto Conti, Renato Terra.


"Che vita agra, quassù: caschi per terra e nessuno ti raccoglie. Qui il tuo prossimo ti cerca soltanto se e fino a quando hai qualcosa da pagare." (da "La vita agra" di Luciano Bianciardi - 1962)


"Ed ecco uno che non ci stava, uno che con un'ironia amara e cattiva sapeva mostrare vizi, difetti e assurdità dell'Italia del boom, mentre tutti intorno applaudivano felici..." ("Luciano Bianciardi" da "Figu - album di persone notevoli" - programma di Rai3 a cura di Peter Freeman e Alessandro Robecchi)

"Luciano Bianchi vive con la moglie e il figlio a Guastalla, un piccolo paese della Bassa Padana. Intellettuale e bibliofilo, lavora come responsabile delle iniziative culturali presso uno stabilimento minerario. Proprio nel giorno in cui riceve la lettera di licenziamento, in miniera c'è un'esplosione che causa la morte di 43 operai. Luciano decide allora di vendicare le vittime: con la complicità dell'amico Libero vuole far saltare in aria la sede della compagnia a Milano, un grattacielo di più di 20 piani. Arrivato in città, trova alloggio in una modesta pensione e si cerca un lavoro. Pochi giorni dopo, appena fuori dall'albergo diurno dove si era recato per fare un bagno, incontra Anna, una giovane donna di origine romana, giornalista dell'area della sinistra che lavora in un quotidiano milanese. I due fanno subito conoscenza e si piacciono; senza pensarci su molto, Luciano decide di andare a vivere con lei, sicuro che la moglie non ne saprà mai niente. In attesa di pianificare il suo piano, per poter vivere l'uomo si adatta a fare il traduttore per una casa editrice, ma troverà invece fortuna inserendosi brillantemente nella produzione di slogan pubblicitari. La sua genialità in questo lavoro, che egli tuttavia disprezza, gli varrà l'assunzione proprio presso la stessa società che lo aveva licenziato. Con il passare del tempo, viene assorbito sempre di più dai meccanismi della città, tra qualche soddisfazione professionale, la routine quotidiana e la difficoltà di mantenere vivi i rapporti, allontanando da sé i propositi di rivalsa verso l'idea di società che avrebbe voluto destabilizzare..."


Il film, incentrato principalmente sulla critica della situazione sociale che politica italiana di quegli anni, ormai ad un passo dalla crisi dopo l'illusione del boom economico degli anni '50, segue anche le vicende private di Luciano, interpretato da Ugo Tognazzi, uomo sposato e con un figlio che a Milano inizia una relazione con un'altra donna, a cui dà il volto la brava e bellissima Giovanna Ralli. Luciano è sempre in aperta polemica contro il sistema e in attesa di una rivoluzione che non arriva mai. Anche la storia d'amore è spesso subordinata alla politica, tanto che lui la vive nel timore che possa diventare "troppo borghese". Il protagonista dà chiaramente poi la colpa al contesto, alla civiltà industriale, il cui massimo mezzo di propaganda è la pubblicità, uno strumento sempre più degradante e che usa sfacciatamente i corpi nudi per vendere qualsiasi cosa. Tutto questo per arrivare ad un unico scopo: il denaro, soprattutto se è tanto e giunge in fretta. Da questo punto di vista, i vari discorsi fatti e sentiti nel film dal personaggio risultano terribilmente profetici e attualissimi nei nostri giorni. Ma oltre alla storia narrata, Carlo Lizzani, in molte sequenze, riesce ad inserire nelle inquadrature, e dunque a darne una testimonianza, la condizione di vita di molti operai al lavoro nelle fabbriche e, in generale, la situazione della città di Milano, soprattutto nelle zone più periferiche (intenzione che Lizzani proseguirà poi anche in altri suoi film , tra cui il celebre "Banditi a Milano", del 1968, e "Storie di vita e malavita", del 1975)


Il film è tratto dal famoso romanzo di Luciano Bianciardi, libro che può essere visto come il terzo di una trilogia iniziata dallo scrittore con "Il lavoro culturale" e "L'integrazione". Carlo Lizzani segue quasi fedelmente la storia narrata da Bianciardi, e filma la sua visione della vicenda con uno stile piuttosto asciutto, ma utilizzando in alcune scene un montaggio un po' più veloce, cercando, senza rinunciare all'ironia, complice anche la verve di Ugo Tognazzi, di far intendere il ritmo frenetico della vita di città. Bianciardi ha supervisionato la stesura della sceneggiatura del film ed è inoltre presente in un piccolo cameo: compare al fianco di Tognazzi nella scena con gli operai milanesi sul rapporto uomo-macchina.


Il protagonista del romanzo proviene da Grosseto, ma per non far interpretare al cremonese Tognazzi un personaggio toscano, il luogo di provenienza è stato modificato in Guastalla, eliminando così la questione delle differenze linguistiche, che nel romanzo era invece fondamentale.

L'incidente minerario di cui si parla all'inizio del film è un riferimento all'incidente alla miniera di Ribolla del 1954, in cui persero la vita 43 minatori.

Nel film c'è il cameo di un giovane Enzo Jannacci mentre suona la chitarra e canta una prima versione della sua canzone "L'ombrello di mio fratello".

"I miracoli veri" - scrisse Bianciardi - "sono quando si moltiplicano pani e pesci, e la gente mangia gratis tutta insieme, e beve. I miracoli veri sono sempre stati questi. E invece ora sembra che tutti ci credano a quest’altro miracolo balordo. (…) Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l’automobile l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici (…). A tutti. Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera. Io mi oppongo".

Pare che l’autenticità la riconoscesse dalla voce. I finti intellettuali come i finti amici li scansava immediatamente, semmai li prendeva in giro e ne faceva oggetto di un sarcasmo a volte feroce. Perché era in lotta contro la grettezza e la meschinità e cercava l’abbraccio vero, onesto, la bevuta e la mangiata con braccianti e intellettuali, basta che fossero uomini, come lui. Eppure morì solo.


"La vita agra" è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare.


Qui di seguito trovate due clip del film:


mentre questo è "Dove la vita è agra" di Luigi Silori (1962), una puntata del programma Arti e Scienze, settimanale della Rai che qui presentava un servizio su Luciano Bianciardi che, secondo alcuni critici, per il ritmo, le musiche e i tagli delle sequenze, questo breve filmato di 12' ispirò Carlo Lizzani per il suo film:

In questa clip, invece, tratta da "Gli amici di Milano", un episodio di una serie di inchieste realizzate nel 1963 da Carlo Mazzarella sugli intellettuali della città, vediamo Bianciardi accompagnare il giornalista per le vie del capoluogo lombardo, dove gli mostra che c'è ancora un po' di poesia nei cortili e nelle osterie ma che si cominciano ad intravedere i primi mutamenti antropologici che il consumismo ha avviato già in quegli anni (trovate l'intera puntata QUI e QUI):

Questa è poi la puntata del programma Cult Book dedicata al libro di Bianciardi:

E infine "El me indiriss", il video del brano di Enzo Jannacci tratto da "Quelli che..." (1975), che contiene immagini tratte sia da "Gli amici di Milano" di Carlo Mazzarella, che da "La vita agra" di Carlo Lizzani, oltre a molte fotografie d'epoca:

Buona visione!


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