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  • Immagine del redattorePasquale Frisenda

"Ci fecero tante promesse": La storia di Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo

Aggiornamento: 5 nov 2022

Dalla Bozeman Trail a Wounded Knee, la lunga lotta del popolo pellerossa non ebbe mai tregua, ma trovò i suoi condottieri. Un lungo video racconta la storia di due di loro.

"Ci fecero tante promesse, più di quanto io ne possa ricordare. Ma ne mantennero una sola. Promisero di prendere la nostra terra, e la presero." (Nuvola Rossa)


Le guerre fra i colonizzatori bianchi e le tribù indiane non sono mai davvero mancate, ma dalla fine del 1700 si può cominciare a parlare di "Guerre indiane", e il pomo della discordia fu sempre lo stesso: il possedimento delle terre. Nel 1810, almeno per l'immensa valle del Mississippi, che i sempre più numerosi pionieri volevano poter percorrere e usufruire in esclusiva, si giunse ad un accordo: la riva est del fiume era dei bianchi, l'altra degli indiani.  Il preario equilibrio resse fino al 1862, poi l'incendio della guerra divampò: la scintilla fu allora la Bozeman Trail, una pista tracciata in territorio indiano per raggiungere le zone aurifere del Montana.


Le tribù di quelle terre si opposero fermamente, perché il traffico di carri sulla pista faceva fuggire i bisonti, la loro principale risorsa di sostentamento (dal 1850, la caccia al bisonte, che i bianchi già praticavano, diventò una strage sistematica e incoraggiata dal governo e dall'esercito. Campione dell'impresa fu William F. Cody, detto Buffalo Bill, che tra il 1868 e il 1872 ne uccise ben 4000 capi. In quegli anni Cody lavorava anche per la Pacific Railway, e spesso si sottolinea il fatto che lo sterminio dei bisonti fosse dovuto anche a questioni logistiche, per tentare di velocizzare le attività di sgombero dei binari in costruzione). Il primo "ribelle" fu Piccolo Corvo (Thaóyate Dúta, che in lingua dakota significa in realtà "Il suo popolo rosso"). Nato nel 1810, diventò un uomo politico della tribù indiana dei Dakota Santee (Sioux orientali) e capo dell'importante sottogruppo dei Mdewakanton. Nel 1851 ebbe anche un importante ruolo nella negoziazione di alcuni trattati. In seguito al mancato rispetto dei trattati da parte del governo americano, guidò la sua tribù in battaglia contro l'esercito degli Stati Uniti durante il conflitto noto appunto come "Guerra di Piccolo Corvo" (1862). Fu catturato e ucciso nel 1863, ma il conflitto continuò. Altre guerre infiammavano il West, ma per i bianchi nessuna era dura come quella sul Bozeman Trail, e, benché presidiata da fortini, la pista era stata resa impraticabile. Così fu decisa la "soluzione finale" del problema indiano: William T. Sherman (1820-1891), nominato Comandante generale delle truppe statunitensi dopo la Guerra di secessione (1861-1865), la teorizzò così: "Ai Sioux dobbiamo rispondere con una violenta aggressività, anche a costo di sterminare donne e bambini". Alle parole seguirono i fatti, e l'episodio più atroce toccò ai Cheyennes: nel 1864, un villaggio indiano sul torrente Sand Creek (Oklahoma) fu attaccato dai soldati del colonnello John M. Chivington (1821-1894), che massacrarono, stuprarono, scalparono e mutilarono tra le 150 e le 200 persone, che erano inermi e impreparate ad una possibile battaglia (alla tribù era stata assicurata la protezione dell'esercito), e senza nessun riguardo per il sesso o per l'età. Gli scalpi e i genitali degli uccisi furono esposti come trofei al teatro di Denver, in una macabra esibizione di puro sadismo.


Il 12 novembre 1868, il 7º Cavalleria comandato da George A. Custer, dopo circa due settimane di marcia nella neve, sorprese un villaggio indiano sul fiume Washita, il cui capo era Motavato (Mokatavatah, conosciuto come Black Kettle, cioè "Caldaia Nera" o "Pentola Nera"), sopravvissuto al massacro del Sand Creek. Custer attaccò alle prime luci dell'alba; da qui il suo soprannome che gli assegnarono da quel giorno i nativi americani, "Figlio della Stella del mattino". Gli abitanti del villaggio vennero quasi tutti uccisi, ed i sopravvissuti fatti prigionieri. Motavato e sua moglie trovarono la morte nello scontro.


Episodi del genere e le successive, cruente rappresaglie degli indiani caratterizzarono l'intera storia della Frontiera americana, ma nel 1890, infine, il massacro di Wounded Knee chiuse definitivamente la "Conquista del West" e i nativi americani, gli indiani, come siamo abituati a chiamarli, furono relegati nelle riserve. La riserva di Pine Ridge copre circa 9 mila km quadrati del Sud Dakota, ed è qui che vivono, ancora oggi, i Lakota (che significa semplicemente "Il Popolo"), una delle più grandi nazioni indigene del Nord America, più conosciuti con il nome di Sioux (nome, questo, datogli invece dalle tribù loro avversarie, e che significa, in senso dispregiativo, "Meno che un serpente").


Ma, prima di quel momento, la guerra combattuta contro l'invasore europeo fu terribilmente lunga e aspra, e molti nomi di guerrieri pellerossa si distinsero in quelle drammatiche circostanze: Toro Seduto (Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka, che in realtà dovrebbe significare "Bisonte seduto"; 1831-1890), Victorio (Bidu-ya; 1825-1880), Geronimo (Goyaałé; 1829-1909), Cochise (K'uu-ch'ish; 1815-1874), Capo Giuseppe (Hinmaton Yalaktit, che in lingua nimíipuu significa "Tuono che rotola dalla montagna", ribattezzato Joseph dopo la conversione al cristianesimo di suo padre; 1840-1904), tanto per citare forse i più conosciuti. Nomi di uomini che sono diventati (ormai) delle leggende (nel senso che molte persone non credono neanche che siano esistiti), ma insieme a loro non possono mancare Cavallo Pazzo (Tashunka Witko) e Nuvola Rossa (Maḣpíya Lùta).

Cavallo Pazzo ebbe una vita breve ma straordinariamente piena di eventi: fu capo di una tribù dei Sioux, guidò con Toro Seduto la resistenza indiana, umiliò l'esercito degli Stati Uniti nella battaglia del Little Big Horn (avvenuta il 25 giugno 1876, dove più di 1.200 guerrieri di diverse tribù, secolarmente divise e in lotta tra loro, si unirono e sconfissero il 7°Cavalleggeri dell'esercito USA guidato sempre dal tenente colonnello George A. Custer, composto da circa 250 uomini, e riportando pochissime perdite. I corpi dei soldati uccisi in battaglia furono orribilmente mutilati, come se in questo gesto ci potesse essere una sorta di vendetta per tutti i soprusi, le violenze e le menzogne subite in passato. Ma in realtà si ritorse contro al popolo rosso, perché le violenze perpretate dall'esercito ai danni dei nativi erano state spesso omesse dai racconti e dalle cronache, mentre quelle commesse sui soldati nella battaglia del Little Big Horn furono raccontate ampiamente e nei dettagli, cosa che fece effetto sull'opinione pubblica e permise all'esercito di avere carta bianca per intesificare gli sforzi con lo scopo di annientarli) e, infine, si arrese, vinto più da un inverno rigidissimo che dai soldati con le giacche blu. Quando nacque, sua madre lo chiamo Cha-o-Ha (che vuol dire "Tra gli alberi", perché l'aveva partorito in un bosco), ma lui, una volta adulto, decise di assumere il nome di suo padre, morto prematuramente: Tashunka Wikto, che i bianchi tradussero in Crazy Horse (cioè Cavallo Pazzo, ma che in realtà significa "Il suo cavallo è pazzo". Una traduzione erronea o superficiale del nome originale la subirono tantissimi nomi indiani). Fu un personaggio leggendario, a cui vengono attribuite imprese memorabili e fantastiche, come quella che lo voleva invulnerabile ai proiettili o che narrava che il suo spirito aleggiasse ancora tra le tribù dei pellerossa dopo la sua morte (persino il suo aspetto era anomalo, a causa dei capelli particolarmente ricci e di colore castano chiaro, cosa rarissima tra quelle popolazioni). Nato nelle Black Hills (le Colline Nere, o Paha Sapa, in lingua lakota. Luogo sacro ai Sioux, ma anche questo sconvolto da una feroce guerra da quando, nel 1874, si scoprì l'oro in quelle terre), presumibilmente verso il 1840 (la data esatta non è conosciuta), da ragazzo si salvò dalla distruzione del proprio villaggio ad opera dei soldati federali. Forse fu a causa di quel trauma che, da adulto, giunse alla guida dei Sioux Oglala (nonostante il suo carattere schivo, e a testimonianza di questo c'è anche il fatto che odiasse le fotografie, tanto che, a differenza di altri capi indiani, di lui non esistono immagini certe) e fu molto attivo nella resistenza allo sterminio dei nativi d'America da parte dell'esercito statunitense. Crazy Horse morì il 5 settembre 1877, a Fort Robinson (Nebraska), ucciso a baionettate da un soldato quando ormai era già inerme e prigioniero.


Idealmente, quella data segnò la fine delle "Guerre indiane" nelle Grandi Pianure, apice dell'epopea del Far West. In realtà il sangue continuò a scorrere per altri 13 anni, ma gli scontri dopo il 1877 furono solo colpi di coda di un mondo morente: i nativi avevano già perso. Cavallo Pazzo era l'uomo-simbolo dell'orgoglio indiano ed era rimasto in armi anche quando altri capi erano ormai morti o si erano defilati. Scomparso lui, non c'era futuro. In sua memoria è stata dedicata la gigantesca opera Crazy Horse Memorial, in costruzione nel Dakota del Sud (presente nella foto che chiude il post).

Nuvola Rossa è stato uno dei più grandi capi indiani di tutti i tempi, ma la sua figura è anche controversa e maggiormente sfaccettata rispetto a quella di Cavallo Pazzo. Appartenente alla tribù dei Sioux Oglala, pur non essendo figlio di un capo, seppe emergere tra la sua gente per valore, saggezza, capacità di giudizio e coraggio. Nacque nel 1822, vicino alla biforcazione del Platte River, nella zona che oggi è il North Platte nel Nebraska. Sua madre era una donna della tribù Sioux degli Oglala ed il padre un Brulè chiamato Makhpiya-Luta (Nuvola Rossa). La sua inimicizia verso i bianchi maturò quando, ancora molto giovane, vide morire il padre intossicato dal whisky di cattiva qualità (praticamente veleno) fornito da commercianti di pochi scrupoli. Rimasto orfano crebbe nella tenda dello zio, il capo Vecchio Fumo, partecipando alle spedizioni contro le tribù vicine ostili agli Oglala. Il suo coraggio gli fruttò grande considerazione tra i membri della tribù e, come segno di riconoscimento per il suo valore, gli fu permesso di assumere il nome del padre, Nuvola Rossa. Nel 1851 fu stipulato tra gli Stati Uniti e gli Indiani un trattato con cui questi ultimi permisero la costruzione di alcune strade e di forti di sorveglianza senza però rinunciare alle loro prerogative di proprietà sui territori delle grandi praterie. Tre anni dopo si verificarono i primi scontri tra sioux e americani a cui prese parte anche Nuvola Rossa che, a partire dal 1866, organizzò la più importante campagna di guerra vittoriosa contro gli Stati Uniti mai portata avanti da una nazione indiana. Questa guerra, detta guerra di Bozeman o guerra del Powder River, fu combattuta fino al 1868 tra i Sioux Lakota e l'esercito nel territorio del Wyoming e nel territorio del Montana, dove era stato scoperto l'oro. Nuvola Rossa lanciò una formidabile serie di attacchi ai forti e riuscì a distruggere una colonna di 80 uomini guidati dal Tenente Colonnello William J. Fetterman, attirata in un'imboscata appena fuori da Fort Kearny, nel Wyoming, nel dicembre del 1866, mentre il resto della guarnigione fu costretto a stare chiuso nel forte in un angosciante clima di tensione e paura per tutto l'inverno. La strategia di Nuvola Rossa ebbe successo anche perché riuscì a mantenere unite le varie tribù Lakota spesso in lotta tra loro. Il governo degli Stati Uniti dovette accettare una trattativa che si concretizzò con il Trattato di Fort Laramie del 1868. Tale trattato sanciva che "Finché l'erba fosse cresciuta nelle praterie" i Sioux erano i proprietari di tutto quel territorio che è oggi la parte ovest del Sud Dakota, comprese le Black Hills e molta parte del Montana e del Wyoming e, cosa assai importante, l'esercito statunitense s'impegnava a lasciare i forti lungo la Pista Bozeman. La pace però non durò a lungo. La guerra divampò nuovamente a causa della spedizione del generale Custer proprio nelle Black Hills. Per ragioni non chiare, forse perché cosciente della impossibilità di una nuova vittoria, Nuvola Rossa non si unì a Cavallo Pazzo e Toro Seduto nella guerra del 1876-77. Nonostante la vittoria contro Custer a Little Big Horn gli indiani persero così la guerra, e questo rappresentò la fine delle nazioni indiane come entità autonome.


Per tutti gli anni '80 egli continuò infatti a battersi per il controllo della polizia indiana e per quello dei rifornimenti di generi alimentari, fino ad ottenere le dimissioni dell'agente indiano di Pine Ridge, responsabile di truffe ai danni dei nativi. A questo scopo intrecciò e mantenne contatti con ambienti riformatori e progressisti dell'est, continuando inoltre sempre a preservare l'autorità dei capi tribù tradizionali per evitare la cessione in affitto delle loro terre ai bianchi. Morì nel 1909, nella riserva di Pine Ridge, vecchio e amareggiato (con il "cuore pesante") per l'amaro destino toccato alla sua gente. La sua vita resta comunque un'importante testimonianza dei molti modi di opporsi all'occupazione dei bianchi tentando di mantenere intatta la dignità propria e quella di un popolo (anche se vinto). 


In questi due video potete trovare la loro storia:



Buona visione!



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